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Avvenire Rassegna Stampa
20.10.2015 Per il Fatto Quotidiano Israele è razzista, per Avvenire uccide a caso
Menzogne in serie nell'articolo di Susan Dabbous e nelle dichiarazioni del Patriarca latino Fouad Twal

Testata: Avvenire
Data: 20 ottobre 2015
Pagina: 7
Autore: Susan Dabbous
Titolo: «Netanyahu ferma i muri. Ma non la rabbia - Twal: 'La barriera sfigura il volto della Città santa'»

Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, a pag. 15, il titolo all'articolo di Cosimo Caridi; da AVVENIRE, a pag. 7, con il titolo "Netanyahu ferma i muri. Ma non la rabbia", la cronaca di Susan Dabbous e con il titolo "Twal: 'La barriera sfigura il volto della Città santa' ", le dichiarazioni di Fouad Twal.

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IL FANGO QUOTIDIANO, a pag. 15, titola "Nero dunque terrorista: linciato". Un titolo vergognoso, che fa passare Israele per un Paese razzista in cui i neri verrebbero discriminati e, peggio ancora, uccisi. Una frase inaccettabile.

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LA PIOGGIA 24 ORE, invece, da alcuni giorni non pubblica più articoli su Israele e ignora l'accaduto oppure si limita a brevi di agenzia di poche righe. Come mai? Il quotidiano di Confindustria evita di scrivere di Israele per poter ignorare il terrorismo arabo palestinese quotidiano contro lo Stato ebraico, non c'è spiegazione.

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AVVENIRE - Susan Dabbous: "Netanyahu ferma i muri. Ma non la rabbia"

Come di consueto, sul giornale dei vescovi alberga la propaganda contro Israele. Secondo Susan Dabbous, in Israele "basta assumere un atteggiamento aggressivo o sospetto che si finisce ammazzati". Una menzogna di dimensioni colossali, visto che Israele è uno stato di diritto e una democrazia piena, a differenza dell'intero mondo arabo e islamico che lo circonda.

Ecco l'articolo:

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'Bravi ragazzi' amanti della pace. Eterna. Per gli ebrei

La forma paffuta si assottiglia goffamente tra i blocchi quadrati di cemento. Un uomo palestinese sulla sessantina, volto rassegnato e gambe veloci, supera la barriera difensiva che da quattro giorni marca il confine tra il quartiere arabo Jabal Mukaber e quello ebraico Armon Hanatziv a Gerusalemme Est. Come lui, sono 30.000 i palestinesi che tutti i giorni fanno i conti con nuovi posti di blocco. E da domenica scorsa anche un muro alto cinque metri: una specie di "prefabbricato" sistemato lì per evitare il lancio di pietre dal lato palestinese a quello israeliano.

Per per molti arabi andare a lavorare è diventato un incubo, ma lo stipendio è importante, così ci si mette in fila ai controlli senza polemizzare. Altri parlano invece di «apartheid», e si lamentano appena trovano un giornalista. Ma oltre le parole non si va, il clima è pesantissimo, basta assumere un atteggiamento aggressivo o sospetto che si finisce ammazzati. L'esercito israeliano, che continua ad essere bersaglio di coltellate da parte di giovani palestinesi, spara per uccidere aggressori veri o presunti. Così, è morto «per sbaglio» - «perché aveva la pelle scura», scrivono i quotidiani israeliani, indignati -, Habtom Zarhum, 29 anni, emigrato eritreo che poco prima di essere scambiato per un terrorista aveva esteso il suo permesso di soggiorno. Lavorava in una coltivazione di fiori nel Neghev. È stato linciato dalla folla che si trovava alla stazione degli autobus di Beersheva, domenica scorsa, nel sud di Israele, quando un palestinese, Muhanad al-Aqabi, 21 anni, beduino con cittadinanza israeliana e madre originaria di Gaza, ha sparato a un soldato israeliano, uccidendolo.

Dopo essersi impossessato del fucile d'assalto del militare steso a terra, al-Aqabi ha aperto il fuoco contro un gruppo di persone presenti, ferendone una decina. Quindi è stato «neutralizzato», ossia ucciso. In quegli interminabili minuti di concitazione, Zarhum, l'eritreo, è stato scambiato per un complice del palestinese, che aveva, anch'egli, la pelle molto scura. Il giovane è stato prima ferito da un poliziotto, poi preso a calci e pugni dalla gente. È morto ieri in ospedale per le ferite. II premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato l'apertura di un'indagine sull'episodio e ha invitato gli israeliani a non farsi giustizia da soli, perché «pagheranno il prezzo dei loro reati».

Il premier ha anche deciso di bloccare la costruzione di ulteriori muri di divisione a Gerusalemme, criticati da una parte del suo stesso governo perché simbolo di debolezza e di ripartizione della Città Santa che Israele rivendica come capitale «indivisibile». Fermo il «no» del governo, poi, all'idea di osservatori internazionali, sorta di «caschi blu», sulla Spianata delle Moschee. La possibilità è stata sostenuta con forza, nei giorni scorsi, da Parigi. Per questo, ieri, il ministero degli Esteri israeliano ha convocato l'ambasciatore francese, Patrick Maisonnave, a cui ha espresso «decisa opposizione».

Mentre il conflitto si avvita in una spirale di violenza, la diplomazia è al palo. Verrà probabilmente rimandato l'incontro a Berlino tra Netanyahu e il segretario di Stato americano John Kerry, che era in agenda per domani. Appare più probabile la visita di Kerry ad Amman, sabato, dove dovrebbe vedere il presidente palestinese Abu Mazen. Intanto, Hamas lancia la sua sfida. «Estendere e attivare al massimo livello l'Intifada fino a riprendere il controllo di Gerusalemme e di tutta la Palestina», ha chiesto ieri il movimento islamico da Gaza, esortando anche a compiere nuovi attacchi kamikaze.

«Seguo con grande preoccupazione la violenza che affligge la Terra Santa - ha detto papa Francesco domenica all'Angelus -. In questo momento c'è bisogno di coraggio e forza d'animo per dire no all'odio e compiere gesti di pace».

AVVENIRE: "Twal: 'La barriera sfigura il volto della Città santa' "

Il quotidiano cattolico riprende con solerzia le ennesime dichiarazioni ridicole del Patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, secondo il quale l'azione di Israele «è davvero una cosa dell'altro mondo, e rientra nella politica di spezzettare la Città Santa e rendere difficile anche l'accesso ai Luoghi Santi». Dell'altro mondo, secondo il Patriarca, è che gli ebrei abbiano l'ardire di difendersi, quando attaccati dai terroristi palestinesi. Certamente preferirebbe che non lo facessero e che morissero in pace e tranquillità. Amen.

Ecco le sue parole, riportate da Avvenire:

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Fouad Twal

La costrizione di un muro di divisione tra i quartieri arabi e quelli ebraici di Gerusalemme «ci rattrista e sfigura il volto della Città Santa. Se continua questa politica di separazione, ogni persona dovrà muoversi a Gerusalemme portando con sé il suo proprio muro, la sua barriera che lo divide dagli altri». L'osservazione giunge dal patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Zival, che così giudica il muro di cemento eretto dalla polizia israeliana tra il quartiere arabo di Jabal Mukaber e la colonia ebraica di Armon Hanatziv. Le autorità israeliane hanno giustificato la costruzione della nuova barriera con l'interno di impedire il lancio di sassi e bombe molotov da parte dei palestinesi.

Citato dall'agenzia Fides, monsignor Twal sottolinea che quanto sta accadendo «è davvero una cosa dell'altro mondo, e rientra nella politica di spezzettare la Città Santa e rendere difficile anche l'accesso ai Luoghi Santi. Una volta le autorità israeliane ripetevano lo slogan per cui Gerusalemme è la Città Santa unita e indivisibile. Adesso si mettono addirittura a costruire nuovi muri». Dall'inizio di ottobre, la spirale sembra senza fine. «In un Paese democratico - sottolinea Twal - qualsiasi atto criminale viene punito dalla giustizia, e quando il giudice emette la condanna tutti la accettano. Adesso tutti i civili in Israele hanno luce verde per sparare. Ci sono linciaggi e esecuzioni extra-giudiziali. E l'uso sproporzionato della forza è sempre un segno di debolezza». «In apprensione» sono anche i frati di Assisi. «Preghiamo perché San Francesco d'Assisi illumini i cuori e abbatta i muri, per far diventare ogni uomo uno strumento di pace», è il pensiero di padre Enzo Fortunato, portavoce dei frati del Sacro Convento.

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