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La Repubblica Rassegna Stampa
09.07.2015 'Iran Stato terrorista: con gli ayatollah l'accordo è impossibile'
Vincenzo Nigro intervista Moshe Yaalon, ministro della Difesa di Israele

Testata: La Repubblica
Data: 09 luglio 2015
Pagina: 20
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «Nucleare, l'ira di Israele: 'Sbagliate a fidarvi, con Teheran accordo impossibile'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 09/07/2015, a pag. 20, con il titolo "Nucleare, l'ira di Israele: 'Sbagliate a fidarvi, con Teheran accordo impossibile' ", l'intervista di Vincenzo Nigro a Moshe Yaalon, ministro della Difesa di Israele.

A destra: Moshe Yaalon, ministro della Difesa di Israele

Moshe Yaalon, ministro della Difesa di Israele, numero due del Likud, è in Italia per 3 giorni. «Condividiamo valori e interessi comuni con l’Italia, soprattutto in una fase così caotica per il Medio Oriente, una fase che è una sfida per tutti noi, per l’Occidente considerando Israele parte di questa comunità. Con l’Italia nella Difesa c’è una collaborazione speciale, i nostri piloti si addestrano sugli M-346 dell’Alenia che abbiamo ricevuto. Sono molto contento, spero lo siano le mie controparti italiane».

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Vincenzo Nigro

Ministro, in queste ore il tema dominante è il vicinissimo accordo di Vienna sul nucleare con l’Iran. Perché voi continuate ad essere critici? «Noi in Israele non siamo per nulla contenti di questo accordo, che non porterà nulla di buono alla regione. Bisogna intendersi innanzitutto sull’Iran e sul suo ruolo nella regione. Questo Paese da anni è diventato non solo il primo esportatore di terrorismo, di destabilizzazione nella regione, ma soprattutto il primo sostenitore di una fazione, quella sciita, in uno scontro totale con i governi e gli stati che si rifanno ai sunniti. Dall’Iraq, allo Yemen, al Libano, al Bahrein i capi iraniani esportano il loro sostegno a movimenti terroristici, a milizie che contribuiscono a destabilizzare la regione».

Ma questo cosa c’entra con un accordo che prevede che l’Iran congeli la sua ricerca nucleare, evitando di avvicinarsi a una bomba atomica? «Dobbiamo ancora vedere ancora i dettagli finali, ma di fatto da Vienna uscirà un Iran che immediatamente riceverà una infusione di miliardi di dollari alla sua economia, un Paese che non sarà costretto a smantellare fino in fondo nessuna installazione nucleare, e che fra 10 anni potrà riprendere le sue ricerche. Visto il comportamento in passato del regime iraniano, se fra solo 5 anni decideranno che la loro economia è risalita abbastanza, gli iraniani ripartiranno appieno col programma nucleare militare e allora non ci saranno più sanzioni economiche o null’altro per poter evitare la bomba atomica. Molti, anche i nostri amici italiani, ci dicono che questo regime potrà essere più responsabile, potrà diventare parte della soluzione: noi siamo certi che sarà il contrario, loro sono il primo generatore di problemi nella regione».

Voi non vedete l’Is, o il Daesh come lo chiamate in Medio Oriente, come il vero pericolo? «Daesh è un nuovo fenomeno, pericolosissimo, ma Daesh prima o poi sarà sconfitto, l’Iran è una minaccia molto più seria. Ci sono molti stati arabi che non vogliono quest’egemonia iraniana. La contrasteranno, e gli iraniani esporteranno ancora di più destabilizzazione. In questa parte del mondo si è innescato un processo che porta a modifiche profonde: alcuni Stati non esistono più come gli Stati che conoscevamo, Iraq, Siria, Libia, in qualche modo anche il Libano. Abbiamo delle enclave settarie, conflitti settari e tribali, soprattutto fra sciiti e sunniti, ma poi fra fazioni e tribù all’interno di una regione in cui il Daesh vuole il dominio del Califfato, mentre gli sciiti iraniani voglio la prevalenza della loro setta, vogliono un mondo sciita. Abbiamo nuove divisioni geopolitiche nella regione; da una parte gli Iran, gli sciiti, Hezbollah in Libano, gli houthi in Yemen, Assad in Siria, le minoranze sciite in Arabia Saudita. Poi c’è il gruppo di Turchia, Qatar, Hamas a Gaza, una alleanza con aspirazioni neo-ottomane. Il terzo campo, quello con cui possiamo condividere alcuni obiettivi, è il campo arabo-sunnita: Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Emirati, gli stati del Golfo, Tunisia, Marocco. Noi crediamo che Usa ed europei dovrebbero sostenere questo campo nella battaglia contro gli estremisti, contro il Daesh, contro i radicali».

Processo di pace con i palestinesi: per molti adesso è diventato marginale, ma Israele può sopravvivere a lungo come democrazia continuando con l’occupazione militare? «Io ho sostenuto gli accordi di Oslo, ero fra i responsabili dell’intelligence ai tempi di Yitzhak Rabin e questa era la mia posizione. Ma oggi devo dire che il vero problema fra noi e la dirigenza palestinese che è dopo Arafat, con Abu Mazen o con chiunque altro, non è stato possibile ancora avere quello che noi chiediamo: il riconoscimento di uno Stato ebraico all’interno dei confini di Israele. Negli ultimi anni gli Usa hanno provato 2 volte a far convergere le parti. E’ sempre stato Abu Mazen a rifiutare il passo decisivo: riconoscere Israele. Noi in Israele, e le dico anche noi del Likud, non vogliamo governare i palestinesi, non vogliamo occupare i loro territori. Ma vogliamo garanzie di sopravvivenza. Che nessuno fra i palestinesi vuole concederci seriamente. Questa è la drammatica verità».

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