Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/09/2015, a pag.9, con il titolo " Lo Stato islamico minaccia i musulmani 'non andate nelle terre degli infedeli' ", l'analisi di Maurizio Molinari sulla poltica dello Stato Islamico nei confronti dei migranti.
In questi anni non ci è mai successo di essere d'accordo con lo Stato Islamico, oggi, per la prima volta, lo siamo. E' vero, siamo degli infedeli, vivere nelle nostre società moderne, laiche, potrebbe indurre qualche rifugiato musulmano a trovare interessante l'uscita dalla sottomissione islamica per entrare a far parte di un mondo che separa religione e Stato. Facciamo quindi i nostri auguri affinchè il messaggio venga recepito e seguìto. Ciò non toglie che, nel frattempo, la guerra all'Isis si faccia davvero. E insieme all'Isis ai Fratelli Musulmani, al centro di tutto il terrorismo islamico, la base ideologica dell'invasione in arrivo nel vecchio continente. Vecchio ma ancora vitale, se lo si paragona ad un futuro dominato dall'islam.
Ecco il pezzo:
Maurizio Molinari
Non andate nelle terre degli infedeli, cadrete nelle trappole dei Crociati: lo Stato Islamico si affida ad una campagna di video postati online per tentare di frenare la fuga di masse di musulmani dalle «terre del nostro Califfato» verso l'Europa. Immagini e messaggi si articolano in proclami letti da miliziani jihadssti - in abiti tribali che evocano Siria, Iraq, Arabia Saudita e Yemen - sull'invito a «restare nella Casa dell'Islam», sovrapposti a frasi del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi sugli «inganni degli infedeli», il tutto arricchito da fotografie di profughi disperati sui gommoni nel Mediterraneo e interviste ad abitanti di Raqqa sulla «vita tranquilla e sicura» nella capitale dello Stato Islamico.
I campi dell'abbandono
In un caso Isis sfrutta immagini scattate dalla Marina Militare italiane in cui si vedono barconi di migranti avvicinati da una nostra nave. Nel video diffuso dalla «Provincia di Al Khair», una regione saudita, si vede un jihadista spiegare che «è un dovere di tutti i musulmani vivere nella Casa nell'Islam e abbandonare la terra degli Infedeli» contrapponendo i «campi dell'abbandono» dove i rifugiati «vengono rinchiusi» alla «vita con dignità» possibile nelle strade di Raqqa. Un altro miliziano jihadista spiega che «le ong che aiutano i migranti a raggiunge l'Europa sono parte di una campagna di inganni per la cristianizzazione dei musulmani» sottolineando come «chi muore affogando mentre va dai Crociati non diventa un martire come coloro che cadono combattendo per lo Stato Islamico».
Le azioni proibite
Nel video postato dalla Provincia di Hadramout, in Sud Yemen, il jihadista di Isis approfondisce la motivazione religiosa della condanna dei migranti: «Si rendono colpevoli di Haram», un'azione proibita, perché «il dovere dei musulmani è compiere l'hijra muovendosi dalla Casa della Guerra alla Casa dell'Islam» come fanno i volontari stranieri che scelgono di andare a combattere per il Califfo. «Finirete in Paesi dove è impossibile coprirsi con il velo, nelle mani di trafficanti di uomini, non avrete nè dignità nè sicurezza» aggiunge il video, concludendo che «è meglio restare nello Stato Islamico».
Le paure di curdi e iracheni
Il timore del Califfo dunque è che la migrazione di massa verso l'Europa delegittimi il suo progetto panislamico ma a lanciare appelli contro la fuga di massa sono anche gli acerrimi nemici di Isis. E il caso del partito curdo siriano Ypg che nelle regioni sotto il suo controllo mobilita sindaci e miliziani per impedire ai civili di partire. In un appello pubblico chiede di «non consentire cambi demografici favorendo gli arabi». E nel piccolo centro di Efrin i guerriglieri del Ypg impediscono agli abitanti di uscire dal perimetro urbano, temendone la fuga verso l'Europa.
I partiti curdi in Iraq e Turchia appoggiano questa campagna dell'Ypg e il Consiglio nazione curdo ha organizzato nella provincia siriana di Hasakah manifestazioni di piazza contro «l'esodo dei traditori» nei giorni seguenti alla morte dei piccolo Aylan mentre tentava di raggiungere la Grecia. Anche le «Forze di mobilitazione popolare» irachene sono feroci avversarie di Isis, rappresentando a Baghdad una delle milizie sciite più aggressive, e il messaggio è identico sebbene con motivazioni opposte.
In questo caso la campagna è anzitutto sui social network cavalcando il motto «Non me ne vado» per sostenere che «il nostro dovere di iracheni è liberare la nazione dalle grinfie dei terroristi di Isis» mentre fuggendo «si aiuta il piano del nemico». Anche in questo caso vengono postate le immagini di barconi e naufragi nel Mediterraneo: il fine è sostenere tesi patriottiche come «Siamo nati, viviamo e moriremo per il nostro Iraq» avvalorando il tutto con emblemi del governo di Baghdad, guidato dagli sciiti.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante