Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/10/2015, a pag. 13, con il titolo "Netanyahu 'assolve' Hitler: 'La Shoah idea dei palestinesi' ", la cronaca di Maurizio Molinari; dalla REPUBBLICA, a pag. 15, con il titolo "Storia e Memoria sono ancora un dovere per i potenti di oggi", l'intervista di Andrea Tarquini a Elie Wiesel.
A destra: il Gran Muftì conversa con Adolf Hitler nel 1941
I quotidiani di oggi pongono nel massimo risalto le dichiarazioni di Netanyahu a proposito di Hitler e del Gran Muftì di Gerusalemme al-Husseini, che non è stato l'ispiratore della Shoah, ma vi ha partecipato volenteroso carnefice. Amico personale di Adolf Hitler, di cui codivideva l'antisemitismo, è stato l'organizzatore di una divisione musulmana di SS che è stata responsabile dell'annientamento della numerosa comunità ebraica sefardita bosniaca. Il Gran Muftì, inoltre, aveva già programmato lo sterminio degli ebrei residenti nella Palestina mandataria britannica se solo le forze tedesche e italiane avessero sfondato le linee inglesi in Nord Africa in occasione della battaglia di El Alamein, e avessero raggiunto Tel Aviv e Gerusalemme.
Ma ai quotidiani interessa non recuperare questa vicenda misconosciuta ma della massima importanza, bensì mettere alla berlina Netanyahu. I quotidiani oggi ignorano i sanguinosi attentati palestinesi di ieri in Israele: soltanto alla gaffe di Netanyahu sono interessati. Così Adriano Sofri sulla Repubblica, così il Manifesto (in prima pagina campeggia cubitale il titolo "La revisione di Bibi"), così Avvenire ("Netanyahu giustifica Hitler") così La Stampa, con il titolo "Netanyahu 'assolve' Hitler: 'La Shoah idea dei palestinesi' " e, in prima pagina, il "Buongiorno" di Massimo Gramellini dal titolo "Neganyahu". Quest'ultimo, addirittura, si scatena contro "il cinismo incosciente di chi utilizza la tragedia immane del proprio popolo per aumentare il carico di odio verso il nemico di oggi", come se si trattasse di una campagna di incitamento all'odio da parte di Netanyahu, che secondo Gramellini è depositario di "una cupa grandezza". Similmente molti altri.
Come ricorda Elie Wiesel, i politici dovrebbero essere molto attenti alle proprie dichiarazioni, soprattutto se si tratta del Primo ministro di Israele e se l'argomento è la Shoah. Riprendiamo, in ogni caso, le parole di spiegazione di Netanyahu, citate da Maurizio Molinari: «Non volevo assolvere Hitler ma dimostrare che il padre della nazione palestinese aspirava fin da allora alla nostra distruzione come dimostrano i verbali di Norimberga». Ma, come al solito, alla nostra stampa è sufficiente un pretesto per scatenarsi contro il Primo ministro di Israele, a prescindere dal suo orientamento politico e dal suo partito di appartenenza.
Ecco il commento di Deborah Fait:
Deborah Fait
Ci sarà molto da scrivere nei prossimi giorni, sulle dichiarazioni di Benjamin Netanyahu su Hitler e le voglio dire perché noto che la sinistra israeliana e l'opposizione al governo stanno già ballando sul cadavere di Bibi e i media internazionali stanno ciurlando nel manico, espressione poco elegante ma che esprime ciò che sta accadendo in queste ore.
Netanyahu ha detto che all'inizio Hitler non pensava allo sterminio degli ebrei (intendendo col gas e nei forni crematori) ed è la verità. Voleva eliminarli in qualche modo, pensava di espellerli e farli morire altrove. Tutto questo è ben spiegato ne "La storia dell'antisemitismo" di Leon Poliakov in cui l'autore parla di tentativi di deportare tutti gli ebrei da qualche parte a morire di stenti. La decisione dello sterminio fisico e organizzato, della Soluzione Finale del popolo ebraico, fu presa a Wannsee il 20 gennaio del 1942 dagli alti ufficiali nazisti, da rappresentanti del governo tedesco e dalle SS. Tra i partecipanti era presente anche Adolf Eichmann amico personale del Mufti di Gerusalemme, Hajj Amin al-Husseini, anche grande amico di Hitler.
E' stato il Mufti a suggerire a Hitler di bruciare gli ebrei? Quello che è certo è che il seguito, documentato, di quel "Bruciateli" è stato l'invito a Hitler di proseguire anche in Medio Oriente lo sterminio degli ebrei "esattamente come in Europa". Incolpare Netanyahu di voler quasi giustificare Hitler è stupido oltre che ignobile. La sua tremenda "colpa" è stata ricordare che al-Husseini, oltre che un grande odiatore di ebrei, fu anche consigliere e amico del Fuehrer.
E' storia, inutile che i nemici di Netanyahu si facciano prendere dalle convulsioni, è storia ufficiale, al-Husseini è stato un partecipante attivo della Shoah, processato a Norimberga e condannato in contumacia. La Germania nazista è stata l'artefice ma, come è stato sempre detto, non avrebbe potuto far niente da sola, ha avuto complici in tutta Europa e oltre. Netanyahu, da israeliano in guerra con i terroristi palestinesi, ha giustamente ricordato i maneggi antiebraici del mufti perché tutti i movimenti terroristici palestinesi esistenti oggi, dall'Olp, a Fatah, Hamas e tutti i gruppi jihadisti, si ispirano alle idee naziste nel tentativo di eliminare Israele.
La parte comica di questa brutta storia è che Abu Mazen, il negazionista, è saltato per aria a dire che Netanyahu sta distorcendo la storia! Ma come, l'angioletto della pace ha scritto una tesi sul negazionismo, fino a ieri negava lo sterminio e oggi... ma tu guarda, al male non c'è mai fine. L'anima nera di Hajj Amin al-Husseini aleggia ancora sugli ebrei. Voleva sterminarci tutti e se, dall'inferno dove si trova, vedesse Israele oggi e tutto quello che gli ebrei hanno fatto di importante per il mondo intero, si rivolterebbe letteralmente nella tomba, insieme all'amico Adolf, al nipote Arafat e a un lungo elenco di odiatori di Israele.
Ecco gli articoli:
Benjamin Netanyahu
LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Netanyahu 'assolve' Hitler: 'La Shoah idea dei palestinesi' "
Maurizio Molinari
Sopravvissuti alla Shoah, storici del nazismo, leader dell’opposizione, ministri del governo e cittadini comuni: Israele è in rivolta contro il premier Benjamin Netanyahu che ha attribuito al mufti di Gerusalemme la responsabilità di aver suggerito ad Adolf Hitler l’idea di sterminare gli ebrei.
La bufera politica
Ad innescare la maggiore tempesta politica della sua carriera è quando dice parlando al XXXVI Congresso sionista a Gerusalemme: «Hitler non voleva sterminare gli ebrei all’epoca, li voleva espellere» ma nell’incontro a Berlino alla fine del 1941 «il mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, obiettò “verranno tutti qui” e quando Hilter gli chiese “cosa devo fare con loro?”, il mufti “rispose di bruciarli”». L’intento del premier è indicare nel mufti di allora, padre storico del nazionalismo palestinese, la genesi dell’odio antiebraico che incita i giovani arabi all’Intifada dei coltelli. Ma «riscrivere la storia a fini politici è il più grave degli errori», gli rimprovera Yehuda Bauer, maggiore storico della Shoah, imputandogli «affermazioni senza fondamento» perché «abbiamo il documento su quell’incontro e spiega come fu Hitler a parlare, chiedendo al mufti di fare propaganda nazista in Medio Oriente».
Un Paese in rivolta
Nell’arco di poche ore è quasi l’intero Paese che si solleva, imputando al premier di essere un «negazionista». Dina Porat, a capo degli storici dello Yad VaShem, è lapidaria: «Non si può dire che il mufti diede a Hitler l’idea di bruciare gli ebrei, è falso». Meir Litvak, storico all’Università di Tel Aviv, parla di «bugie» e Moshe Zimmermann, germanista all’ateneo di di Gerusalemme, trae le conclusioni: «Netanyahu si è aggiunto alla lunga lista di coloro che definiamo negazionisti» per aver ridimensionato le responsabilità dei nazisti nella Shoah.
È il pensiero che accomuna numerosi sopravvissuti, che affidano a radio e tv la protesta per aver «ridotto le colpe di Hitler». «Netanyahu deve scusarsi con i sopravvissuti - tuona il deputato dell’Unione sionista Itzik Shmuli - è una vergogna che il premier dello Stato ebraico avvalori il negazionismo». Nessuno mette in dubbio che il mufti sia stato «un antisemita violento collaboratore di Hitler - come dice il leader laburista Isaac Herzog - ma c’è stato un solo Hitler che scrisse il Mein Kampf e illustrò la Soluzione Finale al Reichtag». A dare il polso della rivolta popolare è la scelta di Moshe Yaalon, ministro della Difesa e fedelissimo del premier, di correggere Netanyahu: «La Storia è chiara, Hitler iniziò lo sterminio e il mufti si unì».
La difficile retromarcia
Per Saeb Erakat, negoziatore dell’Autorità palestinese, è l’occasione a lungo attesa di delegittimare l’avversario davanti ai suoi cittadini: «Il premier dimostra di odiare i palestinesi fino al punto da assolvere il più famoso criminale della storia». Netanyahu è accerchiato, appare vulnerabile, in bilico, ma si difende da Berlino, dove oggi vedrà John Kerry: «Non volevo assolvere Hitler ma dimostrare che il padre della nazione palestinese aspirava fin da allora alla nostra distruzione come dimostrano i verbali di Norimberga» con la «deposizione del vice di Eichmann, Dieter Wisliceny, che lo descrisse come colui che incitava ad accelerare lo sterminio».
LA REPUBBLICA - Andrea Tarquini: "Storia e Memoria sono ancora un dovere per i potenti di oggi"
Elie Wiesel
«Davvero non ho idea di come quelle parole abbiano potuto essere pronunciate, lungi da me ogni intenzione di criticare Netanyahu, ma a volte i politici dovrebbero pensare a lungo e inghiottire parole anziché pronunciarle ». Ecco il commento a caldo per Repubblica del professor Elie Wiesel, Nobel per la pace, sopravvissuto ad Auschwitz.
Professor Wiesel, che effetto le fa la gaffe di Netanyahu? «Purtroppo ne ho sentite tante di cose simili, in decine di conferenze. È molto triste che tanti talenti, e tante persone pubbliche, spendano la loro immagine con simili frasi. Anziché dire le verità più semplici: che l’antisemitismo è stupido quanto criminale».
Ieri non parlava uno storico negazionista, bensì il primo ministro israeliano… «Che posso dire davanti a tali parole? Io non ho nessuna intenzione di criticare Netanyahu, però avrebbe fatto meglio a non pronunciare quelle parole, a risparmiarsi questo incidente. In ogni occasione pubblica, ogni personalità pubblica dovrebbe pensare mille volte prima di pronunciare qualsiasi frase, e inghiottire mille parole anziché pronunciarne una sola. Figuriamoci su un tema come l’origine dell’Olocausto. Per fortuna, ecco la bella notizia della giornata, Angela Merkel ha subito dichiarato che la Germania di oggi ci tiene a ricordare che furono i nazisti, i tedeschi di allora, i colpevoli dell’Olocausto. E con bellissime parole il suo portavoce ha sottolineato che giustamente questo è quanto si insegna in ogni scuola ai bimbi e ragazzi tedeschi».
Non è un paradosso che il governo tedesco contesti il premier israeliano per ricordare le colpe tedesche? «Storicamente può sembrare un paradosso. Però tra i miei molti studenti i più bravi e coscienti nella Memoria della Shoah sono sempre stati i giovani tedeschi. Sanno tutto e vogliono sapere sempre di più, con una volontà commovente. Tutti dovrebbero saperlo: loro coltivano la Memoria della Colpa. E sanno bene, perché glielo insegnano a scuola nella Germania unita, che la “Soluzione finale” fu decisa prima dei contatti col Gran Muftì. Il Gran Muftì certo era antisemita, voleva partecipare alla “Soluzione finale”, ma i tedeschi sanno che fu made in Germany».
E infatti gli storici israeliani hanno subito smentito Netanyahu. Non poteva risparmiarsi questa figuraccia? «I politici al potere troppo spesso pensano di poter dire quello che vogliono sull’onda di emozioni del momento. Sembrano pensare che il potere dia loro licenza speciale, anche davanti all’igiene delle parole richiesta da temi come il Male Assoluto. Non è la prima volta che egli dice cose discutibili, ma mai dal 1948 a oggi un premier israeliano ha pronunciato frasi così gravi. I suoi predecessori d’ogni colore avevano idee ben precise sulla verità storica».
Il potere di Netanyahu entrerà in crisi? «Sono uno storico, non un commentatore, e mi è difficile rispondere. Ma credo di no. Oggi si dice una cosa, domani viene dimenticata. Forse voleva solo dire che l’antisemitismo è precedente a Hitler, resta la verità storica che la Shoah è il crimine unico e assoluto, impone doveri di Memoria. Meglio avrebbe fatto a parlare di problemi ben più minacciosi, dalla nuova intifada dei coltelli ai piani atomici iraniani, anziché del mufti di Gerusalemme immaginario ispiratore di Hitler».
Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
La Stampa 011/65681
La Repubblica 06/49821
Oppure cliccare sulle e-mail sottostanti