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La Nazione - Il Messaggero - Avvenire - L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
21.10.2015 Disinformazione e menzogne gravissime sul giornale dei vescovi
In buona compagnia con Padre Pizzaballa, il segretario del World Council of Churches, Eric Salerno

Testata:La Nazione - Il Messaggero - Avvenire - L'Osservatore Romano
Autore: Cristiano Bendin - Eric Salerno - Susan Dabbous
Titolo: «Ban piomba a Gerusalemme: fermatevi - La via della pace»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 21/10/2015, a pag. 6, con il titolo "Ban piomba a Gerusalemme: fermatevi", il commento di Susan Dabbous;
dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 6, l'articolo "La via della pace". I due articoli, con relativi commenti, sono anticipati dal nostro commento a LA NAZIONE. al MESSAGGERO e al SOLE 24 ORE.

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Padre Pierbattista Pizzaballa

LA NAZIONE, a pag. 18, pubblica una intervista di Cristiano Bendin a padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa. Riprendiamo la sola parte che riguarda Israele.  Pizzaballa alla buon'ora riconosce nella motivazione religiosa il motivo della violenza. Quello che però evita con cura di dire è che questa violenza religiosa è islamica. Omettendolo, mente.

Ecco la domanda di Bendin e la risposta di Pizzaballa:

Che idea si è fatto, dal suo osservatorio, della recente escalation di violenza in Terra Santa? Che sviluppi può avere la situazione? «Rispetto al passato, vi è un'accentuazione della motivazione religiosa rispetto a quella politica. Coloro che agiscono non parlano, cioè, di territori e confini bensì della liberazione della Moschea di Gerusalemme. È difficile prevedere gli sviluppi, che dipendono da diversi fattori, sia locali che internazionali».

 

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LA PIOGGIA 24 ORE, oggi, ignora nuovamente il terrorismo palestinese contro Israele. Forse sul quotidiano di Confindustria sono a corto di argomenti per attaccare Israele, ma siamo certi che al primo spunto torneranno, con i pezzi di Ugo Tramballi & Co., a disinformare.

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Eric Salerno

IL MESSAGGERO, a pag. 15, pubblica un commento di Eric Salerno, notoriamente ostile a Israele. Ne riportiamo la prima parte, un concentrato di disinformazione.

1) La "occupazione" a cui si riferisce non esiste, e a questo proposito rimandiamo al nostro commento all'articolo di Avvenire in questa stessa pagina.

2) Le "vittime da una parte e dall'altra" di cui scrive il giornalista sono civili israeliani assassinati e i terroristi palestinesi fermati prima di fare nuove vittime: metterli nello stesso novero è un classico della disinformazione.

3) Lo status quo del Monte del Tempio non è in discussione. Lo è soltanto per la propaganda palestinese, che cerca di scatenare una ondata di violenza sempre più vasta, e per Eric Salerno che riprende questa propaganda come notizia attendibile.

Ecco quello che scrive Salerno:

È contro una possibile guerra di religione che Nazioni Unite e Stati Uniti cominciano a muoversi. La diplomazia internazionale sa bene che il nodo cruciale in Israele-Palestina resta l'occupazione e la “non pace” anche se sono state le provocazioni di alcuni esponenti della destra israeliana sulla spianata delle moschee a Gerusalemme a provocare la nuova ondata di violenza. L'Intifada dei coltelli, con nuove vittime da una parte e dall'altra, va avanti a fuoco lento. Le proteste palestinesi e tra gli arabi israeliani anche, mentre Israele insiste per dire che non ha cambiato e non saranno cambiati gli accordi per i luoghi santi di Gerusalemme.

L'OSSERVATORE ROMANO: "La via della pace"

Nell'intervento di Olav Fyske Tveit, segretario del World Council of Churches, sul Medio Oriente, non una parola sulla condizione dei cristiani nei Paesi islamici. Ugualmente ignorato è Israele, l'unico Stato in cui i cristiani vivono liberi con tutti i diritti e sono integrati in una società vibrante e multietnica.
Una ipocrisia che non stupisce.

Ecco l'articolo:

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ATENE, 20. La sospirata pace in Medio oriente si otterrà soltanto attraverso il rafforzamento di quella «diversità culturale e religiosa che ha contraddistinto questa regione per lunghi secoli». È quanto ha detto il reverendo Olav Fykse Tveit, segretario generale del World Council of Churches (Wcc), intervenendo ieri, lunedì, ad Atene a una conferenza internazionale promossa dal Governo greco sul tema "Pluralismo religioso-culturale e pacifica convivenza in Medio oriente". Sottolineando come la presenza di alcune di queste comunità di fede, soprattutto cristiane, oggi in diversi Paesi, come Iraq e Siria, sia a rischio di sopravvivenza, il leader dell'organizzazione ecumenica — riferisce il sito in rete del Wcc — ha richiamato in particolare le responsabilità dei Governi e quelle dei capi religiosi. Se, infatti, da parte dei Governi «c'è la necessità di concentrarsi sulla protezione da fornire ai tanti esseri umani che sono vittime di ogni tipo di violenza», è altrettanto importante «mobilitare i contributi delle comunità religiose e le loro tradizioni di fede per la pace».

In questo senso, Fykse Tveit si è detto fortemente incoraggiato dal constatare come i rappresentanti religiosi siano impegnati nel riaffermare ad alta voce «la dignità di ogni essere umano» e i diritti degli uomini di fede «in quanto cittadini», come pure i loro appelli a «porre fine a ogni tipo di violenza» e a «negare l'uso delle armi come mezzo per risolvere questi conflitti». Una prospettiva, su cui ormai da tempo s'inserisce l'esperienza del Wcc che, ha spiegato il suo segretario generale, «ha coltivato relazioni e cooperazione con molti leader e istituzioni musulmane ed ebree, avviando e facilitando il dialogo attraverso iniziative congiunte su questioni critiche importanti». Fondamentale per il Medio oriente resta perciò il compito dei cristiani. Per Fykse Tveit, «in una regione così tanto tormentata, la nostra fede ci permette di vedere il Cristo crocifisso e risorto pure in mezzo a tante tribolazioni. Pur essendo pochi di numero, i cristiani della regione, come ha detto Gesù nel Vangelo, sono il "piccolo lievito" che fa crescere l'intera pasta».

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AVVENIRE - Susan Dabbous: "Ban piomba a Gerusalemme: fermatevi "

L'articolo che segue, pubblicato da Avvenire, è una sequenza di menzogne omissive, bugie patenti e disinformazione contro Israele. E' l'articolo peggiore tra quanti abbiamo letto oggi, vi chiediamo di leggerlo con attenzione e di meditare sulle menzogne che esprime.

1) Dabbous scrive del "santuario musulmano della Spianata delle Moschee (conteso dagli ebrei come Monte del Tempio)". Dimentica che la presenza del Tempio nel cuore di Gerusalemme non è un'opinione di qualche ebreo estremista, ma un dato storico indubitabile. Sono le moschee a essere state costruite sul luogo su cui, prima, sorgeva il Tempio. Basterebbe sfogliare un manuale di storia elementare per accorgersene.

2) "nei Territori, ieri, sono stati uccisi quattro assalitori palestinesi". Perché sono stati uccisi? Sono stati ammazzati a sangue freddo? Evidentemente no: sono stati uccisi perché stavano compiendo attentati terroristici e avrebbero ucciso ancora. Che cosa avrebbe dovuto fare Israele? Offrire loro un premio? Che cosa farebbe qualsiasi Stato libero e democratico del mondo, se non la stessa cosa?

3) "Un colono israeliano". Gli israeliani, per una certa stampa nostrana, sono tutti coloni oppure ultraortodossi. Ma che cosa significa "colono"? La giornalista si riferisce agli abitanti ebrei oltre la Linea verde, che NON è un confine, ma una linea armistiziale. Di conseguenza i territori oltre tale Linea non sono "occupati", bensì "contesi" e gli ebrei che vi risiedono non sono "coloni", se la si vuole usare, allora sono occupanti anche gli arabi che vi costruiscono nuove abitazioni. I cosiddetti coloni costruiscono nella zona A, di totale amministrazione israeliana, come stabilito e controfirmato da Arafat negli Accordi di Oslo.

4) "Un colono israeliano è morto". Colpo apoplettico? Suicidio? No, è stato ucciso da un terrorista palestinese. Non è "morto", è stato assassinato.

5) Un altro ebreo vittima di un attentato è "sceso dall'auto per cercare protezione, è stato investito da un camion, probabilmente in modo involontario". Certo, e gli asini volano, Abu Mazen vuole la pace e nel mondo islamico donne e omosessuali godono del massimo rispetto e di alta considerazione.

6) Ed ecco la menzogna finale: "Dopo aver incontrato il presidente israeliano Reuven Rivlin e il premier Netanyahu a Tel Aviv (...)". L'incontro si è svolto a Gerusalemme, ma la giornalista scrive, mentendo, "Tel Aviv". Perché? E' evidente: per non citare neppure la capitale di Israele, in modo da non riconoscerla come tale. Una impostura bella e buona.

7) Israele non teme i giornalisti felloni, mentitori a 360 gradi, stiano pure a fare il loro sporco lavoro. Noi che li leggiamo in Italia, abbiamo altre reazioni, calcoliamo più da vicino il danno che recano a Israele, e vedremmo con piacere l'ipotesi di una espulsione, non lontano, a Ramallah, per esempio, odiando così Israele, si troveranno benissimo.

8) un invito ai nostri lettori cattolici: per favore,scrivete al direttore di AVVENIRE Marco Tarquinio la vostra opinione sull'immondezzaio firmato Susan Dabbous: lettere@avvenire.it, specificando "All'attenzione del direttore Marco Tarquinio" lettere@avvenire.itlettere@avvenire.it begin_of_the_skype_highlighting

Ecco l'articolo:

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Susan Dabbous

Spianata delle Moschee, Territori palestinesi e Gaza. «Stiamo combattendo su tre fronti - ha detto ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu -: una miccia che parte da uno dei tre incendia immediatamente anche gli altri». Al ventesimo giorno consecutivo di violenze, iniziate a Gerusalemme intorno al santuario musulmano della Spianata delle Moschee (conteso dagli ebrei come Monte del Tempio) e poi dilagate dentro e fuori Israele, il capo di governo dello Stato ebraico non nasconde la drammaticità del momento. Mentre Gerusalemme vive giorni di relativa calma, nei Territori, ieri, sono stati uccisi quattro assalitori palestinesi: uno che aveva tentato di investire alcuni coloni israeliani a Gush Etzion, una zona a sud di Gerusalemme, tre che avevano attaccato, ferendoli, dei soldati a Hebron. Un colono israeliano è morto invece dopo essere stato preso a sassate da un gruppo di palestinesi sempre vicino Hebron. Sceso dall'auto per cercare protezione, è stato investito da un camion, probabilmente in modo involontario.

Un adolescente palestinese di 17 anni è invece morto a Gaza, e altri cinque sono rimasti feriti, nel corso di scontri con soldati israeliani lungo la barriera fra la Striscia e Israele. È questo lo scenario che si è trovato davanti il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon al suo arrivo ieri per una visita pianificata d'urgenza. Dopo aver incontrato il presidente israeliano Reuven Rivlin e il premier Netanyahu a Tel Aviv, oggi incontrerà il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen a Ramallah. «Il Monte del Tempio (la Spianata delle Moschee) è diventato ostaggio di gente che vuole portarci a una guerra religiosa - ha detto Rivlin incontrando il segretario dell'Onu -. Israele non è in guerra contro l'islam».

Ma tra i musulmani c'è chi fomenta l'odio. Come lo sceicco Hassan Yussef, uno dei leader più in vista di Hamas nei Territori occupati, che è stato arrestato ieri all'alba, vicino a Ramallah, in un'operazione dei servizi segreti israeliani. Hassan Yussef, ex detenuto, è stato accusato di incitare al terrorismo e di aver pubblicamente incoraggiato gli attacchi contro gli ebrei. Rivlin ha poi confermato che Israele «non ha cambiato né cambierà una singola lettera dell'accordo sullo status quo» che regola la Spianata delle Moschee. Governato da una fondazione islamica giordana, il luogo santo è accessibile anche a visitatori esterni che non vi possono però pregare, se non musulmani. Secondo alcuni leader musulmani ci sarebbe un «complotto sionista» per radere al suolo le moschee per ricostruire il Tempio.

II segretario americano John Kerry, che ha lasciato aperta la porta alla possibilità di incontrare Netanyahu in Medio Oriente piuttosto che in Germania, come originariamente previsto per domani, nella sua prossima visita ad Amman, probabilmente sabato, proporrà la stesura per iscritto di un documento che fissi i punti più controversi dello status quo. In un momento di simile tensione, l'anno scorso Kerry volò ad Amman dove incontrò segretamente Netanyahu e Abu Mazen, e il re giordano Abdallah II nella figura di garante sigillò l'accordo, ma non fu messo per iscritto. Tra i nervi che sono rimasti scoperti c'è la questione di chi dovrebbe intervenire per garantire la sicurezza in caso di rivolte. In teoria sarebbe la Giordania, ma l'amministrazione è affidata a una fondazione religiosa che per ovvi motivi non ha un corpo militare. In un video messaggio ad ambo le parti Ban, dal canto suo, ha esortato alla calma, comprendendo il timore degli israeliani se «i bambini hanno paura di andare a scuola, e chiunque in strada è una potenziale vittima».

Allo stesso tempo, ha aggiunto di capire la frustrazione dei palestinesi: «Guerre, check-point, demolizioni di case non possono sorreggere pace e sicurezza». Demolizioni come quella operata dall'esercito israeliano lunedì notte, che ha ridotto in calcinacci la casa di Maher al-Hashalmoun, un palestinese che un anno fa uccise un'israeliana nei Territori. I palestinesi le chiamano «punizioni collettive». Chi rimane senza casa e non più ha nulla da perdere, spesso non attende molto prima di saziare la propria sete di vendetta. 

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