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Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
05.10.2015 Violenza a Gerusalemme e nei Territori contesi: i commenti che informano
Analisi di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari
Titolo: «Israele verso la terza Intifada nell'indifferenza dell'Europa - Molotov e proiettili: a Gerusalemme parte la terza Intifada»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 05/10/2015, a pag. 8, con il titolo "Israele verso la terza Intifada nell'indifferenza dell'Europa", l'analisi di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 12, con il titolo "Molotov e proiettili: a Gerusalemme parte la terza Intifada", l'analisi di Maurizio Molinari.

Ecco gli articoli:

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Terroristi palestinesi a Gerusalemme

IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Israele verso la terza Intifada nell'indifferenza dell'Europa"

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Fiamma Nirenstein

L'ultimo passante israeliano attaccato da un palestinese nel nome della Moschea di Al Aqsa è stato un ragazzino di 15 anni a una stazione di benzina. Ma ogni minuto è buono per aggiornare la lista coi nomi di qualche altro sfortunato: giovane, vecchio, mamma, bambino. Dodici ore prima, sabato sera, è stata la volta di due uomini uccisi in Città Vecchia (che ieri Israele ha deciso di chiudere ai palestinesi), una donna e un bambino di due anni feriti da un certo Muhannad Halabi di 19 anni, che ha scritto su Facebook: «...è iniziata la Terza Intifada. Ciò che accade alla Moschea di Al Aqsa, accade ai luoghi sacri e al profeta Mohammed, alle nostre madri e sorelle. Il popolo non soccomberà all'umiliazione».

Sulla stessa nota giovedì sera sono stati assassinati Eitam Henkin, uno studioso dell'Università di Tel Aviv, e sua moglie Na'ama, graphic designer, tornavano (siamo in piene feste ebraiche) alla loro comunità in Samaria. È avvenuto davanti agli occhi dei loro bambini, dai 4 mesi ai 9 anni. Il bambino di 9 anni ha voluto assistere al funerale dei suoi, solo, ritto, scosso tutto il tempo dal pianto, a occhi sbarrati. Il 13 settembre Alexander Levlovitz di 64 anni ha perso il controllo dell'auto presa a pietrate ed è stato così ucciso. Il sistema delle pietre «mezzo non violento» è stato perfezionato nel tempo, i casi sono innumerevoli, gli assassini ormai corrono in auto verso chi vogliono uccidere per aumentare la velocità dei sassi e li lanciano da vicino.

Nel settembre 2011 furono uccisi insieme così, uno dei tanti esempi, Asher Palmer e il suo bambino di un anno. Dall'inizio del 2015 ci sono già stati, fra pallottole, auto che investono i passanti, pugnalati, sassi, 30 morti. Fra i casi noti la famiglia Fogel sterminata a Itamar nel 2011, padre, madre, i bambini di 3 mesi, 3 anni, 11 anni. Hanno tagliato la gola a tutti. È la Terza Intifada, come dicono molti? Il fatto è che la Seconda non è mai finita nelle motivazioni, nella forma, nell'indifferenza del mondo, nella copertura fornita dall'Autonomia Palestinese e dall'opinione pubblica occidentale. La spiegazione nazional-religiosa della rottura israeliana dello status quo circa le Moschee, è falsa. Israele non ha mostrato nessuna intenzione di cambiare gli accordi del '67, che semmai ha subito continui cambiamenti nella restrizione delle visite degli ebrei e anche dei turisti da parte delle autorita musulmane dell'Waqf.

Non si capisce perché la sovranità sulle moschee, concessa da Israele dopo la guerra dei Sei Giorni, sia diventata apartheid nei confronti degli ebrei che non entrano nelle moschee, ma si limitano a visitare il Monte su cui sorgeva il loro più importante santuario. Che poi Arafat abbia avuto la geniale trovata propagandistica di negarne l'esistenza, è solo una dimostrazione del rifiuto dei palestinesi a riconoscere il diritto di nascita del popolo ebraico. In secondo luogo, le parole di Abu Mazen («Noi benediciamo ogni goccia di sangue versata per Gerusalemme... ogni shahid raggiungerà il paradiso, la moschea di Al Aqsa è nostra, nostra la Chiesa del Santo Sepolcro, ed essi non hanno diritto di dissacrarle con i loro piedi sporchi») ricordano quelle con cui Arafat lanciò la Seconda Intifada esaltando il martirio per Gerusalemme. In realtà se le moschee sono sicure dalla barbarie iconoclasta, è perché Israele, senza nessuna pretesa se non quella, negata, di visitare la Spianata (non le moschee) le protegge.

L'eventuale Terza Intifada è identica alla prima nell'indifferenza del pubblico europeo che maschera la sua indifferenza verso gli ennesimi ebrei uccisi: i palestinesi usano il terrore a causa dell'«occupazione», tanto che i prodotti della Giudea e della Smaria saranno etichettati per evitare che il pubblico li compri. È uno scandalo conoscitivo e morale. I territori devono essere suddivisi in trattative che i palestinesi rifiutano, da Barak a Olmert a Netanyahu, e la loro eventuale consegna all'autorità palestinese deve assicurare, secondo l'Onu, le garanzie per la sicurezza di Israele. Ma di quali garanzie si può parlare mentre Hamas condanna a morte Israele e Abu Mazen incita i suoi con accuse di apartheid, di pulizia etnica, di essere il nemico numero uno dei musulmani. Gli omicidi di massa in Israele sono consentiti dallo sfondo di menzogne da cui l'Europa, come finalmente ha scritto ieri Angelo Panebianco sul Corriere, deve staccarsi dichiaratamente. La Bbc ha titolato dopo l'assassinio dei due uomini in Città Vecchia: «Un palestinese ucciso dopo che un attacco a Gerusalemme uccide due persone». Questa è la verità per la maggiore rete britannica.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Molotov e proiettili: a Gerusalemme parte la terza Intifada"

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Maurizio Molinari

Molotov contro proiettili di gomma, shabab mascherati contro guardie di frontiera, barricate in fiamme contro unità speciali. E’ battaglia nel quartiere arabo di Issawiya, a Gerusalemme Est, quando i soldati bloccano la strada centrale per raggiungere la casa di Fadi Alloun, il palestinese di 21 anni ucciso ieri mattina a Musrara dopo aver accoltellato un ragazzo ebreo di 15 anni. Per la polizia israeliana si tratta dell’ultimo attacco terrorista di un’escalation di violenze che ha causato cinque morti in due settimane ma a Issawiya accusano gli agenti di aver «ucciso un innocente solo perché scappava braccato da un gruppo di estremisti ebrei».

Le opposte versioni sulla morte di Alloun sono lo specchio dell’«inizio della Terza Intifada» come la definisce Nahum Barnea su «Yedioth Aharonot», il cui epicentro è a Gerusalemme per il braccio di ferro sulla Spianata delle Moschee - il Monte del Tempio della tradizione ebraica - che vede Hamas e Jihad islamica palestinese incitare i palestinesi a «prendere le armi» e «diventare martiri» per difendere la moschea di Al Aqsa. In un video postato su YouTube con il titolo «Lettera numero 1» la Jihad islamica mostra propri kamikaze che indossano divise israeliane e salgono su bus di linea per farsi esplodere. È la minaccia di un’offensiva feroce e il premier Benjamin Netanyahu li avverte: «Se volete la Terza Intifada avrete il secondo Scudo di Difesa» ovvero una ripetizione della massiccia operazione con cui Ariel Sharon nel 2002 stroncò la rivolta. La Città Vecchia è avvolta da uno schieramento imponente di 3500 agenti per la decisione, senza precedenti, del governo di impedire l’accesso ai palestinesi non residenti o senza documenti israeliani: la Guardia di Frontiera presidia ogni accesso e le strade del quartiere musulmano, ferma qualsiasi sospetto. L’intento è esercitare il massimo della deterrenza per impedire attacchi come quello di sabato che ha causato la morte di due uomini, riducendo una donna di 22 anni in condizioni critiche con il figlio di 2 anni ferito.

La serrata
I commercianti del suk arabo reagiscono con la serrata e le violenze si spostano fuori Gerusalemme, incendiando la West Bank. I disordini iniziano al posto di blocco di Atara, a Bir Zeit, e nel campo profughi di Al-Arub, fra Betlemme e Hebron, continuano nel campo di Jalazun nei pressi di Ramallah e a Isawiyya. A Jenin lo scontro è armato perché le unità speciali circondano la casa di Qays al-Saadi, membro delle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas, e vengono accolti con gli spari. Lanciano un missile anti-tank che distrugge l’abitazione. Almeno 18 i palestinesi feriti con gli israeliani che entrano nell’ospedale locale per arrestare Karm al-Masri, sospettato di coinvolgimento nei recenti attacchi. Battaglia anche a Surda, a Nord di Ramallah, dove c’è la casa di Mohannad Hallabi, il 19enne “martire” della Jihad islamica autore del duplice omicidio di sabato nella Città Vecchia. Sparano i soldati e sparano i palestinesi, con una folla di “shabab” che accorre alla casa di Halabi per ostacolare in ogni modo i militari. È la stessa strada di Surba dove, sabato notte, alcuni palestinesi hanno ballato per gioire dell’assassinio di Nehemia Lavie e Aharon Benita, 41 e 21 anni.

Bombe incendiarie
I palestinesi combattono con le bombe incendiarie: colpita una jeep a Halhul e una postazione militare a Bayt Umar. A Betlemme un soldato israeliano viene ferito. Fonti palestinesi parlano di «almeno 77 feriti da proiettili israeliani, veri o di gomma» al termine di una giornata di battaglia che vede «una dozzina di ambulanze della Mezzaluna Rossa aggredite e il personale malmenato». Ramallah parla di «provocazioni ed attacchi dei coloni a Nablus, Hebron e Ramallah» con il fatto più grave avvenuto a Buris dove «estremisti provenienti da Yizhar e Bracha hanno incendiato i campi dei villaggi arabi». Saed Erakat, segretario generale dell’Olp e braccio destro del presidente Abu Mazen, tuona da Radio Palestina: «Vogliono più sangue palestinese, ci difenderemo». Abu Mazen torna da New York accolto da ali di folla, imputa a Israele «l’escalation» e promette «nuove politiche per difenderci». Per Nafatali Bennett, leader dell’ala destra del governo israeliano, è la conferma che «Abu Mazen vuole la violenza, non lo Stato» tantopiù che «non ha condannato gli ultimi attentati». Netanyahu riunisce i consiglieri per la sicurezza, vara l’aumento delle demolizioni di case di chi compie attentati e preannuncia: «Guerra totale contro il terrorismo».

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