Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/07/2015, a pag. 9, con il titolo "Così l'Isis si è infiltrato in Afghanistan per diventare il leader globale del terrore", l'analisi di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Terroristi dello Stato islamico in Afghanistan
L’Emiro dei taleban che vuole riconquistare Kabul contro l’inviato del Califfo dello Stato Islamico intenzionato a scatenare l’Apocalisse con l’India: sulle spoglie del Mullah Omar inizia il duello fra leader jihadisti sul dominio sulla regione afghano-pachistana. È una sfida che oppone identità divergenti del jihadismo sunnita, portatrici di obiettivi strategici differenti.
Il network Haqqani
L’Emiro dei taleban è Jalaluddin Haqqani, l’ex comandante dei mujaheddin anti-sovietici negli Anni 80, addestrato dai pachistani, che reclutò Osama bin Laden ponendo le basi dell’alleanza con Al Qaeda. Oggi Jalaluddin guida il network meglio armato e organizzato di ciò che resta dei taleban, affiancato dal figlio Sirajuddin sul quale gli Usa hanno posto una taglia di 5 milioni di dollari. Se Sirajuddin è il leader militare, il padre fa parte della «Shura di Quetta», ovvero il consiglio jihadista dove taleban afghani e pachistani armonizzano posizioni teologiche e azioni militari.
Il «Network Haqqani» ha l’ambizione di sfruttare la morte del Mullah Omar per imporsi sui maggiori gruppi taleban esistenti - a cominciare da Hekmatyar - per sfruttare la fine della missione combattente della truppe Usa e Nato in Afghanistan lanciando un’offensiva capace di rovesciare il governo di Kabul, tornando a guidare il Paese proprio come fece il Mullah Omar fino al 2001.
Le basi lungo il confine afghano-pachistano, le complicità degli ambienti corrotti dell’intelligence pachistana e i legami con Ayman al-Zawahiri, capo di Al Qaeda, consentono agli Haqqani di ambire a diventare i nuovi sceicchi jihadisti dell’Af-Pak (Afghanistan-Pachistan) seguendo un copione che Hollywood ha anticipato con la serie «Homeland» incentrata proprio sulla sfida di questo network all’intelligence Usa.
La minaccia di «Khorasan»
Ma sulla strada di Haqqani c’è Hafiz Khan Saeed, il leader dei pachistani-talebani (Ttp) che da gennaio ha giurato fedeltà al Califfo Abu Bakr al-Baghdadi proclamando la creazione dello «Stato Islamico di Khorasan», ovvero l’area geografica che va dall’Afghanistan all’India.
Stime dell’intelligence occidentale suggeriscono che Khan Saeed è riuscito a reclutare almeno 300 taleban, creando basi e infrastrutture la cui brutale efficacia è dimostrata da un crescendo di attività: dalla strage di dicembre nella scuola dell’accademia militare di Peshawar all’attentato di aprile alla banca di Jalalabad fino alla campagna di decimazione dei fedelissimi del stesso Mullah Omar. A conferma della pericolosità di «Khorasan» c’è il raid con cui, lunedì, afghani e americani hanno eliminato il Mullah Abdul Rauf Khadim, ex comandante taleban dell’Helmand entrato nel Califfato.
«Khorasan» è il nome della cellula jihadista presente in Siria considerata più pericolosa dal Pentagono e soprattutto lo «Stato Islamico del Khorasan» è l’autore di un piano di 32 pagine scritto in urdu - rivelato da «UsaToday» - che fa impallidire la strategia afghano-centrica di Haqqani: punta a investire l’India con attacchi terroristici di portata tale da «innescare un’Apocalisse», ovvero spingere New Delhi a rispondere con le atomiche contro il Pakistan. L’assalto a Mumbai del 2008, realizzato dai taleban-pachistani di «Lashkar-e-Taiba» e per il quale Hafiz Khan Saeed è sospettato, è il precedente che descrive la matrice anti-indiana a cui si ispirano i piani di «attacco globale» del «Khorasan».
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