Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 16/09/2015, a pag. 16, con il titolo "Dalla Terra Santa linfa per l'Europa", la cronaca di Mimmo Muolo.
Avvenire, come da tradizione, per non citare neppure il nome "Israele" preferisce scrivere di "Terra Santa" (e, naturalmente, di "Palestina"). Eppure, persino il Vaticano ha ormai riconosciuto lo Stato di Israele, anche se è stato l'ultimo Paese a farlo in Europa, nel 1993.
Mimmo Muolo, inviato appunto in "Terra Santa", riporta le parole indegne del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal: «Venendo qui avete visto il muro. Preghiamo che cadano tutti i muri anche in Europa» e «Nessuno ha il diritto di essere indifferente alla sofferenza dei cristiani di Terra Santa». A Twal sfugge però che le comunità cristiane in Israele sono in forte sviluppo demografico, economico e culturale, e sono sempre più inserite nel vibrante tessuto sociale dello Stato ebraico. Perciò parlare di sofferenza per i cristiani israeliani, che godono di un'istruzione e di un reddito medio superiore alla media del Paese, è quantomeno inappropriato. Ma, lo sappiamo bene, anche le più becere menzogne si prestano al gioco della propaganda di cui Twal è maestro da sempre.
Su Abu Mazen, infine, Muolo non trova di meglio che scrivere: "Netto il rifiuto, da parte del presidente, di ogni fondamentalismo religioso". Un commento che sembra ironico, visto che in più occasioni Abu Mazen ha incitato alla violenza contro Israele.
Ecco l'articolo:
In fila, come semplici pellegrini, i volti atteggiati a un profondo raccoglimento, i presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa si inchinano per entrare nello stretto passaggio che conduce al Santo Sepolcro. Una preghiera silenziosa e personale che diverrà corale di lì a poco, quando si ritroveranno in una cappella attigua per la recita del vespro. «Abbiamo una notizia più grande e decisiva da proclamare al mondo moderno», dice il cardinale Angelo Bagnasco, al momento dell’omelia. La notizia delle risurrezione di Cristo che ognuno ha potuto contemplare in quella tomba vuota e che bisogna annunciare sempre e di nuovo all’«uomo moderno». Un uomo, sottolinea il presidente della Cei e vicepresidente del Ccee, «indifferente e alle volte ostile, che vive di illusioni e di paure. E ciò non può non commuovere il nostro cuore di pastori». Quella buona notizia, aggiunge il porporato, è come «una lettera cominciata qui, in questa terra martoriata e benedetta», che «porta la storia, la fede, il martirio, la gioia dei secoli e dei millenni». Perciò bisogna trasmetterla «al mondo che, senza saperlo, la desidera e l’attende».
Il cardinale Angelo Bagnasco
È questo, in effetti, uno dei motivi che ha spinto i membri del Ccee a scrivere un Messaggio all’Europa. Il testo verrà reso noto oggi a conclusione di un’assemblea che è stata anche un pellegrinaggio in Terra Santa. «Siamo venuti dall’Europa – aveva detto martedì sera il cardinale presidente Peter Erdö – per imparare, per incontrare la fede dei fratelli e per rinforzare i legami della comunione tra di noi». «Dobbiamo anche esprimere – aveva aggiunto – la nostra piena solidarietà con i cristiani che sono oppressi e perseguitati in qualsiasi parte del Medio Oriente e del mondo intero». «La piena libertà religiosa è il pilastro centrale dei diritti umani».
Tutti temi che, insieme con la questione dell’immigrazione e le derive etiche del vecchio continente, troveranno spazio nel Messaggio odierno. Ieri intanto Bagnasco ha anticipato: «Il pensiero unico – individualista e liberista che noi sperimentiamo in Europa – impone di pensare che il male assoluto è la morte corporale, tanto che si cerca in ogni modo di emarginarla dall’orizzonte esistenziale, o di abbellirla, o di deciderla per sé – ed ecco il suicidio assistito e l’eutanasia e tanto altro – quasi per affermare illusoriamente il proprio dominio su di lei». «Ma la fede cristiana ci rivela che il vero male è la morte della vita spirituale, l’allontanarsi dalla sorgente della vita che è il Signore». Ecco dunque il senso del pellegrinaggio di questi giorni. Riavvicinarsi alla sorgente.
Fouad Twal
Anche la penultima giornata assembleare, infatti, è stata vissuta in quest’ottica. Segnata oltre che dai lavori in aula, dalla visita a Betlemme con la Messa celebrata nella Basilica di Santa Caterina, attigua alla Natività («Venendo qui avete visto il muro. Preghiamo che cadano tutti i muri anche in Europa», ha detto nell’omelia il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che ha aggiunto: «Nessuno ha il diritto di essere indifferente alla sofferenza dei cristiani di Terra Santa»). A mezzogiorno l’incontro di una delegazione con il presidente palestinese Abu Mazen. Una visita che precede di 24 ore quella odierna al presidente israeliano, Reuvén Rivlin. «Auguriamo di cuore all’intero popolo palestinese – ha detto Erdö nel suo saluto – di poter sviluppare le proprie forze creative in viva collaborazione con i popoli d’Europa. Preghiamo per la pace in Medio Oriente. Da questa pace dipende in misura notevole anche il futuro dei popoli e della cultura d’Europa». Abu Mazen ha risposto ricordando che il Papa lo ha definito lo scorso anno «angelo della pace» e che egli tiene molto ad onorare con i fatti l’appellativo. Netto il rifiuto, da parte del presidente, di ogni fondamentalismo religioso, così come forte è stato l’apprezzamento per quello che i cristiani fanno nella società palestinese.
Nel pomeriggio infatti i vescovi, divisi per gruppi, hanno visitato alcune opere di carità del patriarcato latino di Gerusalemme. Tra gli altri il Centro Hogar Nino Dios, per bambini handicappati soli; una casa di accoglienza per orfani, gestita dalle Suore della Carità di san Vincenzo; e la casa per 70 anziani poveri St. Anthony Society, finanziata anche con l’8xmille. Tutte testimonianze concrete di quella Lettera che in Terra Santa continua ad essere scritta con il sacrificio di chi resiste, nonostante le tante spinte, politiche e religiose, a far emigrare i cristiani.
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