Riprendiamo da ITALIA OGGI, con il titolo "In Israele va l'acqua del mare: è il primo paese al mondo in questo settore tecnologico", il commento di Massimo Galli.
Un impianto di desalinizzazione delle acque in Israele
Israele ha un record mondiale che fa invidia a molti: il 70% dell'acqua che esce dai rubinetti nelle famiglie proviene dal mare. Dopo essere stata desalinizzata negli appositi impianti, diventa potabile e passa all'uso domestico. Uno degli esempi più eloquenti è quello della struttura di Palmachim, dove ogni giorno 624 mila metri cubi d'acqua vengono prelevati dal mare attraverso due grandi tubi sotterranei lunghi un paio di chilometri. Il nome dell'impianto è Sorek e si tratta del più grande al mondo nella desalinizzazione per osmosi inversa, una tecnica all'avanguardia. Si trova a 15 chilometri da Tel Aviv e rifornisce il 20% dell'acqua corrente dell'intera nazione. Il fatto che Palmachim sia un gioiello tecnologico è testimoniato dal fatto che esperti e scienziati arrivano dall'intero pianeta per capirne il funzionamento.
Passando attraverso membrane porose che la liberano dai cristalli di sale, l'acqua viene filtrata e arricchita di minerali, mentre lo scarto della lavorazione torna in mare. Al termine del trattamento, spiegano i responsabili della struttura, l'acqua è perfetta per il consumo. Non c'erano altre vie per Israele, il cui clima semidesertico avrebbe costretto la popolazione a confrontarsi in maniera permanente con la penuria d'acqua. Per non parlare delle aziende, molte delle quali consumano acqua in gran quantità. La competenza professionale dei tecnici ha supplito a questo limite: negli ultimi dieci anni sono sorti quattro impianti di desalinizzazione, sotto l'impulso del governo. E il quinto è atteso entro pochi mesi.
C'è però il rovescio della medaglia, almeno secondo gli ambientalisti, che ritengono questa tecnica troppo onerosa in termini di consumo energetico. Inoltre non si conosce l'impatto del ritorno in mare degli scarti, che consistono in acqua ad alto contenuto salino: l'ecosistema potrebbe risentirne a lungo termine. Ma i tecnici ribattono che non fare niente avrebbe avuto costi di gran lunga superiori per lo Stato ebraico. Avshalom Felber, numero uno di Ide, società che gestisce l'impianto, sottolinea che questo programma ha cambiato le carte in tavola. In genere le piogge garantiscono soltanto metà del fabbisogno della popolazione e sei anni fa il timore era che ci si sarebbe presto ritrovati in una situazione preoccupante.
Oggi, invece, Israele ha acqua in eccesso e ha risolto i suoi problemi. Non solo: grazie alle competenze accumulate, Tel Aviv ha siglato un accordo con la Banca mondiale per condividere la propria esperienza e metterla a disposizione di altri paesi. Eilon Adar, direttore dell'Istituto Zuckerberg per la ricerca sull'acqua all'università Ben Gurion del Negev, spiega che l'acqua non è considerata una semplice risorsa naturale, ma una materia prima importante quanto il petrolio: si tratta di un argomento che riguarda la sicurezza nazionale. Oltre a questo aspetto c'è anche quello del riutilizzo dell'acqua. Anche qui Israele è primo nel mondo con l'86% rispetto al 19% della Spagna, che si trova in seconda posizione. L'acqua recuperata da appositi impianti copre i due terzi del fabbisogno agricolo, compresa l'irrigazione della frutta e dei legumi più delicati.
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