Riprendiamo da SETTE di oggi, 31/07/2015, a pag. 11, con il titolo "Il tempo (sprecato) può far bene all'Isis", l'analisi di Angelo Panebianco.
Angelo Panebianco
Lo squalo dello Stato islamico, pronto a divorare il Medio Oriente
I tempi, nella politica e nella storia, come del resto nella vita, sono decisivi. Fare una cosa oggi può avere (e normalmente ha) conseguenze molto diverse da quelle che si determinerebbero se quella stessa cosa venisse fatta domani. Che succederà se i Paesi occidentali ufficialmente impegnati contro lo Stato islamico (che controlla ormai ampie porzioni di quelli che un tempo erano la Siria e l'Iraq), continueranno a cincischiare, a fingere di combattere una guerra a oltranza che non è affatto tale? L'infezione non continuerà ad espandersi, la minaccia per gli stessi Paesi occidentali non crescerà ulteriormente a causa dei sempre più ampi reclutamenti da parte dell'estremismo islamico, se la fonte dell'infezione non verrà isolata e trattata con le cure più efficaci? E che succederà a quelle potenze sunnite che fingendo di contrastarlo, hanno fino ad oggi aiutato lo Stato islamico? Quando si sarà ulteriormente rafforzato non si rivolterà contro i suoi protettori occulti (sauditi, turchi, eccetera) cercando di travolgerli e di sottometterli?
Tutti ripetono che lo Stato islamico è una potenza modesta sotto il profilo militare, il cui successo mediatico occulta la sua debolezza. Oggi è così. Ma domani? Come tutti sanno, i bombardamenti, non servono per vincere le guerre. Neppure contro nemici deboli. Gli americani lo comprendono ma non cambiano strategia. Nel frattempo, ogni giorno che passa, dalla Libia al Sinai, dalla Palestina al Libano, al Maghreb, lo Stato islamico continua a fare proseliti. E i potenziali terroristi si mostrano sempre più attivi e protervi anche in Europa. Nessuno sa quando verrà superata la soglia al di là della quale non sarà più possibile fermare l'infezione.
SCELTA ATTENDISTA. Prima o poi la grandissima (e fintissima) grande coalizione che ufficialmente contrasta lo Stato islamico, dovrà essere sostituita da qualcos'altro, da una coalizione militare magari molto più ristretta, ma vera, disposta a mandare soldati sul terreno con il compito di combattere sul serio, e di sconfiggere, il nemico. Potrà accadere solo quando la minaccia sarà diventata talmente grave da non poter più essere ignorata. A quel punto, le resistenze politiche che hanno fin qui impedito alle democrazie occidentali di inviare truppe saranno superate, i governanti (americani e non solo) saranno costretti ad ignorare la paura di reazioni elettorali negative, dovranno cominciare a fare sul serio.
Però, non è detto che, giunti a quel punto, l'intervento possa avere successo. I tempi contano. Ciò che sarebbe relativamente facile ottenere oggi potrebbe non esserlo più domani. Speriamo solo che ciò che gli americani aspettano non sia un ancor più concreto aiuto militare da parte dell'Iran (e della Siria di Assad) come conseguenza dell'accordo nucleare. In tal caso saremmo proprio nei guai. Lo Stato islamico otterrebbe un grande vantaggio propagandistico, potrebbe denunciare la cospirazione dei crociati e degli eretici (sciiti). Sarebbe difficile, a quel punto, impedire che ingentissime simpatie, risorse finanziarie e militanti affluiscano da ogni angolo della umma sunnita in difesa del Califfo.
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