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La Stampa Rassegna Stampa
02.09.2015 Auschwitz, docce per i turisti accaldati, una scelta offensiva
Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 02 settembre 2015
Pagina: 13
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Docce che ricordano le camere a gas, Auschwitz fa arrabbiare gli israeliani»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/09/2015, a pag.13, con il titolo " Docce che ricordano le camere a gas, Auschwitz fa arrabbiare gli israeliani ", la cronaca di Francesca Paci.


                                                                                 Francesca Paci

Certo, affrontare l’inferno psicologico di Auschwitz a 37 gradi di temperatura è impresa dura. Durissima. Ma nonostante la torrida estate polacca non tutti hanno apprezzato i vaporizzatori d’acqua allestititi in questi giorni a beneficio dei visitatori all’ingresso del più noto lager nazista, dove 70 anni fa la doccia era sinonimo macabro di camera a gas. In poche ore il caso, sollevato dall’israeliano Meyer Bolka e rilanciato dai connazionali del quotidiano «Ynet», ha fatto il giro del mondo reale e virtuale indignando molti rami della comunità ebraica e non solo. «È un pugno allo stomaco, le docce ricordano quelle da cui usciva lo Ziklon B» ripetono i più. Pare che i visitatori giovani abbiano accolto con pura gratitudine il refrigerio mentre gli anziani siano rimasti scioccati. Incosciente faciloneria? Colpevole ingenuità? Maliziosa trovata mediatica destinata ad alimentare la volgare dietrologia negazionista di chi ritiene Auschwitz una sorta di Disneyland dell’Olocausto?
Ora i responsabili del museo si scusano, precisano di aver voluto solo facilitare la visita, ipotizzano un’alternativa. Ma la frittata è fatta. «Giusto alleviare i turisti» In soccorso alla direzione di Auschwitz arriva però a sorpresa l’ebrea polacca Halina Birenbaum, classe 1929, sopravvissuta al tremendo campo di concentramento in cui ha perso l’intera famiglia e una delle voci dell’eBook de «La Stampa» «Se chiudo gli occhi muoio». «Associare le docce allestite all’ingresso di Auschwitz alle camere a gas è da malati anche perché quando noi vedevamo scendere l’acqua invece del gas eravamo felici: scorgo la solita attitudine di chi cerca sempre la polemica per rendere quel luogo così caricaturale da risultare incredibile» dice Halina al telefono dalla sua casa di Herzliya, in Israele. Il cortocircuito è lo stesso denunciato in questi giorni dalla mostra del Mocak di Cracovia «Polonia-Israele-Germania»: Auschwitz come teatro della memoria ma anche parte di un controverso circuito turistico-commerciale-spettacolare. Halina non ci sta, l’ha scritto anche sulla sua pagina Facebook: «I visitatori non sono prigionieri, vengono a rendere omaggio al nostro dolore ed è lodevole che la direzione del campo pensi al loro benessere, dobbiamo tenere viva la memoria della sofferenza mica la sofferenza fisica. Altrimenti bisognerebbe eliminare i bagni perché noi all’epoca non potevamo andarci liberamente, chiudere la caffetteria perché lì si moriva di fame e sete o impedire alla gente d’indossare il cappotto pesante d’inverno perché noi pativamo il freddo glaciale». «Un inferno, ma freddo» Anche Alberto Sed, sopravvissuto romano oggi 87enne, minimizza: «Non ho mai sentito caldo a Auschwitz, solo un gelo terribile. Ma questo non significa che chi vuole conoscere l’inferno debba sperimentarlo». Resta l’imbarazzo della direzione del museo, non era meglio distribuire bottigliette d’acqua?

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