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Il Foglio Rassegna Stampa
21.07.2015 Herzog e Netanyahu uniti: 'E' l'Iran la grande minaccia, gli accordi errore storico'
Commento di Rolla Scolari

Testata: Il Foglio
Data: 21 luglio 2015
Pagina: 3
Autore: Rolla Scolari
Titolo: «In Israele la minaccia del deal atomico riunisce antichi nemici»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/07/2015, a pag. 3, con il titolo "In Israele la minaccia del deal atomico riunisce antichi nemici", il commento di Rolla Scolari.

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Rolla Scolari

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Benjamin Netanyahu e Isaac Herzog: sull'Iran nucleare c'è unità

Benjamin Netanyahu e Isaac Herzog in politica non sono d’accordo su molto. Oggi però li avvicina la loro opposizione all’intesa sul nucleare iraniano, raggiunta tra Teheran e sei potenze internazionali la settimana scorsa. “L’accordo firmato è un cattivo accordo”. Lo ha detto, anzi ripetuto ossessivamente nei mesi passati il premier israeliano Netanyahu, Cassandra che ha costruito sul contrasto ai negoziati di Vienna la sua eredità politica. Mercoledì ha pronunciato le stesse parole il capo della sinistra laburista israeliana, il leader di quell’Unione sionista sconfitta alle elezioni di marzo dalla destra del Likud. Isaac “Bougie” Herzog, il candidato che forse piaceva di più a una Casa Bianca affaticata da anni di tensioni con il governo Netanyahu, è oggi la prova di come sia difficile per l’Amministrazione Obama vendere l’intesa atomica anche agli “amici”.

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Ed è con l’obiettivo di rassicurare gli alleati mediorientali più irrequieti e preoccupati dalla firma di Vienna che in queste ore il segretario della Difesa americano, Ashton Carter, è in visita in Israele e nelle corti del Golfo. Ha incontrato ieri il suo omologo israeliano, Moshe Ya’alon, e il premier Netanyahu, ha visitato il confine nord d’Israele, quello lungo il quale si muovono e agiscono le milizie sciite di Hezbollah, il Partito di dio sostenuto militarmente e finanziariamente da Teheran. L’Iran, nonostante l’accordo, resta sottoposto a un secondo pacchetto di sanzioni degli Stati Uniti perché accusato di foraggiare il terrorismo internazionale. Secondo le indiscrezioni della stampa americana, per addolcire il colpo e rendere meno rumorosa l’opposizione israeliana all’accordo, la Casa Bianca avrebbe pensato di aumentare i già robusti tre miliardi di dollari in aiuti militari annui a Israele. Il governo israeliano non sarebbe convinto.

Accettare significherebbe piegarsi a un’intesa che per il governo e per l’opposizione ritengono un errore. Dopo la firma di Vienna, Isaac Herzog ha annunciato che presto volerà a Washington, dove ha intenzione di spiegare ai politici americani perché l’Amministrazione sta commettendo uno sbaglio sull’Iran. E Netanyahu mercoledì, davanti alla Knesset, ha chiesto ai rivali politici di unire le forze: “Su temi essenziali non ci sono coalizione e opposizione. Quello che serve è un fronte unito per assicurare la nostra esistenza”. “Gli studenti di Jabotinsky devono unire le mani con quelli di Ben Gurion”, ha detto facendo riferimento alle due diverse tradizioni politiche della destra del Likud e della sinistra laburista.

Questa unione d’intenti creata dal deal ha fatto subito risorgere le voci di un governo di unità nazionale dove Herzog diventerebbe il volto moderato della coalizione “falca” di Netanyahu, il ministro degli Esteri equilibrato di un esecutivo sbilanciato sulla destra più radicale: l’ipotesi, come ha registrato a marzo il Foglio, era già sorta nelle prime ore delle consultazioni post-voto. Ne parlano ora fonti interne al Likud, la leader della sinistra di Meretz, Zehava Gal-On, ha detto di sapere per certo che “l’Unione Sionista è sulla via del governo”. Le indiscrezioni dicono che in queste ore il presidente Reuven Rivlin, che già ci aveva provato in primavera, sta passando messaggi tra i due leader rivali, che si sono incontrati il giorno della firma di Vienna per fare il punto sulla situazione.

Herzog nega di voler entrare in coalizione, ma il programma di un viaggio a Washington per convincere gli americani sulle ragioni di Israele sa molto di tour informale di un “ministro degli Esteri in attesa”, come la ha definito il sito della rivista americana Atlantic nel titolo di un’intervista da poco rilasciata a Jeffrey Goldberg. L’accordo – ha detto il laburista, che domani incontra il premier Matteo Renzi a Gerusalemme – scatenerà il leone fuori dalla sua gabbia, avrà un’influenza sugli equilibri di potere nella regione, avrà un effetto lungo i nostri confini e sulla sicurezza dei miei figli”.

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