Isaac Herzog: pro & contro
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Isaac Herzog
Mentre nelle strade di Teheran si bruciano le bandiere a stelle e strisce e si grida ‘morte all’America’ e 'morte a Israele', l’ International New York Times definisce stamattina soltanto ‘ostile’ l’intervento dell’ayatollah Ali Khamenei, nel quale il leader maximo dell’Iran ha sostenuto che nulla della politica verso gli Usa cambierà. Se quanto avviene è solo ‘ostilità’, sarà bene chiederci che cosa deve succedere perché il più citato quotidiano al mondo usi una parola attinente ai fatti e non al proprio wishful thinking.
Ma veniamo a Israele, dove il giornale sopra citato rimprovera Netanyahu di non aver capito “quanto l’accordo Vienna rafforzerà la sicurezza israeliana”. Isaac Herzog, capo della variegata opposizione, non entrerà nella coalizione di governo, come veniva ipotizzato nei giorni scorsi. Erano in molti, infatti, a credere il contrario, anche dopo l’invito rivolto a Herzog da parte del presidente di Israele Reuven Rivlin perché entrasse nel governo. Herzog ha detto no, anche se garantirà un appoggio esterno sul tema della sicurezza dopo Vienna. Dal suo punto di vista, Herzog ha ragionato come è abitudine della politica. Entrando nel governo, in una posizione subordinata al premier, avrebbe pregiudicato la propria immagine in vista di una prossima campagna elettorale. Limitandosi ad elencare, come ha fatto, i problemi che il governo deve risolvere, ha fatto una bella figura a costo zero.
Benjamin Netanyahu
Dopo aver richiamato Yair Lapid, come farebbe un fratello maggiore, a comportarsi con maggiore responsabilità – sottintendendo con questo richiamo che il leader dell’opposizione è lui e non Lapid - ha elencato i maggiori problemi della società israeliana ancora irrisolti: l’alto costo della vita, i prezzi delle case alle stelle, la lotta alla povertà, come dovrà essere investito lo sfruttamento del giacimento di gas scoperto nel Mediterraneo e una più equa distribuzione della ricchezza, per finire con l’accusa a Bibi di avere danneggiato il rapporto con gli Stati Uniti. Per cui la soluzione migliore sarebbero nuove elezioni.
Yair Lapid
Così parla un capo dell’opposizione, non uno statista, perché affermare che la causa delle tensioni Israele-Usa sia da attribuirsi a Bibi e non alla politica di Obama, sin dal primo giorno del suo arrivo alla Casa Bianca, è una menzogna, pura demagogia. Netanyahu non aveva alternativa se non difendere le ragioni del proprio Paese. Difenderle passando anche all’attacco.
Anche per Herzog, poi, è sempre colpa di Netanyahu se a Vienna è andata come è andata. Va detto che il suo intervento si svolgeva nella sede dell’ Unione Sionista, la coalizione che comprende laburisti e Hatnuah, il gruppo di Tzipi Livni. Parlava in casa, quindi, il primo dovere era riscaldare gli animi, quello di ragionare era defilato. Ma così non si comporta uno statista. Herzog deve ancora dimostrare di averne le qualità, con il populismo si fa campagna elettorale, guidare un paese è altra cosa.
Angelo Pezzana con la copertina del suo libro "Quest'anno a Gerusalemme" (Giuntina ed.): storie degli ebrei italiani in Israele