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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
13.09.2015 Quella cultura che contribuì a creare Israele
'In nome della Patria' di Vincenzo Pinto, recensione di Gennaro Sangliuliano

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 13 settembre 2015
Pagina: 30
Autore: Gennaro Sangiuliano
Titolo: «Ebraismo Magico»

Riprendiamo dal SOLE24ORE-DOMENICA di oggi, 13/09/2015, a pag. 30, con il titolo "Ebraismo Magico", la recensione di Gennaro Sangiuliano del libro " In nome della Patria" di Vincenzo Pinto (ed.Le Lettere)


Vincenzo Pinto             La copertina                           Gennaro Sangiuliano

Il libro verrà presentato a Torino, presso l'Associazione Italia-Israele (via Pietro Micca 15), il 26 ottobre alla ore 18. Ne discuteranno con l'autore: Ugo Volli, Alberto Cavaglion, Giorgio Berruto.

Un contributo fondamentale in termini di elaborazione filosofica e morale, è quello che la cultura ebraica ha dato all’Occident e e alla definizione delle sue peculiarità storiche. Ma se sul terreno della filosofia politica sono arcinoti gli apporti che la cultura ebraica ha dato al marxismo e al socialismo, meno note sono le figure conservatrici del mondo ebraico, che pure hanno elaborato una antropologia storico-filosofica comunitaria basata su valori tradizionali. Se si pensa a Vladimir Ze’ev Jabotinsky, una delle personalità ebraiche più affascinanti, riconosciuto nello Stato di Israele come uno dei padri al pari di Theodor Hertzl. Così Abba Gaissinovic, interprete da una prospettiva ebraica del Tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler o Hans-Joac im Schoeps, teorico del pensiero «inattuale» e della «rivoluzione conservatrice». In nome della Patria è il saggio di Vincenzo Pinto, storico del nazionalismo ebraico, che disegna il singolare rapporto tra « Ebrei e cultura di destra ». Un viaggio fra autori accomunati dalla m atrice antilluminista, che al positivismo oppongono un forte richiamo comunitario, consapevoli che «la trasformazione dell’ ebreo in semplice homo oeconomicus» è da considerare «uno degli esiti più deleteri del materialismo contemporaneo». Lo studioso i sraeli ano Ezra Mend lssohn ha scritto: «L a destra ebraica è m olto più difficile da definire rispetto alla sinistra . Se, però, la definiamo come conservatrice nella sua idea di come dovrebbe organizzarsi la società ebraica , allora diventa comprensibile una destra ebraica ». La figura chiave di questa linea di pensiero è quella di Vladimir Ze’ev Jabotinsky, riconosciuto come padre spirituale del movimento liberal-conservatore di Heruth (Libertà) di Begin, riscoperto con vigore dal Likud, come giorna ista uomo di lettere ed originale interprete del sionismo. Nel 1964, dopo averne riscoperto il pensiero, vi sarà la monumenta e sepoltura , riconoscimento p ostumo di questo intellettu le, nato ad Odessa, di form azione m itteleuropea, vissuto per tre ann i in Italia , morto nel 1940. Jabotinsky è il paladino di un sionismo b orghese che afferma la «centralità d’ Israele», di fronte ai pogrom, iniziati a partire dal 1871, che avevano posto alla borghesia ebraica in terrogativi angosciosi. Alcuni intellettuali ebrei, di cui Jabotinsky si fa interprete di peso, cominciano a ritenere che, forse, ai valori dell’illuminismo e dell’ internazionalismo vadano anteposti quelli della salva guardia dell’identità culturale ebraica e dell’integrità fisica . Nel 1903, attorno al giornale liberal conservatore «Odesskij Listok» si fa strada l’idea dell’autodifesa ebraica , di ispirazione antsocialista e conservatrice. Alla teorizzazione di un nuovo modo di intendere la questione ebraica, Jabotinsky unisce un attivismo concreto, nell’autunno del 1915 rompendo la neutralità affermata dall’Organizzazione sionistica mondiale, di stanza a Berlino, si reca a L ondra a perorare la costituzion e di una legione ebraica che partecipasse alla liberazione della Pale tina d ll’ occupazione turca. Qui lega con il chimico Chaim  Weizmann, leader liberale e futuro primo presidente dello Stato d’Israele. Jabotinsky non fu solo un fine polemista e un saggista ma anche un romanziere di successo e sempre nelle sue opere testi m onia una concezione politico-filosofica che ruota attorno al problema dello Stato, unica entità capace di proteggere, anche in termini culturali , la propria comunità m a che deve esse e libero nei rapporti economici e sociali . «La questi one ebraica» , scr ive P into, in l ui «è assai p iù importante dell’identità ebraica in quanto tale: l’ebreo è anzitutto il membro di una comunità di destino». Un felice sintesi fra cultura umanistica occidentale e tradizione religiosa ebraica è quella in Joseph Klausner, li tuano di origine, vissuto ad Odessa e poi diventato esponente di punta del nazional smo sionista. Autore dell a Storia d el Secondo Tempio si candidò per Herut alle elezioni  per la  presidenza dello Stato d’ I srael e ma fu sconfitto da Weizmann. Al centr o dei suoi studi il legame storico e religioso fra ebraismo e cristi anesimo e soprattutto il rapporto fra giudaismo ed umanesimo, che significa riconoscimento dell ’i dentità comunitaria forte dei popoli , nel legame fra terra e cultura, in opposizi one all’universalismo. Un famoso nipote di Klausner è lo scrittore is ael ano Amos Oz che ha rievocato nella sua autobiografia Sippur al ahava vehoshekn ( Storia d’amore e di tenebra) la figura dello zio. La riflessione sull’identità occidentale eb raica e il tema forte anche di un altro degli autori scelti da Pinto è Abba Gaissinovic, lettore e interprete di Oswald Spengler , russo di origine, formatosi a Vienna, laureatosi proprio con una tesi sull’autore del Tramonto dell’Occidente. Emigrato in Palestina nel 1924 assume il nom  di Abba Achimeir e collabora a lungo con il quotidiano Do’ar Hayom ( Posta quotidiana) . Aderisce alla tesi di Spengler sull’esistenza d i «un ’ anima magica» dei popoli, capace di reinterpretare la tradizione e trasmetterla ai posteri. Ebraismo ed occidente devono individuare costantemente il nucleo della loro civiltà magica in quel processo che si chiama «pseudomorfosi». Hans Joachim Schoeps chiude la galleria dei personaggi di questo saggio, tedesco di nascita e di lingua, amava a todefinirsi ebreo-prussiano,  importante storico delle religioni , nonché curatore delle opere di Kafka . Durante il nazismo riparò in Svezia mentre p erse i genitori nei campi di concentramento dell ’Olocausto, tornato in Germania d opo la guerra rifi utò, per motivi politici, la cattedra all ’Università Humboldt di Berlino Est ma accettò quella di storia delle religioni all’ateneo di Erlangen in Baviera. Q ui elabora l a sua teoria dello spirito che ruota attorno al riconoscimento del valore del prussianesimo conservatore antitetico al nazismo che ebbe forti venature di sinistra. Difensore dei diritti e dell’ uguaglianza delle minoranze sessuali, si opporrà, però, con vigore al m ovim ento del sessantotto che indica come esempio di auto-di sgregazione di una società . Nel 1951 tenne un famoso discorso in occasione dei duecentocinquanta anni del Regno di P russia, testamento politico contro il nichilismo.

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