Sergio Romano rimpiange Craxi e Arafat
Commento di Vitaliano Bacchi
Craxi con Arafat, due amiconi Sergio Romano
Nei giorni scorsi Isis ha minacciato direttamente lo Stato di Israele di una imminente invasione, nell'ambito della campagna di conquista dell'Occidente che evidentemente non può lasciar fuori l'avamposto in Medio Oriente, Israele.
Ritorna di attualità la polemica sulla presenza delle basi militari americane in Italia, che era stato il leit motiv della propaganda comunista negli anni cinquanta e sessanta del '900, una polemica che è andata scemando alla sola risposta che ad est l'Unione sovietica non aveva posto basi militari nei paesi che aveva liberato dai nazisti, aveva posto governi a sovranità limitata.
L'argomento ebbe una tale forza logica che convinse i marxisti italiani a desistere dalla polemica e si può dire ad onor del vero che il processo di desovietizzazione si può considerare completato perchè la sinistra non ha mai più ribadito questo argomento.
Lo fa invece Sergio Romano, noto amico e stimatore di Israele (!), con un articolo su Corsera del 10 ottobre scorso in cui auspica apertamente la chiusura e rimozione delle basi militari Nato e americane in Italia e le ragioni che adduce per giustificare il suo elzeviro polemico come sempre quando direttamente o indirettamente si tratta di Israele, fanno meditare quanto a retorica filoislamica e antiamericana.
Scrive infatti che gli accordi Nato garantiscono la sovranità nazionale italiana, ma poi “dubita che Washington presti a queste intese una particolare attenzione” e scrive inoltre che le basi non si giustificano più dopo la cessazione della guerra fredda fra i due blocchi, nondimeno riconosce che oggi il nemico comune è l'Isis, quindi è consapevole che l'esistenza attuale delle sacrosante basi militari americane in Italia costituisce il deterrente fondamentale contro il la spinta invasiva della barbarie.
Si sarà pur chiesto il noto saggista se sia quantomeno verosimile che una forza armata internazionale dotata di mezzi corazzati e armi missilistiche capace di minacciare una invasione di Israele possa essere capace di una invasione del sud italiano, terra certamente meno guarnita dei confini dello Stato ebraico dotato di un arsenale militare fra i più potenti del mondo.
Se lo è chiesto certamente e nel suo articolo spiega anche perchè converrebbe la rimozione: perchè in passato queste basi militari avrebbero costituito il mezzo censurabile di appoggio alla politica americana contro il terrorismo arabo e qui viene il bello, perchè non solo giudica questa politica contro il terrorismo un danno per la comunità internazionale citando l'episodio di Sigonella, ma va oltre.
Scrive infatti, testualmente, che va rimproverato agli americani di avere tentato di impedire a Craxi la liberazione del commando palestinese del sequestro della Achille Lauro che “per liberarla aveva negoziato con i buoni uffici del leader palestinese Yasser Arafat e si era impegnato a permettere che il commando partisse per la Tunisia”.
Che Yasser Arafat abbia “prestato buoni uffici” nella lotta internazionale contro il terrorismo non lo sapevamo e lo apprendiamo da questo scritto spocchioso, ma in ogni caso Isis o non Isis le basi americane in Italia devono restare e possibilmente aumentare prima che qualche altro leader palestinese offra nuovamente i suoi “buoni uffici” su questo versante.
Anzi, noi saremmo personalmente favorevoli alla integrazione delle basi militari americane in Italia con qualche base militare israeliana, considerata l'identità del nemico che è già alle porte di Roma e che da soli è dubitabile possa essere affrontato e sconfitto, con o senza i “buoni uffici” di Al Baghdadi o di qualche altro predicatore solenne di una barbarie che ormai è alle porte per distruggere una civiltà che ha sempre invidiato. E quindi odiato.
Vitaliano Bacchi