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Commento di Deborah Fait (fotografie di Sharon Nizza) A destra: l'attacco al Gay Pride di Gerusalemme Si chiama Yishai Shlissel, un criminale, è stato in galera 10 anni per aver ferito tre persone durante il Gay Pride del 2005. Scontata la pena, è stato rilasciato da poco e oggi lo ha rifatto, ha coltellato 6 persone, di cui due in gravi condizioni. Adesso spero ardentemente che, dopo averlo rinchiuso, gettino le chiavi e lo lascino marcire in galera fino a quando sarà tanto vecchio da non riuscire nemmeno a reggere un coltello. Rai3, La7 e altri telegiornali hanno dato la notizia, per fortuna senza commenti, ma aspettiamo perchè oggi avevano il problema del caos di Fiumicino che ha tenuto banco. Come ogni Paese del mondo anche Israele ha le sue mele marce che puzzano tanto di più proprio perchè questo è un paese dove gli omosessuali vivono una realtà assolutamente libera e tranquilla. Israele è famoso per essere il paradiso dei gay, ed è la verità. E’ qui che vengono a rifugiarsi molti arabi dei territori contesi e dei paesi circostanti dove sono perseguitati persino dalle loro famiglie e messi a morte dai loro governi . Ecco una bella testimonianza su di un gay libanese che innamoratosi di un ragazzo israeliano parla della sua esperienza: “Israele è, per Fabian, come per tutti i gay arabi, un'isola felice. Lì non deve nascondersi. L'anno scorso, per la prima volta, ha visitato Israele in occasione del Gay Pride. E qui ha conosciuto il suo amore: Avi, un ragazzo israeliano con il quale è poi andato a convivere a Tel Aviv (ora è in attesa di ottenere un visto di soggiorno). Qualche giorno fa, insieme alla famiglia di Avi, Fabian è andato in gita sul Mar Morto. «Un posto che amiamo», ha raccontato sulla sua pagina Facebook in un post divenuto virale. «Quando siamo arrivati – racconta il ragazzo, che lavora come fotografo – ho visto due soldati israeliani che stavano pattugliando la zona. E' stata la prima volta che li ho visti impegnati sul campo. Ero un po' nervoso, perché, in quanto libanese, sono portato ad avere paura di loro, per via di tutte le cose negative che ho sentito sui militari – e poi perché, diciamolo, non hanno la migliore reputazione a livello mondiale. In fondo, Israele e Libano sono stati in guerra tra loro per molti anni». Fabian decide di avvicinarsi ai due militari, che gli iniziano a parlare in ebraico. «Scusate, non parlo ebraico», dice il ragazzo. «E di dove sei?», gli risponde in inglese il soldato. Fabian dice di venire dal Libano: la reazione lo spiazza. «Wow! E adesso sei qui. Fantastico. Sono stato impegnato in Libano molti anni fa. E' un paese stupendo». Le paure e i pregiudizi si dissolvono immediatamente. «Mi aspettavo che mi avrebbe controllato il passaporto – dice Fabian – e invece siamo finiti a conversare amichevolmente sulla bellezza del mio Paese. Credevo che mi avrebbero controllato i documenti, ma non l'hanno fatto». A quel punto, la famiglia del suo fidanzato decide di invitare i due soldati a pranzo. «Siamo stati benissimo insieme – racconta il ragazzo – abbiamo parlato e riso assieme. Mi hanno trattato come uno di loro. Non c'è stata nessuna tensione. Un momento straordinario». http://m.ilmessaggero.it/m/messaggero/articolo/PRIMOPIANO/1491777 Questo è Israele e chi lo conosce lo sa. Il GayPride di Gerusalemme è una manifestazione festosa e quasi casalinga con la partecipazione di migliaia di persone, tanti colori come sempre, tanti palloncini, musica, allegria e soprattutto tante famiglie con i bambini per mano o a cavalcioni sulle spalle. E’ il festival che, quasi castamente, senza eccessi, onora e celebra la diversità ed è proprio la diversità in tutte le sue manifestazioni che fa di Israele un paese affascinante. Le lingue che vi si parlano oltre all’ebraico, quasi tutte le lingue del mondo, la particolarità della gente che ha tutte le nuances dei colori, dal bianco al cioccolato, al nero, al giallo, la libertà di essere come si vuole e di fare l’amore come e con chi si vuole, i diritti per tutti . E poi c’è l’allegria della gente , la sua ospitalità, la sua voglia di vivere “come se ogni giorno fosse l’ultimo”, la bellezza della sua gioventù variopinta. Questa festa di colori, di libertà, di democrazia ha purtroppo anche un punto nero, e nero in tutti i sensi, nero per i vestiti che indossano e per la mentalità chiusa che hanno. Parlo degli estremisti religiosi che, come tutti gli estremisti, non lasciano spazio alla libertà del pensiero e della fantasia ma si abbandonano al delirio dell’anima. La reazione contro il criminale che ha accoltellato e ucciso è stata fortissima in tutto Israele, dal Premier Netanyahu, ai vari ministri, all’uomo della strada, c’è stato quasi un urlo generale di disperata, totale, unanime condanna. Non tutti i religiosi sono così, a riprova di quanto dico è una telefonata ricevuta pochi minuti fa da un amico Chabad, in lacrime,: “Israele non è questo – continuava a ripetere- noi religiosi non siamo così. Che vergogna”. Era talmente rabbioso e disperato che ho dovuto consolarlo io, laica ma furibonda quanto lui. Certo che non è questo Israele, certo che i religiosi, quelli veri, quelli con l’anima, non sono così. Quelli come Schlissel hanno soltanto un buco nero da colmare con odio e intolleranza. Questi estremisti sono talmente fuori di testa che non riconoscono nemmeno Israele, bruciano la nostra bandiera, hanno persino il coraggio scellerato di non fermarsi quando suonano le sirene per Yom haShoà e nel Giorno del Ricordo dei nostri caduti in guerra e per terrorismo. Non li vorrei qui perchè Israele non merita questa feccia ma siamo una democrazia e ce li dobbiamo tenere, siamo noi i forti perchè siamo liberi e democratici. Schlissel, sia dimenticato il suo nome, e quelli come lui sono prigionieri della loro pochezza, del loro livore, della povertà e della banalità del loro essere. Ma sarà Israele a vincere, Israele con la sua umanità variopinta e allegra, con la sua bella gioventù piena di coraggio e di speranze, Israele con la sua inventiva e la sua genialità, Israele con la sua anima libera e indomita. Loro, con i loro buchi neri, si agiteranno un po’ ma perderanno sempre.
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