|
|
||
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli Cari amici, scusatemi, vi devo raccontare un'altra storia urgente, anche perché non la trovate sui giornali non solo italiani ma in genere occidentali (almeno non c'era fino a ieri sera, quando ho scritto questo articolo) e molto probabilmente si cercherà di non parlarne affatto. Eppure è importante e il silenzio è prova del dominio sui media dello “spirito da Cristiano” (intendo Riccardo Cristiano, quello che il 16 ottobre del 2000, pochi giorni dopo il linciaggio di due israeliani dentro una stazione di polizia di Ramallah, documentato per caso da una troupe Mediaset, si scusò pubblicamente con i terroristi palestinesi scrivendo fra l'altro che “noi rispettiamo sempre e continueremo a rispettare le procedure giornalistiche dell’Autorità Palestinese per il lavoro giornalistico in Palestina e siamo attendibili per il nostro lavoro accurato” cioè assicurando di non dare informazioni sgradite agli assassini - http://www.focusonisrael.org/2008/12/07/riccardo-cristiano-una-storia-che-e-bene-non-dimenticare/). Bene, veniamo alla vicenda. Vi ricordate dell'incendio del paese arabo di Duma in Samaria, in cui un mese fa morì un bambino piccolo e poi anche suo padre? Tutti dissero che il delitto era opera di estremisti ebrei (anche se non fu trovata alcuna prova salvo che un graffito scritto in un ebraico sospetto, per lo stile arabeggiante della scrittura - la trovate qui: http://lazerbrody.typepad.com/lazer_beams/2015/08/graphology-and-graffiti-finding-the-real-terrorist.html). E tutti si affrettarono a condannare, anzi ci affrettammo perché lo feci anch'io. Intervennero politici, prelati, editorialisti - per non parlare della sinistra ebraica anche italiana che nell'episodio sguazzò, chiedendone ragione addirittura al rabbinato, che con tutta evidenza non c'entrava, ma non aveva scomunicato con sufficiente durezza tutto il movimento religioso nazionale. E Israele applicò la reclusione amministrativa a un certo numero di personaggi noti del movimento nazionalista, altri ne espulse da Giudea e Samaria, insomma si sforzò di mostrare “tolleranza zero verso gli estremisti”. Ci furono anche degli arrestati, che poi furono però scarcerati per mancanza di indizi. C'erano molte cose strane in quell'episodio, oltre alle scritte. Per esempio il fatto che la casa delle vittime si trova al centro del paese, un vero labirinto, in cui è molto improbabile che qualcuno che non lo conoscesse bene si sia voluto infilare (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/can-mort-klein-doubt-veracity-of-duma-village-arson-stories-without-being-dubbed-jewish-extremist/2015/08/06/0/?print). E lo stesso fatto di non scegliere una casa isolata o ai margini del paese ha reso il delitto inutilmente più complicato, se il punto era di colpire un arabo qualunque e non quella famiglia lì - che però non risulta avere una posizione di punta nel terrorismo o contro gli ebrei. Per non parlare delle modalità del delitto, che miravano a uccidere chiudendo ogni via di fuga. Così come il fatto che le telecamere di sicurezza, regolarmente studiate nelle indagini, non hanno dato risultati utili.
Dopo le condanne di rito e quelle straordinarie, la storia è caduta pian piano nel silenzio. Sennonché l'altro giorno è accaduta una cosa che dovrebbe far pensare. Un'altra casa è bruciata a Duma, mettendo a rischio la vita dei suoi abitanti. Strano no? Due incendi di case in un mese nello stesso paese. Naturalmente la propaganda araba si è messa a gridare al nuovo crimine dei “coloni”. Ma poi si è subito taciuta, tanto da non arrivare al megafono dei media occidentali, che ci mettono di solito un giorno a riprendere l'imbeccata di Pallywood - e l'Autorità Palestinese ha chiarito che non c'era nulla di strano, che si trattava solo di un cortocircuito elettrico. Ancora più strano, no? Poi si è saputo che la casa bruciata apparteneva a un membro della stessa famiglia delle vittime dell'omicidio precedente. (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/199843#.VdsLnfntmko). Veramente stranissimo: due incendi di case in un mese non solo nello stesso paese, ma nella stessa famiglia. C'è di che indagare... ma nessun giornalista o politico o membro di Ong propal sembra interessato. La spiegazione, che era già stata sussurrata prima, può essere quella proposta in un'interrogazione parlamentare alla Knesset (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/199851#.VdsLBfntmko). A Duma c'è da tempo una faida sanguinosa fra due famiglie (o piuttosto clan) arabi, in lotta per il predominio sul paese. Ci sono stati parecchi delitti nel corso di anni. E, guarda un po', una delle due famiglie in lotta è proprio quella delle vittime dei due incendi. Strano, stranissimo ancora una volta. Diceva Agatha Christie che “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova.” Forse varrebbe la pena, prima di dare la caccia al terrorismo ebraico, di tenerne conto. Non per negarlo a priori, badate bene. Né per evitare di condannare un omicidio. Un delitto è un delitto, il terrorismo è terrorismo, da qualunque parte provenga (anche se in Israele, quando capita, ed è molto raro, la condanna è generale; fra gli arabi sudditi dell'Autorità Palestinese e in genere fra gli islamisti, il terrorismo è comunissimo e anche socialmente approvato e festeggiato; o meglio, è comunissimo perché socialmente approvato e festeggiato). Il compito della polizia è scovare gli assassini. Quello degli opinionisti - me compreso, vorrei scusarmi per aver mancato a questo principio - è di non fare attribuzioni collettive di responsabilità senza prove adeguate.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |