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Israele, gli ebrei e i rifugiati nell’Europa in crisi Commento di Manfred Gerstenfeld (Traduzione di Angelo Pezzana) Quando l’Europa deve affrontare situazioni di crisi sono molti gli aspetti che coinvolgono Israele e gli ebrei. Le crisi in Ukraina e in Grecia ne sono un esempio. Di particolare importanza la crisi che ha colpito l’Europa a causa dei rifugiati, dovuta soprattutto al loro forte numero e alla profonda differenza culturale, diversità di costumi e all’influenza che stanno esercitando sui paesi dell’Unione europea. Ci sono alcuni aspetti chiave che riguardano Israele e gli ebrei, che vanno esaminati con particolare attenzione, vista la cattiva gestione di questa crisi da parte della UE, che ha espresso una forma di imperialismo morale, specialmente per quanto riguarda Israele, con reiterati giudizi negativi, atteggiandosi a prepotente arbitro morale, giudice e giuria, anche se Israele raramente osa dirlo ad alta voce.Nella crisi dei rifugiati il fallimento della UE è più che mai visibile, dimostrato da una mancanza di lungimiranza insieme a a incompetenza morale e organizzativa. Vi sono oggi quattro milioni di rifugiati siriani in Giordania, Libano, Turchia e Iraq. La UE avrebbe dovuto prevedere da tempo che una parte di questi rifugiati avrebbero cercato di abbandonare il paese. La maggior parte dei rifugiati che cercano di entrare in Europa vengono dalla Siria, ma non soltanto. La Finlandia, ad esempio, è la destinazione di arrivo per molti di provenienza irachena. Circa 2.500 migranti sono morti annegati nel mediterraneo. Nelle scorse settimane alcuni paesi europei hanno chiuso i propri confini, malgrado gli accordi di Schengen. L’Ungheria ha costruito un muro al confine con la Serbia e ne sta costruendo uno con la Croazia. Ha anche annunciato che ne costruirà un altro che separerà una parte del confine con la Romania. I rifugiati hanno accusato gli ungheresi di trattarli come bestie. Spesso i migranti si vengono a trovare intrappolati fra le reti di due confini. In Germania e in Svizzera, le strutture costruite per i rifugiati sono state date alle fiamme. La popolazione europea si può classificare in tre gruppi. Israele dovrà sviluppare un approccio differente per ognuno, e i nostri leader farebbero bene a pensarci il più presto possibile. I partiti anti-islam sono il secondo elemento. Il partito Anti-Immigrati svizzero è ormai il primo partito nel parlamento. In Francia i sondaggi rivelano che al primo turno delle elezioni presidenziali la leader del Fronte Nazionale Marine Le Pen sarà la più votata, mentre il presidente socialista François Hollande non arriverà al turno finale. La decisione della Cancelliera Angela Merkel di accettare sempre più rifugiati è un sostegno indiretto alla promozione del fascismo. Un sondaggio di metà settembre dava al partito neo-fascista Jobbik il 26% contro il 20,5% ottenuto alle elezioni parlamentari del 2014. In questa situazione, le pretese occidentali per una nuova Europa rischiano di essere una nuova utopia come la Primavera Araba di qualche anno fa. Per gli ebrei europei, spesso il primo obiettivo dei terroristi musulmani, i problemi sono più seri. Anche se la presenza di assassini o di volontari dell’Isis fra gli immigranti presenta ulteriori problemi, la minaccia agli ebrei europei è la più evidente. In più, fra i musulmani in arrivo, sicuramente anti-semiti, non solo fra estremisti e razzisti che prendono alla lettera il Corano, clonsiderano come bestie gli ebrei. Questo contribuirà a far crescere il numero di musulmani anti-semiti. Preoccuperebbe di meno se la percentuale dei nuovi immigrati musulmani fosse più bassa di quella dei già residenti nel paese di accoglienza. Un terzo aspetto è rappresentato dalle piccole comunità ebraiche nei diversi paesi :sono libere di esprimersi in modo indipendente sul tema rifugiati ? C’è un forte dibattito all’interno della Comunità Ebraica austriaca, dopo che la dirigenza della comunità ha deciso di sostenere finanziariamente la Ong cattolica Caritas, notoriamente anti-israeliana. L’Unione Europea ebbe origine con il Mercato Comune, un lodevole obiettivo che ebbe successo. Ma alcune decisioni di base prese in quegli anni si rsono rivelate un fallimento. Una di queste è il rimanere dipendenti della forza militare Usa malgrado la relativa ricchezza europea. Peggio ancora sono quei politici europei che visitano l’Iran – che minaccia di genocidio Israele – per promuovere affari. Sarebbe opportuno che il Centro Simon Wiesenthal considerasse l’inclusione quest’anno dell’Unione Europea nell’elenco dei maggiori responsabili della diffamazione di Israele.
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