Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/10/2015, a pag. 21, con il titolo "Sangue nei Territori: uccisi due israeliani, illesi i bambini in auto", la cronaca e commento di Fabio Scuto.
Decente la ricostruzione di Fabio Scuto, anche se, a un certo punto dell'articolo, scrive, a proposito degli ultimi mesi di tensioni e attentati: "è stato un continuo crescendo di incidenti, scontri, vendette, che non hanno risparmiato nemmeno i luoghi di culto con Chiese e scuole date alle fiamme dagli estremisti ebrei e la reazione dei palestinesi". In questo modo il terrorismo palestinese viene inteso come una reazione ad alcuni isolati episodi in cui sono stati protagonisti estremisti ebrei che vivono in West Bank, e viene quindi travisata la realtà. Con queste righe annulla la correttezza precedente.
Ecco l'articolo:
Fabio Scuto
Le vittime dell'attentato
È stata un’esecuzione. Un agguato come quelli che accadono a Gerusalemme ogni notte con le auto israeliane prese a pietrate. Ma stavolta al posto delle pietre c’erano pallottole vere. Quelle che hanno traforato come niente la carrozzeria anteriore della berlina bianca, decine di colpi che hanno spazzato via la vita di una giovane coppia israeliana di trent’anni, ma che hanno miracolosamente evitato i loro quattro figli seduti sul sedile posteriore: un bimbo di 4 mesi e i suoi tre fratelli di 4, 7 e 9 anni. La loro auto percorreva la strada che congiunge le due colonie di Alon Moreh e Itamar, poco a est di Nablus, la città più popolosa della Cisgiordania. Una strada giudicata una “roulette russa” specie con il buio, nei mesi scorsi ci sono stati altri agguati e sparatorie. La dinamica dell’attacco non è chiara nemmeno ai soldati dell’Esercito israeliano accorsi immediatamente sul posto da un vicino check-point.
L'automobile degli israeliani uccisi
L’auto delle vittime potrebbe essere stata affiancata da un’altra dalla quale è stato aperto il fuoco, oppure il killer palestinese era nascosto ai bordi della carreggiata. Ipotesi forse più probabile visto che i primi soccorritori e i militari accorsi sono stati accolti da raffiche di mitragliatore. «È stato uno spettacolo molto duro», ha raccontato ieri notte Boaz Malka, un paramedico accorso sul posto, alla tv Channel 2. «Abbiamo visto una macchina in mezzo alla strada con un uomo sulla trentina accanto con ferite in tutta la parte superiore del corpo, e una donna sulla trentina all’interno della vettura, anche lei gravemente ferita al petto. Erano senza segni di vita ». Tutta l’area dell’agguato è divenuta immediatamente zona militare chiusa. Esercito e polizia hanno lanciato una gigantesca caccia all’uomo, perquisito l’intero villaggio palestinese di Beit Furik che si trova non distante dal luogo dell’agguato. Nessuna rivendicazione dell’attacco, ma Hamas ha voluto subito «complimentarsi» con gli autori del gesto.
Il luogo
È dall’inizio dell’estate che la tensione non cessa di salire in tutto Israele e nella Cisgiordania occupata. Dopo la morte del neonato palestinese, arso vivo con la sua famiglia in agosto, è stato un continuo crescendo di incidenti, scontri, vendette, che non hanno risparmiato nemmeno i luoghi di culto con Chiese e scuole date alle fiamme dagli estremisti ebrei e la reazione dei palestinesi. Con le sassaiole contro le auto, i mezzi pubblici, i bus sulle strade, le molotov.
Una rabbia alimentata dalla frustrazione, dalle condizioni di vita, dalla perdita di ogni speranza in una soluzione negoziale della crisi. Le tensioni e gli incidenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est sono man mano cresciuti di intensità durante questi giorni di celebrazioni sia delle feste ebraiche e che di quelle islamiche. Tensioni culminate con gli scontri ricorrenti sulla Spianata delle Moschee – che sovrasta il Muro del Pianto – fra polizia israeliana e palestinesi, per le continue visite di fedeli ebrei giudicate «una provocazione» che vìola lo status quo del Luogo Santo.
Ogni notte i sei quartieri arabi di Gerusalemme sono teatro di scontri, tafferugli, sassaiole. L’odore dei cassonetti incendiati spande miasmi su gran parte della città, le colonne militari con i lampeggianti blu si spostano rapidamente da una collina all’altra per fronteggiare gli shebab, i ragazzini che lanciano le pietre. Altri si appostano sui ponti lungo le grandi arterie stradali e bersagliano le auto con le pietre nel tentativo di mandarle fuori strada. E’ l’Urban Intifada. Duecento gli arrestati solo a Gerusalemme negli ultimi dieci giorni, cento sono minorenni, dieci hanno meno di 12 anni.
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