Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/08/2015, a pag. 15, con il titolo "Ma Khamenei minaccia Israele: 'Libereremo Gerusalemme'", l'analisi di Maurizio Molinari.
Ecco il programma dell'Iran, tutto il resto sono chiacchiere, come l'Accordo di Vienna, a risentirci fra 10 anni, se non prima.
Maurizio Molinari
Libro e autore: entrambi poco raccomandabili
Ali Khamenei teorizza l’«egemonia iraniana» sul Medio Oriente attraverso l’eliminazione di Israele, gli ultraconservatori accusano il governo di aver ceduto sulle «linee rosse» del nucleare e l’ex presidente Mohammed Ahmadinejad si candida al Parlamento di Teheran per guidare la controffensiva dei «falchi».
A dare il polso della reazione dei conservatori di Teheran all’accordo di Vienna sul programma nucleare era stato a metà luglio Ali Khamenei, Leader Supremo dell’Iran, assicurando che «la nostra politica contro l’arroganza dell’America non cambierà». Ed ora è sempre Khamenei a rafforzare il messaggio autorizzando la pubblicazione da parte del suo ufficio - ovvero l’istituzione più importante della Repubblica Islamica - di un libro-pamphlet di 416 pagine nel quale si teorizza la distruzione dello Stato ebraico nel quadro di una «egemonia dell’Iran sulla regione» destinata a sostituire l’«egemonia dell’Occidente».
Il libro identifica l’autore nel Grande Ayatollah Seyyed Ali Husseini Khamenei definendolo «il portabandiera della liberazione di Gerusalemme» e per negare il diritto all’esistenza di Israele adopera tre verbi: annichilire, dissolversi e rimuovere. Se lo Stato ebraico è «il nemico», per Khamenei le ragioni sono tre. Anzitutto è un leale «alleato del Grande Satana americano» ed è dunque un ingranaggio-chiave dello «schema diabolico» di dominare la «madreterra della Ummah» musulmana. In secondo luogo è un «infedele ostile» perché ha combattuto contro i musulmani. Ed infine «occupa Gerusalemme», «terza città santa dell’Islam» dove Khamenei svela di «avere il desiderio di pregare».
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La strategia
Nel libro la strategia per cancellare Israele viene illustrata nei dettagli spiegando che non si tratta di una «guerra classica» ma di un conflitto di lungo termine a bassa intensità per spingere il numero più alto possibile di ebrei ad andarsene. La soluzione del conflitto mediorientale è dunque nella «formula con un solo Stato», sotto i musulmani, che consentirà di rimanere come «minoranza protetta» solo a quel numero limitato di ebrei con «vere radici» in loco.
Per realizzare tale progetto Khamenei punta, sul piano militare, su conflitti di attrito simili a quelli «vinti» negli ultimi anni da Hezbollah in Libano del Sud e Hamas a Gaza, e sul piano diplomatico sulla «stanchezza nei confronti di Israele» da parte della comunità internazionale. A completare il tutto c’è una definizione dell’Olocausto come «strumento di propaganda» perché «se davvero qualcosa di simile è avvenuto, non sappiamo perché e come».
Si tratta di posizioni destinate a rafforzare le voci degli ultraconservatori a Teheran in coincidenza con la discussione in Parlamento dell’intesa di Vienna che ha visto il ministro degli Esteri Javad Zarif bersagliato da critiche e ironie degli oppositori, arrivati a simulare di dormire durante il suo intervento. Il magazine «9 Dey» e il quotidiano conservatore «Kayhan» hanno accusato il team negoziale di aver «violato le linee rosse di Khamenei» e il governo ha reagito con un provvedimenti insolito: vietando le pubblicazioni del primo e «ammonendo» il secondo.
D’altra parte più miliziani Basiji hanno espresso scontento contro Vienna scrivendo su Facebook e la tv di Stato ha fatto proprie tali critiche mandando su tutte le furie Ali Akbar Velayati, collaboratore di Khamenei. È in tale atmosfera che l’ex presidente Ahmadinejad annuncia la candidatura alle politiche di febbraio con un ritorno in politica teso a «impedire alle culture straniere di penetrare in Iran». «Non dobbiamo dimenticare che gli Usa sono il nostro nemico», ha detto Ahmadinejad nel primo comizio, facendo proprio il messaggio di Khamenei.
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