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L'ipocrisia e l'incitamento Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici, come sapete da tempo si è riacceso il microterrorismo quotidiano, focalizzandosi intorno a Gerusalemme e al Monte del Tempio. I palestinisti negano che il luogo centrale della vita ebraica, quello su cui è stato costruito il Tempio di Salomone e il Secondo Tempio, quello dove anche il Vangelo ci racconta le visite di Gesù, abbia alcun rapporto con l'ebraismo. Lo fanno contro un'immensa documentazione storica e archeologica e contro ogni evidenza anche della loro tradizione (guardate qui un esempio molto interessante del riconoscimento del carattere ebraico del luogo, fatto da consiglio supremo islamico di Gerusalemme nel 1925: http://www.israelandstuff.com/supreme-moslem-council-in-1925-jerusalems-temple-mount-is-jewish). Lo fanno però oggi soprattutto con la violenza: con sassi, con le bombe molotov, con gli scontri con la polizia vogliono a ogni costo impedire che gli ebrei salgano al Monte come fanno da trenta secoli durante le feste e in particolare durante quella di Sukkot che sta per arrivare: una delle tre feste di pellegrinaggio dove è prescritta già dalla Bibbia l'ascensione al Tempio e per cui sono stati scritti i cosiddetti “salmi di ascesa” o “dei gradini”. Vi ho già parlato di come questi disordini lascino molti dubbi sulla libertà religiosa che l'Autorità Palestinese (come già fece la Giordania nel '49, senza affatto mantenerlo) intenda difendere a Gerusalemme, se riuscisse a impadronirsene. Oggi voglio però sottolineare un altro aspetto della questione, le reazioni internazionali. Ci sono state grande proteste della Giordania, che mantiene una supervisione della fondazione religiosa, il “Waqf”, incaricato di amministrare la moschea costruita al tempo dell'invasione araba di Gerusalemme, esattamente nel 705 (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200865). Il re Abdullah ha interamente sposato la propaganda palestinista nelle sue dichiarazioni e ha addirittura minacciato di “prendere provvedimenti”. Qualcosa del genere ha fatto anche il presidente egiziano Al Sissi: ha condannato duramente le “violazioni” israeliane dello statuto della spianata delle Moschee, espresso solidarietà a Waqf (http://www.afp.com/en/news/sisi-condemns-violations-jerusalems-al-aqsa-mosque/). Si è spinto addirittura fino al punto di consigliare a Hamas di non cadere nelle provocazioni israeliane, dopo che dalla Striscia sono partiti missili diretti contro le città israeliane del sud e naturalmente Israele ha reagito. Lo stesso è accaduto con l'Arabia Saudita. Perfetta solidarietà araba, non credete. Il punto è che non è vero. La Giordania non ha mai accordato diritti ai rifugiati arabi dal territorio israeliano o da Gaza (http://www.maannews.com/Content.aspx?id=767671), non vuole sapere di ospitarne di più (http://it.gatestoneinstitute.org/6508/giordania-palestinesi), quando hanno provato a imporsi sullo stato li ha (giustamente) repressi nel sangue del famoso “settembre nero”. I rapporti fra stato giordano e stato israeliano sono ottimi, anzi di più, la Giordania potrebbe sopravvivere pochissimo senza l'appoggio di Israele, che per esempio ha venduto di recente ad Amman droni avanzati (http://www.i24news.tv/en/news/international/82398-150817-israel-to-supply-jordan-with-drones-to-help-fight-islamic-state-report) e le ha addirittura regalato un certo numero di elicotteri (http://www.reuters.com/article/2015/07/23/mideast-crisis-israel-jordan-idUSL8N0ZO15120150723) per poter resistere più efficacemente alla minaccia dello stato islamico. Quanto ai rapporti fra Egitto e Gaza, basti dire che finalmente negli ultimi giorni l'esercito egiziano sembra aver trovato la soluzione drastica per i tunnel con cui Hamas contrabbanda armi per sé e merci varie su cui prende il pizzo. Con il pretesto un po' comico di costruire al confine degli allevamenti ittici nel deserto (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4696275,00.html), l'Egitto ha pompato immense quantità di acqua marina in vasche scavate sopra la zona dei tunnel, sommergendoli completamente (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200153). Altro che “provocazioni”... L'Egitto del resto si coordina con Israele rispetto alla lotta allo Stato Islamico e agli altri terroristi come Hamas, oltre che all'opposizione all'Iran. Lo stesso fa l'Arabia Saudita, che sembra aver assicurato addirittura a Israele un passaggio nel suo spazio aereo se si arrivasse a un'azione militare per impedire l'armamento atomico degli ayatollah. E' la solita ipocrisia araba, mi direte, la taqyia islamica per cui è virtù politica e religiosa dire una cosa e farne un'altra ed è ingenuo chi ci casca: per esempio spesso gli americani; gli israeliani non si impressionano affatto per così poco. Verissimo. E non mi impressiono neanch'io. E però questi discorsi qualcosa vogliono dire, anche se non li prendiamo come la volontà autentica dei governanti mediorientali. La prima cosa è che per governi in crisi di legittimità la carta antisraeliana va sempre bene, anzi è obbligatoria comunque. E' una retorica che non si può evitare di spendere, perché la piazza non sopporterebbe di sentirsi dire anche in un solo caso che Israele ha ragione e i suoi oppositori hanno torto. La seconda cosa è che anche comunicati così poco convincenti aggiungono una pietruzza alla grande montagna dell'odio arabo per Israele e gli ebrei. Noi leggiamo l'ipocrisia, magari la distingue anche il lettore arabo non troppo ignorante (ma vede come una colpa dei governanti il fatto di avere degli accordi operativi con Israele). Ma al di là di questo c'è l'incitamento, incessante dalla fondazione dello Stato di Israele a odiarlo, secondo una tradizione di odio per gli ebrei (e i cristiani) che al di là delle belle parole (ipocrite anche queste) sulla pace, risale ininterrottamente fino a Maometto. Con la Giordania, l'Egitto e gli altri paesi arabi ci possono essere accordi anche importanti e trattati di pace rispettati da decenni e azioni comuni. Ma non ci sarà pace vera fino a che non si incomincerà a rompere questa tattica dell'ipocrisia, a smentire i discorsi di odio, a smontare la montagna dell'incitamento. E per questo non si vede alcuno spiraglio.
PS: Questa sera al tramonto ha inizio Yom hakippurim, giorno delle espiazioni, il momento più solenne del ciclo liturgico ebraico. Che questa giornata culminante sia dedicata non alla commemorazione di qualche momento storico o religioso, ma all'autoesame collettivo di errori e manchevolezze nei confronti del prossimo e della divinità, dice molte cose sull'identità ebraica e sul rapporto che essa concepisce fra etica e vita collettiva. In questo nesso sta il cuore di ciò che impropriamente si chiama religione ebraica e che è molto più di una religione, è una forma di vita, un modo di vedere se stessi e il mondo, un'identità collettiva. A tutti i miei lettori che seguono il digiuno e il cammino di coscienza che lo accompagna auguro che questo esame sia profondo e produttivo e porti a quel cambiamento che la tradizione definisce “iscrizione” (nel libro della vita) e “suggello” di questa condizione. Gmar chatimà tovà http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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