Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/08/2015, a pag. 1-9, con il titolo "Il Canale di Suez raddoppia, l'Egitto di Al Sisi mostra la sua grandezza", l'analisi di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Al Sisi naviga sul nuovo Canale di Suez
«Questo è solo il primo di migliaia di passi che l’Egitto di appresta a compiere»: il presidente Abdel Fattah Al Sisi inaugura il raddoppio del Canale di Suez con parole e gesti tesi a presentarlo come l’inizio di un processo di rinascita nazionale di lungo termine ma sono in molti a dubitare che basterà a rilanciare un’economia a corto di risorse.
La cerimonia
I simboli della cerimonia a Ismailia descrivono il nazionalismo attorno a cui Al Sisi vuole ricostruire il Paese reduce da quattro anni di instabilità. Il Raiss arriva indossando un’alta divisa militare a bordo del El-Mahrousa, lo yacht presidenziale che fu la prima imbarcazione ad attraversare il Canale nel 1869, scortato dalla fregata francese «Fremm» denominata «Lunga Vita all’Egitto» mentre in cielo sfrecciano pattuglie di jet Rafale e F-16, consegnati da Parigi e Washington nelle ultime settimane. Il tutto in una cornice di simboli e costumi faraonici che rappresentano attorno alle rive del Nilo una continuità fra i fasti dell’Antichità e le potenzialità odierne. E sotto la tenda della cerimonia Al Sisi, sostituita la divisa per un più austero vestito scuro, pronuncia un discorso-manifesto sulla nazione «che regala al mondo questo nuovo Canale da 8 miliardi di dollari», riuscendo nell’impresa «nonostante il peggiore dei terrorismi che ci minaccia» e grazie «all’unità ed alla determinazione che ci distinguono». Testimoniate dalla presenza accanto a lui dell’imam di Al-Azhar, Al Tayyeb, e del Pope copto Tawadros II. «Abbiamo trionfato sul terrorismo con la vita e sull’odio con l’amore» dice il Raiss, concludendo con l’annuncio di «nuovi grandi progetti nazionali» a cominciare da una zona industriale a ridosso del Canale di Suez destinata ad attrarre investimenti stranieri al fine di creare occupazione.
I leader stranieri
Il tutto nella cornice di oltre duecento leader stranieri - dal presidente francese Hollande al premier russo Medvedev fino al re di Giordania - che gli garantisce la veste di legittimità internazionale cercata sin dall’arrivo al potere nel giugno 2013 con il rovesciamento militare del predecessore Morsi. Per l’Egitto è un giorno di festa nazionale, con le maggiori città coperte di scritte patriottiche e le tv impegnate a trasmettere video e canzoni che esaltano contadini, lavoratori e soldati, le tre tipologie di cittadini su cui Al Sisi punta per garantire prosperità e sicurezza ad una popolazione di 90 milioni di anime assediata da povertà e sottosviluppo.
I dubbi
Ma la scommessa di affidarsi a tale ricetta per superare difficoltà economiche confermate dal calo delle riserve in valuta - scese a 18,5 miliardi di dollari in luglio - si scontra con le obiezioni degli analisti, assai dubbiosi sulle previsioni governative di poter triplicare entro il 2023 le entrate del Canale. «Ogni proiezione sul futuro è una speculazione perché il commercio marittimo dipende dalla crescita globale» osserva Peter Hinchliffe, segretario generale della «International Shipping Federation», precisando che «l’aumento massimo del traffico in 10 anni potrà essere del 30 per cento» ovvero ben inferiore alle attese di al Sisi. Ahmed Kamaly, economista dell’American University al Cairo, è più netto: «Il raddoppio del Canale è stato eseguito senza studi appropriati e le previsioni di entrate sono del tutto ipotetiche». Willy Shih, docente ad Harvard e studioso di Egitto, aggiunge: «C’è bisogno urgente di manifatture e posti di lavoro, forse gli 8 miliardi di dollari potevano essere impiegati in maniera più fruttuosa». A sollevare ulteriori dubbi sul nazionalismo di al-Sisi sono quei media egiziani - digitali e non - che indicano i maggiori sponsor della cerimonia del Canale nei tycoon legati all’era di Mubarak, rovesciato dalla rivoluzione del 2011: dall’«Ezz Steel» di Ahmed Ezz, reduce da una condanna a 3 anni per corruzione, al «Talaat Moustafa Group», conglomerato industriale legato al passato regime, fino a «Ceramica Cleopatra» di proprietà di Mohammed Aboul Enein, ex alto funzionario del disciolto partito Nazional-Democratico. A conti fatti l’unico grande finanziatore non legato a Mubarak è Nagub Sawiris, proprietario fra l’altro di Orascom, che dopo la caduta di Morsi promise di «investire in Egitto come mai fatto in precedenza» per sostenere al-Sisi.
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