Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/10/2015, a pag. 34, con il titolo "Storia della 'Comparsa' che diventa protagonista", la recensione di Elena Loewenthal.
Elena Loewenthal
La comparsa di Abraham B. Yehoshua è un romanzo sorprendente per molti aspetti. Racchiude in sé tutta quella felice ambiguità che contraddistingue la narrazione più riuscita dello scrittore israeliano. A incominciare dal titolo, che configura un ruolo secondario ma che nel suo termine ebraico, nitzevet, disegna quasi un paradosso, perché alla lettera significa «colei che sta», che quasi «si staglia». E tutt’altro che «comparsa» fugace è Noga, la protagonista del romanzo che ruba quasi tutta la scena per sé.
Abraham B. Yehoshua
È infatti un libro profondamente al singolare, questo. Complesso e sfaccettato, ma con al centro una figura che è perennemente sulla scena. E che, ancora per paradosso, ricorda molto da vicino l’ombra che ascolta nel Signor Mani, romanzo costruito in forma di dialoghi in cui manca sempre una delle due voci, che però è quella determinante. Ne risulta, in entrambi i libri, una trama che si snoda con grande virtuosismo e la capacità di imprigionare il lettore dentro il racconto, di accattivarlo dalla prima all’ultima pagina.
Noga è un’arpista israeliana, divorziata dal marito perché lei non voleva figli e lui sì, che vive in Olanda. Torna a Gerusalemme a occupare la casa della vecchia madre perché quest’ultima si trova a Tel Aviv per tre mesi di prova in una confortevole casa di riposo. Noga si ritrova così in una dimensione spazio-tempo sospesa, di attesa e pausa. Per guadagnare qualcosa, scacciare la noia e fors’anche i ricordi, fa la comparsa per produzioni cinematografiche grazie ai contatti che le ha procurato suo fratello. Questa specie di mestiere le consente uno sguardo tutto particolare sul mondo che la circonda, e su se stessa.
La copertina
Yehoshua è qui formidabile nell’entrare dentro la testa di questa donna, che tornando in una Gerusalemme così diversa da come l’ha lasciata finisce col fare i conti con se stessa. Gerusalemme è diversa perché ci sono tante più figure nere di ebrei ortodossi nel loro quartiere. Comparse anche loro, come i due bambini che vengono di soppiatto a guardare la televisione in casa di sua madre, visto che nella loro è un’attività proibita, pagana.
Qui, in questo romanzo come in altri fra i più riusciti dello scrittore israeliano, c’è un continuo intersecarsi tra iperrealismo e surrealismo, tra situazioni banali in un modo sconfortante e altre ai limiti dell’incredibile. In questo intreccio inestricabile sta forse il senso - o l’insensatezza - della vita che Yehoshua sa cogliere in tutta la sua pagina. E anche qui, così come nelle sue ultime opere, lo scrittore apre una finestra sulle arti che non sono la sua: musica, pittura, cinema. È come una curiosità inesausta che lo porta a creare personaggi votati a ispirazioni per lui nuove. Anche se l’arpa per Noga è più un mestiere che una vocazione, ormai. Ma in fondo anche lei sente il bisogno di pizzicare quelle corde, in questi mesi vuoti di musica e pieni delle voci di Gerusalemme, delle sue contraddizioni, delle sorprese con cui lei dovrà fare i conti, giorno per giorno.
La comparsa è un romanzo disinvolto, pieno di inventiva e di garbo, dove la narrazione scorre trattenendo sempre il lettore a sé, come succede nella produzione migliore di Yehoshua. Anche qui la storia si costruisce con perizia, in un susseguirsi di dettagli che il lettore non deve farsi sfuggire. Anche qui c’è una protagonista che è un poco prevedibile e un poco enigmatica, ma soprattutto c’è una limpidezza narrativa che talora lascia spazio allo stupore, talora al sorriso. È insomma un romanzo profondamente vero.
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