Bibi Netanyahu si rivolge al mondo intero
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
A 24 ore dalla firma dell’accordo di Vienna, Bibi Netanyahu si rivolge in una conferenza stampa ai media mondiali – quelli americani in primo luogo – con queste parole “l’Iran ha deciso di cancellare Israele dalle carte geografiche“, aggiungendo “se qualcuno decide di eliminarti, l’unica cosa da fare è impedirglielo”.
Theodor Herzl
Si rivolge soprattutto all’America, perché il Congresso eserciti i propri poteri onde evitare che Obama ponga il veto. Gli israeliani non devono essere convinti, un sondaggio di ieri rivela che il 74% ritiene che l’accordo non impedirà all’Iran di avere la bomba nucleare. Bibi ha citato nel dibattito alla Knesset due nomi, Ze’ev Jabotinsky e Theodor Herzl, entrambi avevano capito che si difendono le proprie ragioni soprattutto informando - e così orientando – l’opinione pubblica. In diplomazia non ci sono amicizie – aveva detto Jabotinsky - conta solo la capacità di esercitare pressioni.
Ze'ev Jabotinsky
L’Occidente si è sempre dimostrato propenso – per quieto vivere - ad accettare regimi dittatoriali, a qualunque prezzo. Bibi ha poi aggiunto che la situazione è cambiata rispetto agli anni ’30, oggi gli ebrei hanno uno stato e il mondo può vedere come non siano serviti a nulla accordi come quello di Vienna. Che finanzierà con centinaia di miliardi di dollari l’arsenale nucleare iraniano. Un pericolo per Israele, ma anche per gli stati musulmani della regione e per la stessa America. Le ispezioni ai siti nucleari, che saranno annunciate un mese prima della loro attuazione, concederanno all’Iran il tempo necessario per nascondere le prove. In ogni caso verranno costruite centinaia di centrifughe che produrranno bombe nucleari a volontà.
Benjamin Netanyahu
Un messaggio alla Casa Bianca è chiaro: gli Stati Uniti sono un grande alleato di Israele, ma in una situazione come questa, dove è in gioco il nostro stesso futuro, abbiamo il dovere di parlare chiaro, solo così la nostra alleanza rimarrà salda. Segnali confortanti arrivano in politica interna. Il Presidente Reuven Rivlin ha invitato Isaac Herzog, capo dell’opposizione, a entrare nel governo, previsione condivisa anche dal partito Meretz. La quasi uniformità di posizione nei confronti dell’ accordo di Vienna, attenuerà di molto le divergenze, che permangono, spesso incandescenti, fra coalizione di governo e opposizione.
Haaretz continua in solitudine mediatica a dare spazio alla bontà della decisione imposta da Obama. Lo spazio in prima pagina è dedicato non alla conferenza stampa del primo ministro di Israele ma a quella del capo della Casa Bianca, che in pratica invita Israele ad avere fiducia nell’alleato americano, un’impresa difficile, se si considerano i fallimenti passati. L’unica voce dissenziente è come sempre quella di Ari Shavit, che elenca i cinque motivi per i quali ci dobbiamo preoccupare dell’accordo firmato a Vienna.
Ari Shavit
Una voce fuori dal coro di Haaretz, ossessionato dalla guerra continua contro Netanyahu. Nell’editoriale di oggi accusa Bibi di sabotare gli interessi del paese, per concludere con la difesa delle ragioni dei mullah di Teheran nel difendere la loro economia. Ecco una delle ragioni del continuo calo di tiratura di Haaretz, le cui prese di posizioni ideologiche annullano la pur ottima qualità delle pagine culturali.
Alan Dershowitz
Oggi il Jerusalem Post riporta in piena pagina l’opinione di Alan Dershowitz, che i lettori di Informazione Corretta hanno letto ieri, l’analisi di un grande giurista americano, democratico, che non è per niente d’accordo con la resa dell’Occidente all’Iran a Vienna, 14 luglio 2015, e lo spiega, punto per punto, paragonandolo con un altro accordo, quello con la Corea del Nord, firmato dal presidente Clinton nel 18 ottobre 1994.
Angelo Pezzana con la copertina del suo libro "Quest'anno a Gerusalemme" (Giuntina ed.): storie degli ebrei italiani in Israele