Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/08/2015, a pag.46, con il titolo " Heidegger e l'antisemitismo ", la recensione di Francesca Bolino al libro di Peter Trawny "Heidegger e il mito della cospirazione ebraica".
Martin Heidegger, il filosofo di Hitler
Dopo Donatella Di Cesare ecco, dalla Germania, Peter Trawny, curatore dell'edizione tedesca di tutte le opere di quello che,a buon titolo, venne definito il filosofo di Hitler. Come la Di Cesare, che stata a lungo vice presidente della fondazione tedesca intitolata a Heidegger, che in qualche modo doveva giustificare quella permanenza, anche il povero Trawny, quale curatore dell'opera omnia, in qualche modo deve salvare la faccia. E lo fa con lo stesso stile della Di Cesare, inventandosi un Heidegger non antisemita che non è mai esistito. Come la Di Cesare, cancella le responsabilità e l'odio verso gli ebrei di Heidegger, nascondendosi dietro a definizioni quali "dimensione onto-storica", "giustizia ermeneutica", per evitare di scrivere, molto più semplicemente, ciò che Heidegger fu, senza ombra di dubbio: antisemita, e della peggior specie, rappresentando di fronte alla cultura europea il nazismo che poteva affascinare gli intellettuali.Come avvenne, durante il nazismo e dopo la guerra.
La recensione della Bolino è inqualifificale, arrivando a negare che Heidegger fosse antisemita. Ultima considerazione: non solo recensori menzogneri, ma anche editori di prestigio (Bompiani !) pronti a tradurre e stampare libri simili.
Peter Trawny Donatella Di Cesare
Ecco la recensione:
Heidegger: fu vero antisemitismo? Peter Trawny - tra i curatori dell'edizione tedesca delle Opere complete - ripercorre il suo pensiero, cammina nuovamente lungo i sentieri della storia dell'Essere, in particolare attraverso i 34 Quaderni neri inediti, per individuare una risposta che non potrà essere né semplice né univoca. Heidegger non si è espresso pubblicamente sulla Shoah, né ha mai rivelato il proprio antisemitismo. «Considerò il silenzio, il tacere, un contegno filosofico«. Celò al pubblico, forse, anche il suo pensiero in generale. Gli stessi "quaderni" sono rimasti a lungo inediti per sua volontà. Ciò consente a Trawny di trasferire i sospetti e l'ermeneutica dei punti più controversi del suo pensiero in una dimensione "onto-storica". Ci vuole una buona dose di 'giustizia ermeneutica" per toglierlo dall'eco mediatico e ricollocarlo in un dibattito filosofico. «Quando la filosofia accade, è libera. E a questa libertà si accompagna il pericolo del fallimento'., scrive Trawny. Ma anche questo fa parte della solitudine del pensiero.
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