Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 17/09/2015, con il titolo "L'eccidio-fantasma nella Beirut in rivolta", il commento di Elisabetta Reguitti.
L'articolo di Elisabetta Reguitti trasuda della solita retorica per cui gli unici arabi che interessano sono quelli della cui morte si può, a torto, incolpare Israele. Tutti gli altri, non interessano a nessuno. L'articolo non giunge ad attribuire a Israele il massacro - ci mancherebbe! - ma non descrive le dinamiche che a esso hanno condotto. L'attacco da parte dei falangisti cristiani maroniti libanesi a Sabra e Shatila è stato una risposta all'assassinio, da parte dei terroristi palestinesi, del leader cristiano Bashir Jemayel, e va contestualizzato nell'ambito della guerra civile libanese, che ha visto massacri da ogni parte (tutti totalmente ignorati a parte questo, perché, come detto, si accusa in molti casi falsamente Israele di esserne stata responsabile).
Reguitti riporta inoltre le parole di Robert Fisk, tra i corrispondenti in Medio Oriente più schierati contro Israele. Ci manca solo il ricordo delle parole dell'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini nel Discorso di Capodanno del 1982: “Io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Sabra e Chatila. È una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quell’orrendo massacro. Il responsabile dell’orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. È un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società”. Affermazioni vergognose e bugiarde che faremmo bene a ricordare. Pertini, a reti unificate, con un bambino palestinese, sopravvissuto a Sabra e Shatila, sulle ginocchia, una esibizione di quanto la propaganda anti-Israele era arrivata ai piani più alti dello Stato italiano.
Ecco l'articolo:
Il corteo comincia a sfilare alle 5 del pomeriggio dal cuore del campo profughi di Shatila, ma bastano poche centinaia di passi per attraversare il chilometro quadrato in cui sono stipate oltre 25mila persone. Un uomo dal viso scavato tiene le braccia dietro la schiena, scruta le foto appese su un drappo nero: cadaveri, corpi straziati, seminudi. Soccorritori, fosse di corpi e immagini di uomini prima che il massacro li trasformasse in carne lacerata. Un inferno durato giorni.
L'uomo racconta dello sterminio della famiglia mentre una donna regge l'immagine di quel giorno. Uno scatto che la ritrae nell'urlo di disperazione accanto ai corpi dilaniati delle 5 figlie: un dolore tanto grande d'averle rubato la ragione. Nascosto dietro alcuni banchi di merce compare uno spiazzo recintato chiuso da un cancello di ferro, dove confluisce chi ha deciso di commemorare il lutto collettivo di cui a tutt'oggi non sono stati ancora accertati mandanti e responsabili.
Un manifesto dei cristiani maroniti libanesi raffigura Bashir Jemayel
AI LIBANESI SHATILA non interessa. Né ciò che è accaduto prima tanto meno ciò che succede ora. Anche al resto del mondo però non interessa più ricordare l'eccidio per il quale è stato persino difficile stabilire il numero dei morti (tra le 1.500 e le 3.000 persone) oltre che il momento esatto in cui ebbe inizio. Il 16 settembre 1982 le truppe falangiste libanesi perpetrarono il massacro senza che l'esercito israeliano intervenisse nonostante, dopo la partenza delle forze internazionali, avesse il mandato di preservare la sicurezza in Libano. Al microfono si alternano i diversi leader del campo profughi con gli stendardi issati dietro loro per distinguere le numerose e frammentate fazioni del campo. Di fronte giace una lapide commemorativa sulla quale vengono posate corone di fiori bianchi e gialli mentre sul prato d'erba bruciata dal sole viene srotolata una grande bandiera della Palestina, sorretta agli angoli e fatta ondeggiare mentre sotto di essa si rincorrono i bambini: per loro oggi è solo un gioco. Gli adulti però sono certi che domani saranno loro a non permettere che l'oblio cancelli la memoria di un passato, neppure raccontato sui libri di scuola.
S.Pertini
Robert Fisk, decano dei corrispondenti mediorientali, del suo ingresso tra l'orrore scrive: "Ciò che trovammo nel campo di Shatila alle 10 di mattina del 18 settembre 1982 non era indescrivibile, ma sarebbe stato più facile da raccontare nella fredda prosa scientifica di un esame medico". L'ingresso dei miliziani cristiani maroniti sotto la pioggia luminosa dei razzi che cadono lenti, è stato riprodotto in maniera efficacissima nel film d'animazione dell'israeliano Ari Folman Valzer con Bashir.
Robert Fisk
Oggi i cronisti compiono il loro rituale di interviste, "ogni anno fate la stessa cosa e non è cambiato niente per noi che siamo ancora qua", urla un uomo rivolgendosi agli organizzatori della manifestazione. Viene allontanato e dicono che sia ubriaco, ma per questa gente davvero nulla è cambiato.
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