venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Manifesto - Avvenire - L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
27.10.2015 Michele Giorgio mente sulla barriera di difesa, Susan Dabbous sul Monte del Tempio, per OR le vittime sono sempre e comunque solo i palestinesi, terroristi inclusi
La propaganda sul quotidiano comunista e su quelli cattolici

Testata:Il Manifesto - Avvenire - L'Osservatore Romano
Autore: Michele Giorgio - Susan Dabbous
Titolo: «Il muro 'demografico' di Bibi - A rischio lo 'status' dei palestinesi - Violenze in Cisgiordania»

Riprendiamo dal MANIFESTO di oggi, 27/10/2015, a pag. 8-9, con il titolo "Il muro 'demografico' di Bibi", il commento di Michele Giorgio; da AVVENIRE, a pag. 7, con il titolo "A rischio lo 'status' dei palestinesi", il commento di Susan Dabbous; da L'OSSERVATORE ROMANO, a pag. 3, l'articolo"Violenze in Cisgiordania".

Ecco gli articoli:

IL MANIFESTO - Michele Giorgio:  "Il muro 'demografico' di Bibi"

Secondo Michele Giorgio, la barriera di protezione eretta da Israele per evitare, per quanto possibile, infiltrazioni terroristiche palestinesi sul proprio territorio, non è stata costruita per questo motivo, ma al contrario "la finalità principale della barriera non è garantire la sicurezza e impedire attentati, come affermano da 13 anni le autorità israeliane, bensì quella di raggiungere obiettivi politici, demografici e territoriali". Ovvero, sostiene Giorgio, di "occupare" la terra dei poveri, innocenti palestinesi amanti della pace, come dimostrano ogni giorno con gli accoltellamenti di israeliani. Una ipotesi, quella di Giorgio, che appartiene alla fanta-politica e non trova riscontro in nessuna decisione del governo israeliano.

Ecco il pezzo:

Immagine correlata
Michele Giorgio

II Muro israeliano in Cisgiordania e intorno a Gerusalemme Est è conosciuto con nomi diversi. E una «Barriera di sicurezza» per Israele, un «Muro dell'apartheid» per i palestinesi e gli attivisti internazionali. Ora occorre chiamarlo anche «Muro della demografia». L'altro giorno il primo ministro Netanyahu ha riferito che intende valutare la revoca della residenza a Gerusalemme a quei palestinesi, circa 80.000, che pur vivendo nei confini municipali della città hanno le loro case alle spalle del Muro, ossia sul versante cisgiordano. Un annuncio che dimostra una volta di più che la finalità principale della barriera non è garantire la sicurezza e impedire attentati, come affermano da 13 anni le autorità israeliane, bensì quella di raggiungere obiettivi politici, demografici e territoriali. Si punta in questo caso a realizzare una Gerusalemme Est, la zona araba occupata nel 1967, sotto il controllo totale di Israele ma con un numero sensibilmente ridotto di abitanti palestinesi (ora circa 300mila).

Le aree che più di altre potrebbero essere interessate dalle conseguenze del «Muro della demografia» sono il campo profughi di Shuafat e il sobborgo di Kufr Aqab a nord e a est di Gerusalemme. Sono a rischio però altri villaggi-quartieri arabi a sud della città, come Jabel Mukaber, Sur Baher e Umm Tuba. Pur non trovandosi oltre la barriera di cemento, potrebbero un giorno avere davanti segmenti di cemento armato alti diversi metri come è accaduto, ad esempio, al sobborgo di Abu Dis che dista un paio di chilometri dal centro di Gerusalemme. Jabel al Mukaber da tre settimane è sulle prime pagine dei giornali dipinto come la «base di lancio» della «Intifada dei coltelli» e la scorsa settimana la polizia aveva eretto una «barriera temporanea» per separarlo dalla colonia ebraica (quartiere per gli israeliani) di Armon HaNetsiv. Barriera subito rimossa per le proteste della destra ultranazionalista timorosa che le misure di sicurezza decise dal primo ministro finiscano per confermare quello che è già davanti agli occhi di tutti: nonostante l'annessione unilaterale a Israele del settore orientale, Gerusalemme era è resta una città divisa.

Il caso di Shuaffat e di Kufr Aqab è diverso perché davanti a questi due centri abitati il Muro non è stato eretto per caso. Da tempo, come riferito in diverse occasioni dal quotidiano Haaretz, si parla di una loro «cessione» all'Anp di Abu Mazen. A Kufr Aqab e di fatto anche nel campo di Shuaffat, il comune di Gerusalemme da anni non garantisce servizi, sanitari e sociali, ai palestinesi che pure in tasca hanno la carta di identità rilasciata da Israele. In quelle zone già interviene l'Esercito e non più la polizia. Netanyahu farebbe a meno molto volentieri della presenza di quei palestinesi ma si trova a dover combattere contro la destra più estrema, anche nel suo partito (Likud), che denuncia il «tentativo di dividere Gerusalemme» e lo accusa «di aver tradito la promessa elettorale» di tenere unita la città, anche il settore arabo, sotto l'esclusivo controllo di Israele.

Il deputato Israel Katz ha sollevato il tema dei "quartieri arabi" al di là del muro riconoscendo che sono zone ormai abbandonate. «Tuttavia è una decisione di ampia portata, che richiede un referendum (tra gli israeliani, ndr), perché comporterebbe rinunciare a dei territori», ha osservato tralasciando il dettaglio non insignificante che quelle aree per il diritto internazionale non sono parte di Israele ma dei Territori palestinesi occupati nel 1967. Meir Margafit, uno storico attivista contro la demolizione delle case palestinesi a Gerusalemme, considera la mossa di Netanyahu «solo una trovata politica volta per soddisfare l'opinione pubblica israeliana». «Da un punto di vista giuridico sarebbe un'impresa enorme revocare la residenza a tanti abitanti (palestinesi), senza dimenticare anche le reazioni internazionali» dice al manifesto. «Tuttavia le leggi si possono cambiare - aggiunge - e nel clima attuale è saggio non dare nulla per scontato. L'unica cosa certa è che se Netanyahu e il suo governo decideranno di andare avanti con il progetto, le conseguenze sociali e umane per i palestinesi saranno devastanti».

Intanto Netanyahu continua ad applaudire all'intesa raggiunta nel fine settimana con re Abdallah di Giordania e ripete che sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme, epicentro delle tensioni che hanno innescato la nuova Intifada, Israele continuerà a rispettare lo status quo: i musulmani pregano, i non musulmani visitano. Netanyahu spiega che l'installazione di videocamere sulla Spianata permetterà il monitoraggio costante del luogo santo e di individuare chi incita alla violenza. I palestinesi, lasciati fuori dall'intesa mediata dal segretario di stato Usa John Kerry, sono furiosi. Per il ministro degli esteri Riad al Maliki, le garanzie di Netanyahu non sono credibili perché le videocamere saranno impiegate per arrestare fedeli musulmani con il pretesto dell'istigazione alla violenza. Hamas condanna le intese ed esorta Abu Mazen e re Abdallah a respingerle. In ogni caso è ingenuo credere che l'accordo possa spegnere l'Intifada palestinese cominciata a inizio ottobre in modo spontaneo, fatta di azioni individuali, e che, più di tutto, Abu Mazen non può controllare. Ieri un soldato israeliano è stato accoltellato in modo grave nei pressi di Kyriat Arba, insediamento ebraico in Cisgiordania. L'assalitore, un adolescente palestinese originario del villaggio di Beit Anun, a nord di Hebron, secondo il portavoce militare, è stato ucciso dalle forze di sicurezza.

AVVENIRE - Susan Dabbous: "A rischio lo 'status' dei palestinesi"

Anche oggi Susan Dabbous disinforma senza ritegno contro Israele. Ormai siamo abituati all'inversione di causa ed effetto, alla simpatia rivolta ai terroristi palestinesi (mai nominati come tali) e alla criminalizzazione degli israeliani ("soldati", "coloni" o "ultraortodossi"). Quasi non ci facciamo più caso, ma gli esempi non mancano ("II soldato, che riporta ferite lievi, ha sparato e ucciso il ragazzo arabo" - "un ragazzo palestinese, 17 anni, è rimasto ucciso negli scontri con i soldati vicino a Hebron").

La menzogna più evidente, però, è un'altra, e si riferisce al Monte del Tempio dove sorgono le moschee, definito "
luogo conteso tra musulmani ed ebrei (per i quali la Spianata è il Monte del Tempio, seppure il gran Muftì di Gerusalemme, Muhammad Ahmad Hussein, ieri abbia dichiarato che nella Spianata «non c'è mai stato alcun Tempio»)". Dabbous dà credito alle parole del Gran Muftì di Gerusalemme, erede diretto di quel Gran Muftì che fu alleato di Hitler e che collaborò attivamente, nel corso della Shoah, con la Germania nazista. Le parole riportate nell'articolo, inoltre, sono ridicole, un tipico esempio di pseudostoria in salsa palestinese. Eppure Dabbous non spende neppure una parola per commentare queste dichiarazioni. La sua scelta a corrispondente da Israele del quotidiano dei vescovi dovrebbe suscitare la protesta di tutti i cattolici per bene.

Ecco il pezzo:

Immagine correlata
Susan Dabbous

Non si ferma l'escalation in Israele. Anche ieri una nuova serie di attacchi ha visto un palestinese di 19 anni accoltellare un soldato di pattuglia davanti alla Tomba dei patriarchi a Hebron. II soldato, che riporta ferite lievi, ha sparato e ucciso il ragazzo arabo, morto in ambulanza mentre veniva trasportato in ospedale a Gerusalemme. Un altro militare israeliano è stato aggredito sempre con un coltello vicino la colonia di Keryat Arba nei pressi di Hebron. L'attentatore, che ha colpito il soldato diciannovenne al collo, è stato ucciso dalla polizia. II militare riporta invece ferite gravi. Infine, un ragazzo palestinese, 17 anni, è rimasto ucciso negli scontri con i soldati vicino a Hebron.

Gerusalemme Est e i Territori occupati sono, secondo il governo israeliano, i luoghi da dove provengono la maggior parte dei nuovi terroristi. Per il questo il premier Benjamin Netanyahu sta pensando di revocare lo status di "residente a Gerusalemme" ad alcuni palestinesi della parte Est della città, oltre il muro di separazione. Per il segretario dell'Olp Saeb Erekat, si tratterebbe di «pulizia etnica». Intanto, è scoppiata anche la «guerra» delle telecamere sulla Spianata delle Moschee, Ieri gli impianti sono stati messi e poi rimossi nel giro di un paio d'ore. A due giorni dall'agognato accordo sulla videosorveglianza della Spianata delle Moschee di Gerusalemme, contesa tra ebrei e musulmani, la fondazione islamica giordana Waqf, che gestisce il luogo santo, ha accusato la polizia israeliana di aver impedito ieri mattina l'installazione delle videocamere. La misura è volta al monitoraggio del luogo conteso tra musulmani ed ebrei (per i quali la Spianata è il Monte del Tempio, seppure il gran Muftì di Gerusalemme, Muhammad Ahmad Hussein, ieri abbia dichiarato che nella Spianata «non c'è mai stato alcun Tempio»).

La videosorveglianza era stata annunciata dal segretario di Stato Usa, John Kerry, al termine di un incontro, sabato scorso, con il re giordano, Abdallah II, per disinnescare la nuova escalation. La proposta era sembrata - a israeliani e palestinesi - un modo di mostrare chi provoca per primo. Per le autorità israeliane, l'istallazione non è stata coordinata, le telecamere quindi non sarebbero state ispezionate e scelte assieme.

L'OSSERVATORE ROMANO: "Violenze in Cisgiordania"

In questo articolo viene fatto il computo degli arabi palestinesi morti e arrestati nelle ultime settimane. Non è spesa neppure una riga, invece, per descrivere le vittime israeliane. Inoltre mai si definiscono terroristi quei palestinesi che sono rimasti vittima unicamente della propria violenza e del proprio odio, oppure sono stati curati e salvati negli ospedali israeliani dopo aver commesso sanguinosi attentati. Le vittime, per OR sono i palestinesi, e pazienza se sono anche terroristi, è sufficiente non scriverlo.
Una contabilità a senso unico, mai che il quotidiano ufficiale del Vaticano l'abbia applicata anche a Israele.

Ecco il pezzo:

Immagine correlata
Un "bravo ragazzo" palestinese esce di casa per andare a macellare israeliani per strada

Ancora tensione in Israele e nei Territori palestinesi. Questa mattina un palestinese ha pugnalato un uomo ferendolo gravemente ed è stato ucciso sul posto dalle forze dell'ordine. «L'assalitore ha pugnalato un israeliano al collo, ferendolo in modo grave all'incrocio di Beit Einun, a nord di Hebron» si legge in un comunicato dell'esercito. «L'aggressore è stato raggiunto dai colpi di arma da fuoco dei soldati e ucciso sul posto». La vittima israeliana è stata soccorsa e ricoverata in ospedale. Anche ieri si era registrato un episodio di violenza a Hebron: una palestinese era stata uccisa a colpi di arma da fuoco da agenti israeliani mentre si avvicinava loro urlando e brandendo un coltello. Alla donna — stando alle ricostruzioni dell'esercito — era stato chiesto più volte di fermarsi.

Le autorità israeliane hanno effettuato più di mille arresti tra palestinesi e arabi israeliani dal primo di ottobre, ovvero da quando è iniziata l'ondata di violenza. Nello stesso periodo sono rimasti uccisi 53 palestinesi e un arabo israeliano. Il maggior numero di arresti, 221, si è registrato a Hebron, nel sud della Cisgiordania; altri 201 arresti sono stati compiuti a Gerusalemme est e 138 a Ramallah. Sono 160 gli arabi israeliani arrestati in relazione ai disordini. I dati sono stati diffusi dalle associazioni che si occupano di prestare assistenza ai palestinesi nelle carceri israeliane. Dei palestinesi arrestati, 87 sono stati posti in detenzione amministrativa, una misura che permette di incarcerare una persona senza processo per un periodo di sei mesi rinnovabile.

Intanto, un accordo è stato raggiunto sulla gestione dell'area intorno alla moschea di Al Aqsa, uno dei luoghi più sacri dell'islam e teatro di recenti violenze. Il segretario di Stato americano, John Kerry, ha annunciato ieri che Israele e la Giordania hanno trovato un'intesa su nuove misure per ridurre le tensioni nell'area, sita nella Città vecchia di Gerusalemme. Tra queste misure, ha aggiunto, c'è l'installazione di videocamere di sicurezza attive 24 ore su 24. Kerry ha incontrato ad Amman il re giordano Abdullah II. La Giordania è il Paese che svolge il ruolo di custodire i luoghi sacri musulmani a Gerusalemme. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha espresso il sostegno di Israele alle nuove misure. E questo — ha spiegato il leader del Likud — «primo per smentire l'affermazione che Israele stia cambiando lo status quo; secondo, per sventare le provocazioni». I palestinesi hanno invece annunciato di non aderire all'intesa. Il ministro degli Esteri dell'Autorità palestinese, Riyad Al Maliki, e i vertici di Hamas (il movimento islamico che controlla la striscia di Gaza dal giugno 2006) si sono espressi contro l'accordo, definendolo «una nuova trappola» e chiedendo alla Giordania di respingerlo.

Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
Il Manifesto 06/687191
Avvenire 02/6780510
L'Osservatore Romano 06/69883461
Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti


redazione@ilmanifesto.it
lettere@avvenire.it
ornet@ossrom.va

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT