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La Stampa Rassegna Stampa
06.08.2015 Corsa al nucleare: ormai in Medio Oriente fa gola a tutti
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 06 agosto 2015
Pagina: 10
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Missili e bombe sporche, così Stati e terroristi inseguono l'atomica»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/08/2015, a pag. 10, con il titolo "Missili e bombe sporche, così Stati e terroristi inseguono l'atomica", l'analisi di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

A 70 anni dall’esplosione di Hiroshima la corsa all’atomica è in pieno svolgimento sviluppandosi con diverse modalità: le potenze nucleari investono in armi più sofisticate, i Paesi con arsenali non dichiarati si dotano di vettori più efficienti e poi ci sono quelli che inseguono in segreto la bomba. Senza contare i 1461 episodi annuali di furti e atti illeciti con materiale radioattivo che potrebbe finire nelle mani di mafie, gang e terroristi.

La sfida Usa-Russia
Il disarmo nucleare fra Stati Uniti e Russia, protagonista degli Anni 90 dopo la fine della Guerra Fredda, procede oramai a stento. Washington e Mosca hanno ridotto la somma delle loro testate schierate da 23000 nel 1989 a 3500 nel 2014 ma - come attesta uno studio della Federazione degli scienziati americani (Fas) - ha bruscamente rallentato: fra il 2004 e il 2008 gli Usa hanno tagliato 3287 testate strategiche e dal 2008 al 2014 appena 500 mentre la Russia, negli stessi periodi, è passata da 2500 a 1500. E le altre tre potenze nucleari indicate nel Trattato di non proliferazione del 1968 - Gran Bretagna, Francia e Cina - non hanno compiuto riduzioni significative. Ciò significa che le cinque «nazioni nucleari» danno, nel complesso, maggiore importanza all’arsenale atomico oggi rispetto a 20 anni fa, a dispetto di proclami e dichiarazioni in senso contrario. Basti pensare che solo gli Stati Uniti pianificano di spendere nell’arco dei prossimi 10 anni circa 350 miliardi di dollari per modernizzare il proprio arsenale strategico.

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John Kerry raccoglie le ordinazioni per la bomba atomica


Missili e sottomarini
L’ammodernamento delle armi nucleari è una caratteristica che accomuna anche le potenze atomiche non indicate nel Trattato di non proliferazione: India, Pakistan, Nord Corea e Israele. «New Delhi e Islamabad stanno accelerando la corsa nucleare con la realizzazione di vettori da trasporto sempre più perfezionato» spiega Oliver Meier, dell’Istituto di affari internazionali e di sicurezza di Berlino, secondo il quale si tratta di una «gara a tre» perché la Cina si considera direttamente minacciata e «risponde con ingenti risorse investite nello sviluppo di vettori a testata multipla» che aumentano le opzioni militari. Per Israele, che mantiene una politica di ambiguità nucleare, l’ammodernamento dell’arsenale riguarda soprattutto l’acquisto di sottomarini tedeschi di classe Dolphin. «Ne hanno già cinque e il sesto è in arrivo - afferma Bruce Riedel, ex consigliere della Casa Bianca sull’intelligence ora in forza alla Brookings Institution - sono capaci di trasportare missili nucleari e potrebbero colpire l’Iran lanciandoli dal Mediterraneo o dal Mar Arabico».

La Nord Corea ha testato il suo primo missile nucleare sottomarino a metà maggio, sorprendendo tutti nel riuscire a farlo affiorare dall’acqua correttamente, seppur per una corsa assai breve. Si è trattato di un vecchio vettore sovietico, con gittata di 2400 km capace di portare tre testate nucleari e poiché Pyongyang ha effettuato tre test sotterranei negli ultimi 10 anni ciò conferma la volontà di essere potenza atomica. Tantopiù che non cela la produzione di uranio e plutonio per realizzare degli ordigni.

La galassia oscura
C’è poi un’area grigia di Paesi sospettati o intenzionati a ottenere l’arma atomica – dall’Iran all’Arabia Saudita – che investono cifre da capogiro nella realizzazione di vettori balistici, silos e basi necessarie all’eventuale uso. Come riassume Joe Cirincione, del centro studi Ploughshares Fund di Washington, «le potenze nucleari ufficiali investono in testate sempre più sofisticate mentre le altre nazioni atomiche o presunte tali fanno altrettanto per diversificare e migliorare i vettori di lancio».

Il network del terrore
Ma non è tutto perché l’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) con il proprio «Indice su incidenti e traffici illeciti» di materiali radioattivi tasta il polso a quanto avviene annualmente sul mercato clandestino. I dati dell’ultimo rapporto, pubblicato nel 2014, documentano 1461 «incidenti» di cui 6 avvenuti per «possesso inerente ad attività criminali», 47 per «furto o perdita» e 95 per «attività non autorizzate». Ciò significa che criminalità organizzata, gruppi terroristi o altri tipi di gruppi illegali continuano a tentare di impossessarsi di materiale che potrebbe essere adoperato per realizzare, vendere o adoperare una «bomba sporca» ovvero un ordigno in grado di diffondere radioattività. «Tali episodi di traffici illeciti continuano e vengono registrati grazie alla collaborazione di oltre 100 Paesi» spiega Francesco Marelli, esperto di lotta alla proliferazione dell’unità Crimine e Giustizia dell’Onu (Unicri), sottolineando la perdurante importanza di questo «network di monitoraggio».

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