Riprendiamo dal FATTO QUOTIDIANO di oggi, 29/07/2015, a pag. 10, la breve "Gaza: 'Giorno di collera palestinese' "; da AVVENIRE, a pag. 12, con il titolo "Hamas: 'Venerdì giornata della collera' ", il commento di Federica Zoja.
Ripubblichiamo la breve del Fatto Quotidiano e l'articolo di Avvenire per evidenziare un carattere comune, tipico di quotidiani che offrono ai lettori una informazione faziosa e parziale su - ma sarebbe più corretto dire contro - Israele. In entrambi i pezzi non compaiono neanche una volta termini come "terrorismo", terroristi", "estremisti islamici" ecc. Alquanto singolare, dal momento che l'oggetto del discorso è Hamas, non propriamente un'organizzazione filantropica.
Come vengono definiti, quindi, i terroristi di Hamas? Nient'altro che "attivisti"... niente di più innocente, vero?
E pazienza se questi simpatici "attivisti" cercano di distruggere Israele e di sterminare non solo i suoi abitanti, ma tutti gli ebrei (secondo quanto recita il loro stesso statuto fondativo), soggiogando al contempo la popolazione civile di Gaza e trasformandola in scudo umano e carne da macello.
Ancora una volta, una dis-informazione connivente con il terrorismo palestinese più estremo.
Ecco gli articoli:
Secondo Fatto e Avvenire questi sono "attivisti"
IL FATTO QUOTIDIANO: "Gaza: 'Giorno di collera palestinese' "
Una "giornata di collera" proclamata da Hamas per venerdì in seguito agli incidenti di domenica scorsa all'ingresso della moschea al Aqsa a Gerusalemme, fra attivisti [qui e dopo, nostra sottolineatura ndr] e polizia israeliana. Hamas esprime "indignazione per il ripetersi di visite di ebrei nella Spianata delle Moschee e fa appello ai palestinesi affinché venerdì affrontino le forze di sicurezza israeliane a Gerusalemme e in tutta la Cisgiordania".
AVVENIRE - Federica Zoja: "Hamas: 'Venerdì giornata della collera' "
Dopo la giornata di scontri, domenica scorsa, fra polizia israeliana, schierata a difesa di centinaia di ebrei ortodossi in marcia verso la contesa Spianata delle Moschee di Gerusalemme, e attivisti palestinesi, decisi a difendere luoghi santi anche per l’islam, la Cisgiordania rimane sotto i riflettori del mondo. Il rischio di una nuova Intifada, una sollevazione palestinese, è alto.
Su chiamata di Hamas potrebbero divampare nuovi focolai fra palestinesi e agenti israeliani anche nel prossimo fine settimana, dopo la tradizionale preghiera del venerdì: gli attivisti stanno preparando una “Giornata della collera”, scandita dallo slogan «al Aqsa non sarà una vittima degli attacchi israeliani».
Ecco altri "attivisti"...
Tuttavia, per il premier israeliano Benjamin Netanyahu i maggiori grattacapi giungono dall’interno, mettendo a nudo la fragilità dell’esecutivo. Secondo le testate israeliane Ynet e Jerusalem post, nella notte fra lunedì e martedì l’esercito israeliano ha dovuto spegnere più di una protesta degli ultraortodossi nelle colonie: a Beit El, nei pressi di Ramallah, i militari hanno assunto – a fatica, dopo ore di guerriglia con gli abitanti – il controllo di due condomini che dovevano essere demoliti. Nel frattempo a Sa Nur, vicino a Jenin, decine di giovani hanno tentato di insediarsi sul terreno per dar vita a una nuova colonia là dove sorgeva quella precedente, svuotata perché illegale. Nel complesso le forze di sicurezza hanno sgomberato 250 coloni ed arrestato 50 persone.
La polizia, che agisce in applicazione delle sentenze di demolizione di colonie abusive da parte della Corte Suprema, è accusata di aver ecceduto nell’uso della forza, facendo ricorso anche a gas lacrimogeni e spray urticanti. Alle violente reazioni dei coloni hanno fatto da puntello le critiche di alcuni ministri dell’ala destra del governo al premier stesso: Zeev Elkin, ministro con delega agli Affari di Gerusalemme, ha diffuso un comunicato con il quale «condanna lo sgombero notturno dei coloni di Beit El» e chiede al ministro della Difesa di «dedicare il proprio lavoro non a rimuovere i coloni, ma a completare il processo di autorizzazione degli edifici, facendo avanzare il nuovo quartiere»; anche Naftali Bennet, all’Istruzione, ha annunciato di aver chiesto a Netanyahu «chiarimenti» sul blitz della polizia.
La “forza politica” dei nazionalisti nella nuova maggioranza e il loro ruolo di “guida” nelle politiche dell’esecutivo, sbandierate da Bennet a mezzo stampa, devono aver convinto Netanyahu a fare marcia indietro sulle demolizioni programmate. Dopo ore di polemiche, deflagrate in piena visita ufficiale di Benjamin Netanyahu a Cipro (la collaborazione fra i due Paesi si sta rafforzando in termini economici, con lo sfruttamento congiunto dei campi di gas offshore, ndr), il premier ha capitolato: l’edificio Draynoff a Beit El non sarà demolito. Non solo, Netanyahu ha garantito che sta lavorando per «rafforzare l’insediamento ebraico, secondo la legge».
Il governo appare in evidente affanno, insomma, tirato per la giacca da più parti e in balìa dei venti internazionali. Ieri il vice-premier e ministro degli Interni israeliano Silvan Shalom si è impegnato alla Knesset, il Parlamento, a disporre in tempi rapidi il trasferimento in Israele di 7.500 ebrei che ancora si trovano in campi di accoglienza ad Addis Abeba e a Gondar. Finora la loro immigrazione era stata rinviata per ragioni burocratiche, ma è plausibile che la visita del presidente americano Barack Obama in Etiopia abbia “sbloccato” il dossier dolente. L’annuncio di Shalom giunge dopo una serie di manifestazioni violente di ebrei israeliani di origine etiope, i cosiddetti falasha. Di colonizzazione ebraica crescente, arresti, esodi forzati di palestinesi nei Territori discuteranno il prossimo 5 agosto al Cairo Abu Mazen e i rappresentanti di 15 Paesi arabi in riunione straordinaria.
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