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Libero Rassegna Stampa
01.09.2015 Scontro di civiltà: nel 2084 il Grande Fratello sarà islamico
due libri che aiutano a capire

Testata: Libero
Data: 01 settembre 2015
Pagina: 24
Autore: Alberto Doinel, Giuseppe Pollicelli, Francesco Borgonovo
Titolo: «Nel 2084 il Grande Fratello sarà islamico-La catarsi del vignettista Luz per sfuggire all'incubo jihadista-Ecco i due libri che mostrano la sconfitta dell'Europa»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 01/09/2015, a pag.24/25 tre articoli che bene illustrano lo scontro di civiltà tra Occidente e islam attraverso due libri. Un omaggio a George Orwell presente in spirito.

Alberto Doinel: " Nel 2084 il Grande Fratello sarà islamico "

 «I ire totalitarismi immaginati da Orwell (l'Oceania, l'Eurasia e l'Estasia) si confondono oggi in un solo sistema totalitario che si chiama mondializzazione», ma «questo sistema totalitario che ha schiacciato tutte le culture sul suo cammino ha incontrato qualcosa di totalmente inatteso: la resurrezione dell'islam». Sono le parole dello scrittore algerino Boualem Sansal, che nel suo nuovo romanzo, 2084. La Fin du monde, edito da Galli-mard, si proietta cento anni dopo la distopia orwelliana e ci presenta un mondo governato interamente dagli islamisti, dove il Big Brother è stato sostituito da un nuovo dio, Yölah, e da un nuovo profeta, Abi, che si assicura sulla terra svuotata dagli infedeli che nessuno si ribelli e che tutti si sottomettano alla legge di Yölah. Non ci sono più i tre super-stati orwelliani, ce n'è solo uno: l'Abistan. Un Paese dove non si critica più, non si ama più, non si pensa più, dove c'è «solo la Sottomissione e l'Accettazione», come recita un versetto del Gkabul, il libro sacro che contiene il verbo di Yölah. Quella annunciata da Houellebecq è una sottomissione dolce, quella predetta da Sansal (in un libro che, pur alludendo lungo tutto il suo corpo all'islam, non lo cita mai esplicitamente) è una sottomissione violenta al dio Yölah e all'esecutore della sua volontà sulla terra, il profeta-delegato Abi. Il grido di battaglia dell'esercito dell'Abistan è «Andiamo a morire per vivere felici!» e il sogno di ogni abistanese è quello di morire da martiri sul camino della santità. Il 2084 sarà l'anno della «Grande Guerra Santa» contro «la Grande Miscredenza» che decreterà la nascita del regno del «non-pensiero» e la morte delle civiltà precedenti, delle loro culture, dei lori patrimoni e delle loro lingue. In Abistan, si parlerà solo ed esclusivamente l'abi-lang (un agglomerato di parole monosillabe o di due sillabe al massimo, una lingua di onomatopee e di rantoli primitivi per scongiurare lo sviluppo di un pensiero complesso e ira-sformare gli abitanti in credenti amorfi e assurdi omuncoli), perché altre lingue potrebbero aprire lo spirito a interrogazioni, a dubbi. Dal «Bipensiero» dell'Oceania al «non-pensiero» dell'Abistan; dalla Neolingua all'abilang dal trittico «la guerra è pace», «la libertà è schiavitù», «l'ignoranza è forza», al trittico «la morte è la vita», «la logica è l'assurdo», «la menzogna è la verità»: tutti gli abitanti di Abistan sono sottomessi alla volontà divina di Yölah.
IL RIBELLE
Tranne Ati, il Winston di 2084, l'unico a ribellarsi al sistema che gli interdice di pensare, l'unico che proverà, vagando tra la capitale Qodsabad e le sessanta province, a superare la frontiera proibita, una grande montagna, dietro la quale sopravvive un altro mondo, una terra libera e svuotata dal terrore islamista. Michel Houellebecq, ospite vedette sabato sera della trasmissione On n'est pas couché, ha confessato che oggi «scriverebbe qualcosa di peggio» di Soumission e che il libro di Sansal, dove è «il totalitarismo islamico» e non uno «Stato musulmano dolce» a essere al potere, è più vicino alla realtà. «Secondo la mia analisi è il totalitarismo islamico che avrà la meglio perché fa leva su una divinità e una gioventù che non ha paura della morte, mentre la mondializzazione si appoggia sui soldi, sul confort, sulle cose futili e deperibili», ha dichiarato Sansal durante un'intervista rilasciata all'Afp. Alla stregua di Soumission, 2084. La Fin du monde è un romanzo distopico, fittizio, ma la realtà che ci circonda mostra indiscutibilmente che «la dinamica della mondializzazione musulmana si sta sviluppando», ha spiegato l'autore algerino. C'è chi vede e constata il pericolo e chi non vuole vedere e preferisce l'autocensura per paura di essere marchiato a vita con l'etichetta infamante di «islamofobo»
. L'EUROPA
«Il terreno da osservare è l'Europa. Dopo il mondo arabo e l'Africa, l'islamismo si propaga anche in occidente con una presenza fisica e sempre più visibile di uomini barbuti, di donne col velo e di esercizi halal», ha aggiunto Sansal. Nell'Abistan, il Paese inventato da Sansal, dove tutti sono sottomessi alla spie *** tata legge di Yölah, si prega nove volte al giorno e i «divertissement» concessi da Abi, il profeta-delegato di Yölah sulla terra, sono i pellegrinaggi interminabili, gli spettacoli di decapitazioni pubbliche, le lapidazioni dei ribelli e la Settimana di Astinenza Assoluta. «La paura di Dio sarà più forte di quella delle armi» e «le persone potranno vivere con poco. Avranno solo bisogno di moschee per pregare, per credenza o per paura», dice l'autore algerino, severo contro gli europei che «si stanno sbagliando sull'islamismo, così come si sono sbagliati sul comunismo». Le élite europee progressiste che si tappano la bocca e non osano accostare la parola islam a terrorismo «uccidono il dibattito», ha attaccato Sansal. Immaginando la sorte del suo Paese d'origine all'orizzonte 2084, l'autore algerino non è certamente più ottimista. «Non so nemmeno se l'Algeria esisterà nel 2084 sotto forma di paese moderno», ha dichiarato, perché «la fine del petrolio la condurrà in una situazione indescrivibile». Vituperato tanto dagli islamisti quanto dal regime algerino di Abdelaziz Bouteflika che ha messo al bando le sue opere, lo scrittore giudica «terrificante» il flusso dei migranti algerini verso l'Europa e l'America del Nord e in particular modo la fuga delle menti più brillanti verso lidi più sicuri e aperti al libero pensiero rispetto all'Algeria in cui oggi vive.
FLUSSI MIGRATORI
«L'emigrazione è un vero dramma. Tocca i ricchi, gli iper-diplomati. Quando raggiunge una certa soglia in termini di volume ciò significa che il Paese non può essere salvato». La chiosa, nostalgica, è su quell'Algeria che non esiste più, su quell'Algeria dolce, vivace, piena di sapori e culture, l'Algeria dei suoi vent'anni, quando, dopo gli studi alla prestigiosa École nationale polytechnique di Algeri, si era lanciato in una radiosa carriera di economista e alto funzionario presso il ministero dell'Industria algerino, prima della sua cacciata nel 2003 per le sue posizioni critiche verso il regime e in particolare l'arabizzazione dell'insegnamento: «Era un Paese dove era piacevole vivere». Oggi, nonostante tutto, dice di «non sentire ancora un bisogno sufficientemente forte per dire "Faccio le valigie, me ne vado"». Preferisce coraggiosamente lottare dall'interno, da Boumerdès, città a cinquanta chilometri a est di Algeri, dove ora risiede, perché la sua Algeria ora più che mai ha bisogno di artisti per aprire la via della pace, della democrazia e del libero pensiero. Prima che sia davvero troppo tardi.

Giuseppe Pollicelli: " La catarsi del vignettista Luz per sfuggire all'incubo jihadista " 

 
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In alto: la copertina
In basso: Luz

In fondo è una questione di responsabilità. È una delle prime cose che ha detto, Luz, quando lo hanno intervistato alcune ore dopo la strage jihadista alla redazione parigina di Charlie Hebdo: «Voglio che le vignette tornino a non avere responsabilità». Subito però aggiungendo: «Ma è difficile». È difficile, già. Molto difficile. Luz, pseudonimo di Rénald Luzier, ha 43 anni, è francese, fa il vignettista e solo per un colpo di fortuna è scampato alla mattanza che lo scorso 7 gennaio ha falcidiato nove suoi colleghi (e altre otto persone) tra cui celebri disegnatori come Charb e Wolinski. 117 gennaio, infatti, Luz compiva gli anni ed essendosi intrattenuto in festeggiamenti con la compagna è arrivato tardi in redazione. Scampando alla morte. A Luz piacerebbe potersi cullare nell'illusione che le vignette - innanzi tutto le sue vignette - non siano portatrici di nessuna responsabilità, ma così non è. Probabilmente non lo è mai stato, e di certo non lo è da quando sul mondo ha cominciato a stendere la sua atroce cappa il terrorismo islamico. La responsabilità di essere un sopravvissuto, di dover raccogliere l'eredità lasciatagli da un manipolo di martiri della libertà d'espressione e di pensiero, e soprattutto la responsabilità di poter suscitare reazioni tragiche attraverso il suo lavoro artistico, è un fardello che per Luz, il quale vive attualmente sotto scorta, si è rivelato troppo oneroso. Oltre ad avere annunciato, ad aprile, che non disegnerà più Maometto - dopo averlo fatto un'ultima volta sulla storica copertina del numero di Charlie successivo alla strage, quella con il Profeta che mormora « tutto perdonato» - perché «Non mi interessa più», Luz ha preso la decisione ancora più radicale di lasciare la redazione del settimanale. Una scelta che dimostra quanto non sia vero che Maometto abbia smesso di interessarlo e come invece influenzi le sue scelte più importanti. C'entra proprio Maometto con l'abbandono di Charlie. E la speranza di liberarsi dal suo spettro che ha spinto Luz a eliminare l'islam dal suo orizzonte e a ripiegarsi su stesso. Da questo ripiegamento è nato un libro umoristico ma, in realtà, terribilmente drammatico. Si intitola Catarsi, è da poco uscito in Francia e, dal 18 settembre, sarà disponibile anche la versione italiana (Ed. Bao Publishing, pp. 128, euro 16). Il titolo dice già tutto: è il racconto in bianco e nero, realizzato con un tratto spezzato e sofferente, del tentativo di rinascere dopo i fatti di otto mesi fa, di tomare a stare nella vita liberandosi dall'opprimente ombra di quel Maometto tante volte ironicamente raffigurato. Senza infingimenti né alibi, in Catarsi Luz si ritrae come un uomo costretto a convivere con una sorta di alien che gli spunta dallo stomaco e che, mano a mano, aumenta di dimensioni. E la sua angoscia, a cui ha dato il nome di Ginette. O forse è la sua coscienza, che gli fa sentire il peso di responsabilità troppo pesanti. Ma la vicenda di Luz (che riflette quella di tutto Charlie Hebdo, visto che la redazione ha da poco fatto sapere, sancendo il trionfo del terrore islamico, che non saranno mai più pubblicate vignette su Maometto) chiama in causa anche altre responsabilità. Quelle di coloro che per paura e conformismo, come gli insigni scrittori americani dissociatisi dal premio per il coraggio in favore della libertà d'espressione assegnato a Charlie dal Pen American Center, hanno fatto sentire Luz e gli altri reduci degli appestati e dei reietti, anziché sostenerli nel difficile compito di raccogliere il testimone che gli era toccato in sorte. Se Luz e Charlie si sono arresi, la responsabilità è anche di costoro. Soprattutto di costoro. Sfortunato il paese che ha bisogno di eroi, recita la famosa frase di Brecht. Molto più sfortunato è il Paese - in questo caso quel Paese dell'anima che ha nome Occidente - che non sa riconoscere i propri eroi e che, per viltà, li umilia e li disprezza. Sfortunato, perché ha volontariamente decretato la propria fine.

Francesco Borgonovo: " Ecco i due libri che mostrano la sconfitta dell'Europa " 

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Francesco Borgonovo

Sono legati, i due libri che presentiamo in questa pagina. Ed entrambi ci rimandano un messaggio sconfortante, di sconfitta. Nel 2084 di Boualem Sans-al - che speriamo sia tradotto in Italia quanto prima - trionfa il totalitarismo islamico. Il Paese musulmano che lo scrittore algerino mette in scena è del tutto simile allo Stato islamico edificato dal Califfo al-Baghdadi in Siria e in Iraq, un tumore che sparge le sue metastasi nere per il mondo intero, Europa compresa. La stessa Europa che ha assistito inerme alla strage di Charlie Hebdo, a cui il vignettista Luz è sopravvissuto per miracolo. Ed è proprio il libro di Luz a mostrare che il futuro dipinto da Sansal è tutt'altro che improbabile. Lui ha smesso di disegnare il profeta Maometto. I suoi colleghi satirici, poche settimane dopo, hanno annunciato che avrebbero fatto lo stesso. Non è un caso che, nelle scorse settimane, al-Qaeda si sia vantata di aver ottenuto una grande vittoria sui miscredenti di Charlie. Sono riusciti, nei fatti, a silenziarli. Hanno ricevuto, in quest'operazione abominevole, un consistente aiuto da parte dell'intellighenzia occidentale, che ha fatto di tutto per isolare i ragazzi di Charlie. Che si è mobilitata in massa per accusarli di islamofobia e per impedire che fosse consegnato loro il premio Pen. Vedremo come questa intellighenzia accoglierà il romanzo di Sans-al. Non dubitiamo che l'accusa infamante di islamofobia risuonerà ancora. Anche se sarà più difficile sostenerla, vista la nazionali-ta algerina dello scrittore. Uno che l'estremismo islamico lo ha visto e lo vede da vicino, motivo per cui contraddirlo non è semplice. Resta indicativo, tuttavia, che un coraggioso attacco alla malattia dell'islamismo radicale arrivi da un autore del Maghreb e non da un europeo. I nostri scrittori, forse, erano troppo impegnati ad accusare Michel Houellebecq di mettere su carta provocazioni grauite al fine di vendere più copie. O forse erano alle prese con uno dei tanti appelli contro le esagerazioni di Charlie Hebdo. Sta di fatto che praticamente nessuno ha avuto il fegato di misurarsi con un argomento tanto pericoloso (e altrettanto fondamentale per la nostra sopravvivenza). Sono legati, questi due libri, perché parlano del presente e del domani che l'Occidente intende costruire. Luz cerca una catarsi, ma intanto (come biasimarlo) si è autoconfinato nel rifiuto. Lo stesso ha fatto la maggioranza degli intellettuali di casa nostra. Sono rimasti in silenzio: cominciano a prepararsi per il Grande fratello musulmano che verrà.

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