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La Stampa Rassegna Stampa
12.10.2015 Stato islamico: colpito il convoglio di Al Baghdadi, è giallo; libero dopo cinque mesi padre Murad
Due servizi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 12 ottobre 2015
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Iraq: colpito in un raid il convoglio di Al Baghdadi - Siria, libero dopo cinque mesi padre Murad»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/10/2015, a pag. 4-5, con il titolo "Iraq: colpito in un raid il convoglio di Al Baghdadi" e "Siria, libero dopo cinque mesi padre Murad", due servizi di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

Ecco gli articoli:

"Iraq: colpito in un raid il convoglio di Al Baghdadi"

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Abu Bakr Al Baghdadi

L’esercito iracheno tenta di eliminare il Califfo dello Stato Islamico (Isis), Abu Bakr al-Baghdadi, con un blitz di cui Washington non sapeva nulla. Sono fonti militari di Baghdad a far sapere che nella giornata di sabato i jet hanno bersagliato una carovana di vetture di Isis mentre attraversava il deserto dell’Anbar in direzione di Karabla, ai confini con la Siria.

L’attacco è scattato sulla base di informazioni secondo cui a Karabla al-Baghdadi era atteso da un vertice con i capi militari del Califfato per pianificare la probabile reazione all’offensiva russo-siriana. Il corteo di auto è stato completamente distrutto e fonti locali, citate dalla tv «Bbc», parlano di almeno 15 leader di Isis eliminati ma il corpo di al-Baghdadi non si è trovato e non era neanche fra i feriti ricoverati negli ospedali dell’area. Da qui la possibilità che il Califfo sia riuscito a sfuggire al blitz. Alcuni testimoni affermano che al-Baghdadi sarebbe stato «trasportato a bordo di un’auto, dopo l’attacco, verso una località ignota» e le sue condizioni di salute restano avvolte nel mistero.

Il precedente
Il blitz iracheno ricorda quello, condotto a metà aprile dai jet americani, perché anche in quel caso l’obiettivo era un corteo di auto diretto ad Al Qeim, ai confini siriani. Al-Baghdadi venne ferito, al punto da essere obbligato a nominare un successore, ma poi è tornato a gestire Isis. Nel novembre 2014 il Pentagono aveva tentato un agguato nella stessa area perché il confine fra Iraq e Siria è il cuore della «Provincia dell’Eufrate» da cui si estende l’amministrazione del Califfato. Ma se nelle due occasioni precedenti il Pentagono è stato protagonista dei blitz, ora fonti militari Usa fanno sapere di «non avere alcuna informazione» sull’operazione irachena. Da qui l’ipotesi che questo tentativo di eliminare il Califfo sia frutto della nuova «war room» creata a Baghdad dai capi dell’intelligence di Iraq, Mosca, Teheran e Damasco protagonisti della coalizione anti-Isis guidata dal Cremlino.

Il governo di Haider Al-Anbari è favorevole a una più stretta cooperazione militare con la Russia - pur esitando ad aprire i cieli ai raid del Cremlino anti-Isis - e aver tenuto Washington all’oscuro dal tentativo di eliminare al-Baghdadi lascia intendere un indebolimento della cooperazione militare fra Iraq e Usa.

Il fronte siriano
Sul fronte siriano, intanto, l’impatto dei raid russi inizia a provocare conseguenze tattiche. Le testimonianze raccolte dall’Osservatorio per i diritti umani in Siria, di base a Londra, parlano di un’avanzata delle truppe fedeli a Bashar Assad nelle province di Hama finora in meno ai ribelli e di contemporanei successi di Isis, riuscita a catturare almeno sei villaggi sempre attorno Hama e anche a rafforzare le posizioni attorno ad Aleppo.

Proprio nei pressi di una base siriana nell’area di Aleppo i jihadisti di Isis hanno messo a segno un duro colpo contro Teheran riuscendo ad uccidere in un agguato il generale dei Guardiani della rivoluzione Hussein Hamedani. Eroe della guerra Iran-Iraq, protagonista della repressione delle proteste a Teheran nel 2009 e da almeno due anni a Damasco per coordinare il sostegno militare ad Assad, Hamedani è il più alto ufficiale perduto dagli ayatollah in Siria e la Press Tv iraniana ne attribuisce l’eliminazione a Isis.

"Siria, libero dopo cinque mesi padre Murad"

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Padre Murad

Celebrando la messa nella chiesa di Zaydal il prete sirio-cattolico Jacques Murad ha rivelato di essere tornato in libertà. Sono state fonti dell’arcivescovado di Homs, distante 5 km da Zaydal, a confermare che «Padre Murad è libero e si trova nel villaggio di Zaydal» a cinque mesi di distanza dal rapimento.

Erano stati tre jihadisti mascherati dello Stato Islamico (Isis) a sequestrarlo in maggio nella località di Al-Qaryatain all’indomani della cattura di Palmira. Diedero così inizio ad una campagna di intimidazioni e violenze contro la minoranza cristiana che all’inizio d’agosto ha portato al rapimento di oltre 270 civili proprio ad Al-Qaryatain, dove Isis ha anche distrutto l’antico monastero di Mar Elian di cui Murad era priore e dove ospitava spesso eventi di dialogo inter-religioso. Fonti della comunità cristiana ad Al-Qaryatain interpretarono il sequestro di Murad come una forma di pressione da parte di Isis che, in settembre, ha diffuso sul web le immagini di alcuni dei cristiani sequestrati mentre firmavano - probabilmente a Raqqa, con anche Jacques Murad presente - un atto di completa sottomissione allo Stato Islamico. Per il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi non si tratta solo di ottenere le tasse annuali di «protezione» dai cristiani di Qaryatyan ma anche di assumere il totale controllo di una località di alto valore militare perché posizionata fra l’autostrada Damasco-Aleppo e le montagne di Qalamoun che portano al Libano. Il riserbo più assoluto che circonda la liberazione di Jacques Murad porta a supporre che vi siano stati contatti fra i leader cristiani locali e lo Stato Islamico per assicurare al Califfo un controllo ferreo di Qaryatayn.

Saranno le prossime settimane a dire se la liberazione di Murad può portare ad avere maggiori informazioni su Paolo Dall’Oglio, il sacerdote scomparso nel Nord della Siria nel luglio 2013, con cui condivise l’appartenenza alla comunità monastica di Mar Musa ed ha gestito la ristrutturazione del monastero di Mar Elian nel 2000. Sullo sfondo dei rapimenti di Murad e Dall’Oglio c’è il fatto che comunità cristiana in Siria si è a lungo sentita protetta dal regime degli Assad. Non a caso ha reagito all’inizio dei raid russi con l’arcivescovo melchita Jean-Clement Jeanbart di Aleppo, secondo il quale «servono la causa cristiana» e «ridanno fiducia ai cristiani in Siria», sebbene «sappiamo che Mosca sta facendo solo i propri interessi».

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