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La Stampa Rassegna Stampa
11.08.2015 Nel Museo d'Israele il mondo che è stato e che verrà
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 11 agosto 2015
Pagina: 27
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La Storia antica riparte da internet. Così il museo d'Israele attira i giovani»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/08/2015, a pag.27, con il titolo " a Storia antica riparte da internet. Così il museo d'Israele attira i giovani " l'articolo di Maurizio Molinari dedicato la Museo d'Israele di Gerusalemme.

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Copertina, Bompiani Editore           Maurizio Molinari


Israel Museon, Yerushalaim

Astronauti vestiti di batik, manoscritti di Albert Einstein e oggetti del neolitico: James Snyder, direttore newyorkese del Museum Israel, illustra l'esposizione sulla «Storia dell'Umanità» spiegando che «è tratta da un best seller» a dimostrazione che nel XXI secolo i musei possono essere una «sinfonia» fra modalità diverse di arte. Cappello di paglia, giacca di lino leggero e voce tenue, Snyder guida da 19 anni il museo che, dopo il memoriale della Shoah allo Yad Vashem, è il luogo più visitato d'Israele. La scelta di celebrare il 50 anno del museo con la mostra dedicata a «Breve storia dell'umanità» (pubblicato in Italia da Bompiani) di Yuval Harari, nasce dalla volontà di dimostrare quanto «l'arte pub essere dinamica». E di conseguenza «il ruolo di un museo è armonizzarne le diverse espressioni». E' un'impostazione che condivide e realizza con un team di stretti collaboratori «a cui chiedo sempre il massimo», a cominciare dalla curatrice delle esposizioni, l'italiana Tania Coen-Uzzielli. E' questo approccio al museo come sintesi di diverse forme di arte che, all'inizio dell'anno, lo ha visto inaugurare la mostra sulle opere dell'americano James Turrell capaci di creare lo spazio dalla luce». Le pagine scritte come la luce aiutano un museo «a comunicare con un pubblico più vasto». E questo è ancora più vero per la realtà virtuale. «Ci troviamo a Gerusalemme, nel cuore dell'umanità, e il museo è chiamato a esprimerne la costante tendenza al rinnovamento, alla modernità» aggiunge, riferendosi alla scelta di digitalizzare i Rotoli del Mar Morto - le più antiche copie esistenti di testi esseni di epoca biblica, esposte sotto la cupola del Santuario del Libro - per renderle accessibili su scala universale grazie a GoogleArt. «Questi antichi manoscritti su pergamena sono la nostra Gioconda - spiega - ed abbiamo deciso di metterli online perché il ruolo di un museo è di condividere i propri gioielli con il pubblico ovunque» anche perché «immaginare di tenerli in cassaforte non ha molto senso quando chiunque pub scattare un foto e postarla online». Il risultato è una mappa interattiva di contatti da ogni angolo del pianeta con l'unica eccezione di tre Paesi dell'Africa centrale. «Sono quelli non collegati da Internet», precisa. Lo slancio verso i nuovi media trova un premio nell'identikit del pubblico: fra i circa 850 mila visitatori l'anno almeno 100 mila sono giovani. Ma non è tutto: il Museo d'Israele è anche l'epicentro di un network di 17 Associazioni di amicizia, dal Brasile a Hong Kong, dal Sudafrica all'Italia, che generano interesse e donazioni come quella di 300 antichità greco-romane dei filantropi Robert e Renee Belfer, gli stessi della «Belfer Court» del Metropolitan Museum di New York. «Non siamo in competizione con nessuno - puntualizza - vogliamo solo completare la visione con cui il Museo d'Israele nacque nel 1965 grazie a Teddy Kollek, l'ebreo viennese portatore della passione per la cultura universale» che fu per 27 anni sindaco di Gerusalemme. L'altro esempio di «pioniere dell'arte» a cui Snyder si richiama è Boris Shatz, lo scultore lituano che all'inizio del Novecento fondò la scuola «Bezalel» di Belle Arti a Gerusalemme iniziando a tessere il legame fra la città più antica e l'arte del nostro tempo che si ritrova nelle gallerie dove il Profeta Geremia di Rembrandt si alterna all'installazione Letteratura delle Tempeste della video-artista Dana Levy Fino alla famiglia di astronauti con le tute spaziali coperte da coloratissimi batik che l'anglonigeriano Yinka Shonibare raffigura durante un pic-in su un pianeta qualsiasi. E' l'ultima sala dell'esposizione sul libro di Harari ed apre una finestra sul mondo che verrà.

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