Sulla visita italiana di Bibi Netanyahu riprendiamo dalla STAMPA di oggi. 30/08/2015, a pag.4, i due servizi di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Roma punta ai pozzi di metano e prepara il super gasdotto
Seduti in un tavolo per quattro, con a fianco solo le consorti, Matteo Renzi e Benjamin Netanyahu hanno parlato di quanto più li unisce in questo momento, ovvero il dossier-energia. Il motivo è l'interesse dell'Italia ad entrare da protagonista nello sfruttamento dei giacimenti di gas naturale in Israele e il coincidente obiettivo del premier di Gerusalemme di definire il nuovo assetto regolatorio, accelerando il debutto sul mercato globale. Tutto verte attorno a Edison, la società italiana controllata dai francesi di Edf, già impegnata nello sfruttamento da parte del consorzio Ratio Oil dei giacimenti minori di Neta e Roi ed ora impegnata della richiesta di acquisto dei più grandi Karish e Tanin ovvero un totale di almeno 70 miliardi di metri cubi di gas naturale. L'offerta di Edison ha il sostegno del governo italiano, desideroso di differenziare le fonti di approvvigionamento nazionale alla luce delle crisi in Ucraina e Nordafrica, ma si scontra con l'aspra battaglia regolatoria in atto nello Stato ebraico. A innescarla sono state le dimissioni di David Gilo, capo dell'Antitrust, contrario all'attuale assetto che assegna al consorzio guidato dai texani di Noble Energy e dagli israeliani di Delek un «duopolio di fatto» nella gestione del gas, i cui maggiori giacimenti sono Leviathan e Tamar con risorse complessive stimate per almeno 52 miliardi di dollari. Il polemico abbandono di Gilo ha fatto scadere i termini dell'offerta Edison e creato un'impasse nella redazione del nuovo assetto regolatorio, con Israele divisa fra pro e contro il consorzio Noble-Delek e il ministro dell'Economia Arye Deri intenzionato a rimandare ogni decisione fino alla nomina del nuovo capo dell'Antitrust. Allungare i tempi implica uno stallo che non piace a Netanyahu, la cui ambizione è sfruttare l'energia per moltiplicare la proiezione globale di un'economia già protagonista nel mercato hi-tech.
Da qui la scommessa dell'Italia di offrire al premier una possibile via d'uscita: Karish e Tanin venduti ad Edison consentirebbero di superare le obiezioni sull'assenza di concorrenza senza però modificare il controllo dei maggiori giacimenti.
Altri due fronti aperti
Ma non è tutto perché l'Italia è in pista anche sugli altri due fronti della partita del gas israeliano: esportazione e consumo interno. Sull'export i due governi dialogano da tempo sulla realizzazione di un possibile tracciato Israele-Cipro-Grecia-Italia per far arrivare il gas alla rete di distribuzione europea attraverso il gasdotto transadriatico (Tap) ma è un progetto che si scontra con difficoltà tecniche - e costi assai alti - dovuti ai fondali sottomarini fra Cipro e la costa ellenica. Da qui l'ipotesi alternativa di coinvolgere l'Egitto, facendo arrivare il gas israeliano fino a Damietta dove la spagnola Union Fenosa, controllata da Eni, ha un contro di liquefazione che consentirebbe l'export via mare. La cooperazione trilaterale Israele-Italia-Egitto aggiungerebbe l'energia alle convergenze sulla sicurezza. Riguardo al consumo interno israeliano, l'Italia ha compiuto un passo in febbraio con la firma a Gerusalemme del memorandum d'intesa fra Israel Fuel Choice Initiative - il progetto di Netanyahu sui carburanti alternativi -, Fiat Chrysler Automobiles (Fca), Iveco e Magneti Marelli per lo sviluppo di tecnologie basate sul gas tese a sostituire la benzina per automobili, camion e autobus. In una nazione di oltre 8 milioni di abitanti dove gran parte dei trasporti avvengono su gomma e la benzina è ancora l'unico carburante, l'Italia si è così posizionata in pole position per il debutto di alternative tipo-diesel, andando anche qui incontro alle politiche di Netanyahu che punta entro il 2020 a produrre almeno il 20 per cento dell'elettricità da carburanti non-fossili e vorrebbe procedere in tale direzione anche sul fronte dell'autotrazione per ridurre la dipendenza dal greggio straniero che pesa per il 20 per cento sull'import.
Triplice partita
Dietro la volontà dell'Italia di entrare nella triplice partita del gas israeliano - produzione, export e consumo - c'è anche l'ipotesi, all'esame di Renzi e Netanyahu, di imprimere un risvolto strategico all'impegno sull'energia sostenendo lo sviluppo dei Paesi africani più poveri, nella fascia sub-sahariana, per promuovere prosperità al fine di arginare l'emigrazione di massa e combattere i jihadisti.
Patto mediterraneo fra Italia e Israele "insieme per lo sviluppo e contro Isis"
«Uniti contro la barbarie del terrorismo e per la prosperità del Mediterraneo»: Matteo Renzi e Benjamin Netanyahu parlano all’unisono nella cornice di Palazzo Vecchio, sottolineando un legame fra i due Paesi «che non è solo politico ma di identità» come riassume il presidente del Consiglio. «Ciò che ci unisce è la cultura, la società e la tecnologia» dice Renzi accogliendo il premier ospite, spiegando che l’Italia è «a fianco di Israele nella lotta al terrorismo contro la barbarie, come per la pace e la stabilità in Medio Oriente e nel Mediterraneo». Netanyahu risponde definendo «storico» il discorso pronunciato in luglio da Renzi alla Knesset proprio perché basato «sui valori comuni» e indica nell’Italia una nazione «minacciata oggi dal terrorismo più orribile» e al tempo stesso «un hub della tecnologia sin dai giorni di Vasari e Michelangelo» con la quale disegnare un’«agenda comune per affrontare le sfide che ci aspettano». Gli abbracci, gli sguardi e le parole che i due leader si scambiano descrivono un’intesa, politica e personale, che fa da cornice a quanto hanno in mente di realizzare. «L’Italia e l’Europa sono minacciate da ondate di emigranti e dal radicalismo islamico - afferma il premier di Gerusalemme - assieme possiamo sviluppare le tecnologie che servono a favore della crescita dell’Africa» per contribuire a sanare tali problemi. «Il nostro è un patto che guarda alla generazioni future» aggiunge l’inquilino di Palazzo Chigi, spiegando che la cena con le consorti si svolge nelle Sala delle Udienze «dove Machiavelli lavorava». Netanyahu coglie l’occasione per ribadire l’opposizione all’accordo sul nucleare iraniano «perché consentirà a Teheran di essere più aggressiva in Medio Oriente e Nordafrica» e Renzi evita, con un gesto di ospitalità, di ribadire il noto sostegno dell’Italia all’intesa di Losanna. Si concludono così le 72 ore di Netanyahu nel nostro Paese che lo hanno visto, nell’ultima giornata, visitare Firenze con la moglie Sara vestito come un turista qualsiasi (t-shirt a strisce bianche e celesti) sebbene circondato da un esercito di addettialla sicurezza.
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