Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/08/2015, a pag. 7, con il titolo "Quelli che oggi ci criticano ieri sgomitavano al Family Day", l'intervista di Giacomo Galeazzi a Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo.
Non vorremmo entrare in polemiche inter-vaticane, dei cattolici reazionari che organizzano il Family Day e chi adesso critica la posizione di Papa Francesco sul tema immigrazione. Ci preoccupa invece l'affermazione del vescovo di Mazara del Vallo, la cui visione del pericolo islamista è evidentemente limitata ai confini della propria diocesi, dal momento che sostiene che "è folle pensare che l'islam voglia cancellare le nostre radici".
Una preoccupazione che si ingigantisce quando ci rendiamo conto che la posizione del vescovo è la stessa del Vaticano, che vede la soluzione del problema nella sola accoglienza, senza uno sforzo di capire che il problema alla radice si chiama islam.
Su questo argomento, il nostro commento alla dichiarazione del Presidente Mattarella in altra pagina.
Ecco l'articolo:
Giacomo Galeazzi, Domenico Mogavero
"Quelli che ora si stracciano le vesti perché noi vescovi siamo accanto a chi soffre sono gli stessi che fino a qualche anno fa sgomitavano in piazza ai Family day per accreditarsi come politici cattolici". Il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, delegato in Sicilia per le migrazioni e la Caritas, ha vissuto a Roma da sottosegretario Cei «la lunga stagione dei paladini delle crociate bioetiche sui valori non negoziabili».
La Lega denuncia l’ingerenza della Cei. Cosa replica?
«C’è un evidente strabismo. La Chiesa difende sempre la sacralità della vita. Va bene quando interveniamo su aborto, testamento biologico, matrimonio e invece violiamo il Concordato predicando accoglienza e integrazione per i rifugiati? Sono strumentalizzazioni che invece di affrontare i problemi li complicano. Papa e vescovi sono in prima linea nell’emergenza ma la collaborazione tra Stato e Chiesa viene avversata da partiti che soffiano sulle emergenze per fini elettoralistici».
La Chiesa italiana non dà più patenti di cattolicità ai partiti?
«Non solo non distribuisce più accreditamenti ma si rivolge ugualmente a maggioranza e opposizione senza cercare privilegi né canali preferenziali coi palazzi della politica. Noi vescovi esprimiamo quel sentimento popolare che soffre per la lontananza tra gente e istituzioni. Francesco è diventato un riferimento per tutti come portavoce di chi non ha voce. Diocesi e parrocchie sono avamposti in una fase di difficoltà generale».
È il nuovo corso di Francesco?
«Il Papa ci ha detto che il nostro compito di pastori è formare le coscienze e orientarle cristianamente. Poi, fare politica spetta ai laici non a vescovi e sacerdoti. Nel documento di Aparecida, Bergoglio indica il metodo di raccogliere diversità e varietà di esperienze per mettere in moto uno stato permanente di missione e conversione pastorale.Non bisogna cedere a disincanto, scoraggiamento, lamentele. Per gli sbarchi sulle coste agli slogan deleteri di certa politica si contrappone l’impegno di migliaia di persone».
I vescovi fanno politica?
«No. Predichiamo il Vangelo. I respingimenti sono immorali. Si invocano costumi incivili che non vanno assecondati. Dicono che ci siamo schierati, ma dove c’è l’uomo c’è Dio. Ce lo impone la dignità di vescovi. Ci danno dei comunisti perché siamo dalla parte della giustizia, della verità, della lotta all’oppressione, ma siamo dov’è la Chiesa da duemila anni. “Chi ti dà il diritto di pestare la faccia al povero”, chiede il profeta Isaia. Dobbiamo mettere da parte angoscia distruttiva e fandonie della guerra santa. Non c’è alcun pericolo rispetto alla nostra identità di fede. L’Islam non vuole cancellare le radici cristiane in Occidente».
Non c’è un rischio invasione?
«No. Ci ricordiamo del nostro cristianesimo solo quando sentiamo il pericolo. E invece dobbiamo guardare alla ricchezza culturale del Mediterraneo e dialogare. È un’opportunità per la società e per la Chiesa. Francesco ha indicato a noi vescovi italiani un modello pastorale forte nella denuncia, concreto nel rivolgersi alla gente, aperto alla collegialità e alle iniziative di un laicato che sia lasciato libero di assumere le proprie responsabilità senza input clericali. La sensibilità ecclesiale è appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo e cioè umiltà, compassione, misericordia, concretezza, saggezza. È il momento delle scelte coraggiose. Perciò ci rimbocchiamo le maniche ovunque serva. Senza fare inutili polemiche né proclami. Non sono certo i migranti a impoverire famiglie e pensionati italiani ma una mentalità di corruzione pubblica e privata che prolifera senza vergogna».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante