Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/09/2015, a pag. 1-2, con il titolo "Faccia a faccia Obama-Putin, intesa sui negoziati di pace", cronaca e analisi di Maurizio Molinari, Paolo Mastrolilli.
Maurizio Molinari, Paolo Mastrolilli
Vladimir Putin con Barack Obama ieri al Palazzo di Vetro
Il presidente russo Putin non esclude di unirsi ai raid anti Isis, dopo il vertice di ieri col collega americano Obama. È la prima indiscrezione pubblicata dall’agenzia AP, dopo l’incontro. Il ghiaccio è stato rotto poco dopo le cinque del pomeriggio. Accompagnati da un numero inusuale di guardie del corpo, Obama e Putin sono entrati in una piccola stanza del Palazzo di Vetro con due bandiere dei rispettivi Paesi, per una breve stretta di mano.
Poco prima avevano fatto un brindisi altrettanto gelido, durante il pranzo offerto dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. L’incontro, il primo dopo due anni, è durato un’ora e mezza, dalle 17,06 alle 18,40, molto più del previsto, e con sviluppi inattesi. Se confermata, la svolta di Putin potrebbe cambiare l’evoluzione del conflitto in Siria e degli attriti recenti con gli Stati Uniti.
Allo stesso tavolo
Nella mattinata il Cremlino aveva svelato la creazione di un Gruppo di Contatto sulla Siria con la partecipazione delle maggiori potenze del Medio Oriente, proprio nel giorno in cui a New York Vladimir Putin e Barack Obama avevano ribadito dal podio del Palazzo di Vetro dell’Onu il marcato dissenso sulla sorte del Raiss di Damasco, Bashar Assad.
Da Mosca è stato Mikhail Bodganov, inviato speciale russo in Medio Oriente, ad alzare il velo sulla mossa diplomatica in arrivo. «Si prevede che Russia e Stati Uniti prenderanno parte in ottobre a negoziati di pace sulla Siria assieme a Iran, Arabia Saudita, Turchia ed Egitto», aveva fatto sapere all’agenzia «Ria Novosty», sottolineando che «questi sono i Paesi partecipanti» e «vogliamo che i colloqui inizino il più presto possibile».
Bodganov ha il grado di vice ministro degli Esteri, è un veterano della diplomazia russa in Medio Oriente (parla arabo ed ebraico) ed è il regista, a fianco del ministro Sergei Lavrov, di un’iniziativa che punta a far sedere attorno ad un tavolo, assieme a Russia e Usa, le potenze regionali protettrici dei principali attori della guerra civile siriana: l’Iran sciita alleato di Assad, assieme a Arabia Saudita, Turchia ed Egitto che sostengono i ribelli sunniti.
«Non abbiamo ancora deciso a che livello sarà il Gruppo di Contatto - ha aggiunto Bogdanov - ma credo che saranno livelli multipli» ovvero «esperti, viceministri e ministri se necessario». Gli incontri inizieranno dopo la formazione di «quattro gruppi di lavoro sulla Siria a Ginevra» con la collaborazione dell’inviato Onu sulla Siria, Staffan de Mistura «il cui ruolo è molto importante», ha sottolineato Bogdanov.
Fra i Paesi citati spicca l’assenza degli europei - come singoli o Ue - ma fonti diplomatiche arabe non escludono «inviti ad altri Paesi». Ieri sera, infatti, i ministri degli Esteri dell’Unione si sono riuniti con de Mistura, per discutere fra le altre cose la proposta di replicare con la Siria un negoziato basato sul format 5+1, che ha avuto successo con l’Iran per il programma nucleare.
La strategia di Mosca
Ciò che conta per il Cremlino è creare un tavolo con le potenze regionali del Medio Oriente: non a caso l’annuncio di Bogdanov è avvenuto 36 ore dopo la telefonata di Putin al re saudita Salman e precedeva le parole pronunciate dal presidente russo all’Onu sulla necessità di «lavorare con i Paesi musulmani per sconfiggere il terrorismo dello Stato Islamico».
L’intervento di Putin illustra l’approccio strategico della Russia che propone «un’ampia coalizione contro lo Stato Islamico» paragonando i jihadisti del Califfo Abu Bakr al Baghdadi ai nazisti, invocando il precedente del Patto di Yalta del 1944 - che divise l’Europa post-bellica in sfere di influenza di Usa e Urss - come «esempio di garanzia di stabilità» ad un Medio Oriente in preda alle guerre. Il disaccordo con la Casa Bianca sul Raiss di Damasco resta intatto. Per Putin «bisogna sostenere Assad per combattere il terrorismo di Isis» mentre Obama rigetta la logica di «aiutare tiranni come Assad che massacrano civili innocenti perché l’alternativa sarebbe peggiore». È la riaffermazione, eclatante, di una divergenza strategica che però non impedisce a Obama di dire: «Siamo pronti a lavorare con Russia e Iran sulla Siria». Aprendo di fatto al Gruppo di Contatto. Anche i Paesi nominati da Bogdanov iniziano a ribadire le posizioni di partenza, come avviene alla vigilia di una trattativa.
«È un errore indebolire Assad» afferma il presidente iraniano Hassan Rouhani mentre il premier turco Ahmet Davutoglu ribadisce l’opposto: «Siamo convinti che con Assad al potere durante la transizione prevarrebbe lo status quo e ciò è inaccettabile». A poco più di venti giorni dall’inizio del ponte aereo verso Latakia per sostenere il regime, e con poco più di mille Marines nelle basi alawite, il Cremlino sfrutta l’intervento come trampolino per un’iniziativa politica tesa a comporre la guerra civile, ritagliandosi un ruolo di leadership regionale.
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