Il Libano sarà il prossimo obiettivo dello Stato Islamico
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
La situazione del regime siriano aveva avuto una svolta positiva quando, nel maggio del 2013, le milizie di Hezbollah cercarono di conquistare la città di Al-Qusayr, situata tra il valico di frontiera Jussieh che separa il nord-est del Libano dalla città siriana di Homs. Al-Qusayr era di grande importanza per Hezbollah, trovandosi sulla strada che dal nord del Libano penetra in profondità nel territorio siriano, il punto di consegna alle forze ribelli di armi, apparecchiature di comunicazione e proventi del contrabbando in arrivo dal porto di Tripoli e dai sunniti delle zone nord del Libano. L’esercito siriano non era riuscito a conquistare al-Qusayr, il comando della Guardia Rivoluzionaria Iraniana decise aveva delegato a Hezbollah il compito di liberarla dai ribelli anti-Assad capeggiati dall’Esercito Siriano Libero e da Jabhat al-Nusra. Hezbollah vinse una dura battaglia, combattendo casa per casa, pagando però un prezzo pesante, con oltre un centinaio di morti e almeno il doppio di feriti. I ribelli persero oltre duemila combattenti, 1.000 uccisi e altri 1000 prigionieri dall’esercito siriano, almeno 2.000 i feriti.
Hezbollah aveva partecipato alla liberazione di Homs dal controllo dei ribelli, aiutando Assad a tener salde le sue posizioni facendo in modo che la zona alawita e i suoi porti rimanessero accessibili da Damasco. In quel momento chi combatteva contro Hezbollah erano principalmente l’Esercito Siriano Libero e Jabath al-Nusra. Ma nel 2014 entrò sulla scena lo Stato Islamico, con pesanti combattimenti in Siria, conquistando vaste aree di territorio scarsamente popolate nella parte orientale del Paese. La tattica dello Stato Islamico -attaccare piccole città, villaggi e postazioni dell'esercito - consisteva nell’utilizzare una grande forza composta di veicoli 4x4, oltre a carri armati pesanti, che aveva preso come bottino in Iraq. Raramente lo Stato Islamico si impegnava in attacchi statici di trincea, come aveva fatto a Kobane sul confine siriano-turco, perché in quel tipo di battaglia non aveva ottenuto alcun vantaggio su chi difendeva la città. Lo Stato Islamico ha sviluppato così una tattica più utile: accerchiare le aree difficili da conquistare, com’è accaduto nell’assedio di Dir-a-Zur, città nella Siria orientale,dove le strade di accesso per i rifornimenti furono bloccate. Questa strategia riduce al minimo le perdite e permette di conseguire successi rilevanti sia sul territorio sia a livello psicologico, a un prezzo relativamente basso. Un altro dettaglio importante della strategia dello Stato Islamico è il totale controllo dei confini, bloccando così il traffico via terra tra la Siria e i suoi vicini (Iraq, Turchia e Giordania), ottenendo così un parziale assedio del regime siriano.
Fino a pochi giorni fa, il Libano era l’unico Paese i cui valichi di frontiera erano ancora nelle mani di Assad. Tutto è finito quando, questa settimana, le forze dello Stato Islamico si sono infiltrate verso ovest nella zona a sud di Homs, accerchiato al-Qusayr e invaso le postazioni di Hezbollah a guardia del valico Jussiah che unisce Homs con il nord del Libano. Hezbollah ha perso decine di combattenti nella breve battaglia che ha avuto luogo in una zona dove non si aspettava di essere attaccato. Lo Stato Islamico ha messo a segno diversi punti a suo vantaggio: ha isolato Damasco, tagliandola fuori dalla zona costiera alawita, ha accerchiato le città di al-Qusayr e di Homs, ha acquisito il controllo di un importante valico di frontiera e ha sorpreso Hezbollah con una vittoria strategica, dato che Hezbollah dovrà ora spostare i propri combattenti dalla Siria in Libano, al fine di proteggere il Paese e la popolazione sciita.
L’accerchiamento di al-Qusayr e Homs è uno schiaffo a Hezbollah, che ha perso duecento dei suoi combattenti per liberare queste città, e ora vede vanificati tutti i suoi sforzi poiché non è in grado di fermare al confine ovest del Libano le forze dello Stato Islamico. Negli ultimi tre anni, Hassan Nasrallah aveva affermato che Hezbollah aveva combattuto in Siria per poter sopravvivere in Libano, ma il suo coinvolgimento in Siria non ha portato i risultati sperati. È vero invece il contrario, ha aumentato la motivazione dei ribelli sunniti - Stato Islamico e Jebhat al-Nusra - a vendicarsi di Hezbollah nella sua stessa roccaforte, il Libano. Hezbollah potrebbe anche ritirarsi da Zabadani, una città tra Beirut e Damasco, aprendo così la strada per una possibile riconquista della città da parte dei ribelli o dello Stato Islamico. La morsa sunnita sulla setta alawita in Siria, il regime di Assad, gli sciiti del Libano e le milizie di Hezbollah, si fa sempre più stretta, mentre chi si trova sotto assedio implora l’ aiuto di Teheran e Mosca.
Manifestazione a favore dello Stato islamico a Tripoli, in Libano
Questo spiega gli sforzi febbrili dei politici di questi due Paesi, nel tentativo di trovare una soluzione alla guerra in Siria prima che Assad, il suo popolo e gli sciiti del Libano cadano sotto i coltelli dello Stato Islamico. Ma col passare del tempo, le possibilità di trovare una soluzione sono sempre meno realistiche. Il destino dei drusi, dei cristiani e degli alawiti in Libano, non sarà migliore di quello degli sciiti. Il Libano – che una volta era definito la Svizzera del Medio Oriente - potrebbe presto diventare l’inferno in terra. Israele, Turchia, Arabia Saudita, Giordania e Iraq devono unire le loro forze per il controllo dei missili di Hezbollah, perché se e quando dovessero cadere nelle mani dello Stato Islamico, saranno con ogni probabilità lanciati contro ognuno di questi Paesi. L’Iran, il principale fornitore di queste armi, si vendicherà di chiunque permetta allo Stato Islamico di attuare i suoi piani contro gli sciiti libanesi.
Gli ayatollah dell’Iran, il cui regime domina la scacchiera mediorientale, sfrutteranno i miliardi che stanno per ricevere in base all’Accordo Nucleare di Vienna, per regolare i conti con tutti coloro che hanno sostenuto e aiutato le milizie sunnite in Siria, a partire dall’Arabia Saudita fino al Qatar, Emirati, Turchia e Israele. Questo obbliga chiunque abbia a cuore il futuro del Medio Oriente, a porre fine alla possibile realizzazione di questo scenario, prima che sia troppo tardi. Il caos che l’Iran ha seminato nello Yemen è esattamente quello che avverrà in Libano. Il problema non sono solo le armi nucleari in possesso dell’Iran, ma il regime stesso, la sua ideologia, il sistema religioso e i suoi comportamenti. Il mondo deve porre fine a questo regime ad ogni costo, esattamente come deve distruggere la minaccia dello Stato Islamico. La speranza che l’Iran farà il lavoro sporco del mondo e distruggerà lo Stato Islamico è infondata, nient'altro che una chimera. Il mondo deve unirsi contro Iran e Stato Islamico, prima che questi diventino una minaccia globale.
Le divisioni religiose in Libano
Guerra non convenzionale
Lo Stato Islamico, mentre combatte i suoi oppositori, deve anche affrontare problemi interni. Questa settimana è stato segnalato che sedici dei suoi combattenti sono stati infettati con l’AIDS in seguito al "matrimonio Jihadista" con due volontarie marocchine portatrici del virus. Il medico saudita e due infermiere yazidi che hanno scoperto la presenza della malattia, l’hanno resa pubblica, causando il panico tra le forze dello Stato Islamico, sono stati uccisi dopo la pubblicazione del loro rapporto, mentre le donne marocchine sono fuggite in Turchia. Lo Stato Islamico ha deciso di affidare a chi aveva contratto il virus delle missioni suicide, ritenendo di fermare la diffusione della malattia e fare in modo che il loro sangue venisse versato tra i nemici. Anche questo è un metodo dello Stato Islamico di fare la guerra biologica.
Questa settimana, si è saputo che gli ingegneri militari dello Stato Islamico hanno cominciato a riempire i razzi Katyusha con il gas di cloro: si è reso evidente quando uno dei razzi è esploso vicino alla sua rampa di lancio e il gas ha ucciso i miliziani che l’avevano lanciato. Non è stata una sorpresa, già due settimane fa erano emerse le prime notizie secondo cui lo Stato Islamico stava riempiendo razzi e missili di gas, preso da depositi dell’esercito siriano ad Alspira e Aleppo. Solo un mese fa era stato sventato un tentativo da parte di terroristi legati allo Stato Islamico, di versare barili di veleno nei bacini di Pristina, capitale del Kosovo. I responsabili vennero catturati, salvando da morte certa 200.000 abitanti di quella città. Può lo Stato Islamico intraprendere una guerra con armi chimiche? E’ possibile.
Nel nord della Siria, con la sua maggioranza curda, si è costituita un’unità di donne cristiane assire dopo un addestramento militare intensivo, pronta per qualsiasi tipo di guerra. Quest’unità sarà inviata a combattere lo Stato Islamico tenendo ben presente che questi combattenti sono convinti che se vengono uccisi da una donna, non riceveranno la ricompensa che li attende in Paradiso. Di conseguenza, non appena sanno che sono circondati da unità dell’esercito femminile, di solito fuggono. Per questo motivo le combattenti curde lanciano urla agghiaccianti quando sono vicine alle milizie dello Stato Islamico. E’ probabile che le donne assire faranno lo stesso, utilizzando la guerra psicologica contro lo Stato Islamico, che a sua volta continua la sua guerra psicologica attraverso la diffusione di video impressionanti che mostrano la macellazione dei nemici; anche vendere le figlie degli infedeli come schiave ha la finalità di demoralizzare gli oppositori.
Conclusioni
Lo Stato Islamico è impegnato in una guerra con armi biologiche, chimiche e psicologiche, un altro motivo per definirlo uno Stato terrorista e non solo un'organizzazione terroristica. Prima che i suoi combattenti possano mettere le mani su materiali radioattivi, che userebbero senza esitazione contro i loro nemici, può essere utile ricordare che ogni ospedale ha un deposito per i rifiuti di materiali radioattivi. Mettere insieme una "bomba sporca" con questi materiali è davvero facile. Che D-o ci aiuti.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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