Che cosa è in gioco: belle trattative senza fine
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Barack Obama: "L'Iran è soltanto un piccolo Paese"
Cari amici,
come avevo facilmente anticipato nei giorni scorsi, è fallito ieri il quinto termine (diciamo pure “penultimatum”) imposto alle trattative nucleari con l'Iran. Come ha commentato con umorismo senza dubbio del tutto involontario Mogherini, “non abbiamo prolungato il termine delle trattative, ma andiamo avanti lo stesso” (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/iran-deal-to-miss-fifth-deadline/2015/07/07/). Adesso comunque c'è un sesto termine, che non è stato fissato dalle trattative ma dalla dinamica politica americana: se l'accordo non fosse firmato entro dopodomani 10 luglio, il Congresso americano non avrebbe solo 30 giorni per esaminarlo e approvarlo, ma 60, dando cioè più tempo per la discussione e l'esame dei dettagli e la campagna per il no che ne seguirebbe: uno svantaggio tattico evidente per Obama, che Kerry però dice di non tenere in considerazione. E' probabile che anche questo limite sarà superato.
Barack Obama, John Kerry: un disastro dopo l'altro
Fonti americane dicono che l'accordo è vicino e vale la pena di continuare, fonti russe dicono che i dissensi restano gravi su sei punti (qui trovate un riassunto della situazione: http://www.jpost.com/Middle-East/Precipice-awaits-world-powers-as-Iran-talks-enter-thirteenth-day-408289), sembra che ci sia un accordo sull'eliminazione delle sanzioni, che interessa agli iraniani, ma non su cose come i controlli dell'attività nucleare, o il blocco delle armi, che sono gli obiettivi occidentali. I persiani hanno chiesto che la fine delle sanzioni fosse oggetto di un trattato separato e in particolare hanno detto che vogliono subito la fine dell'embargo alla fornitura di armi, in particolare di armi balistiche (cioè missili), “dato che sono un paese pacifico” (http://www.lastampa.it/2015/07/07/esteri/teheran-tratta-sul-nucleare-e-chiede-di-abolire-lembargo-sulle-forniture-militari-WuwGLq4FjCPUcQDezSlCzN/pagina.html) e i russi che forniscono loro le armi sono naturalmente d'accordo. Ma per il momento, almeno su questo la delegazione americana non ha ancora mollato.
Su quasi tutto il resto però Obama e Kerry hanno cambiato posizione per accontentare gli ayatollah. Se capite un po' di inglese vi consiglio vivamente di vedere questo filmatino che vi mostra con le loro parole le loro posizioni prima e dopo la cura delle trattative: https://www.youtube.com/watch?v=uBvIg_zRgiY&feature=youtu.be. E' impressionante come abbiano fatto tutte le concessione che non solo avevano promesso di non fare, ma avevano dichiarato inaccettabili e folli. A questo punto è probabile che nonostante la disperata volontà di Obama di raggiungere un accordo, anzi proprio a causa di questa volontà, alla fine gli iraniani non firmeranno nulla, dato che hanno già ottenuto tutto ciò che volevano e non hanno ragione di impegnarsi su nulla con quello che considerano sempre un nemico strategico, il “grande satana”. Questa è almeno l'opinione di un politologo esperto come Michael Leeden (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/iranian-expert-khamenei-says-no-to-signed-deal-as-iran-already-getting-all-it-wants/2015/07/07/). Hanno avuto già l'oro trattenuto per le sanzioni, l'accettazione dell'esistenza dell'impianto segreto di Fordow, scavato dentro una montagna, il permesso di arricchire l'uranio, il rifiuto delle ispezioni nei luoghi e con le persone che qualificheranno come militari, perché dovrebbero dare a Obama la soddisfazione di una firma?
Badate, non sono sofisticherie priva di importanza. E' nella trattativa con l'Iran, non nei ridicoli tira-e-molla da suk e nella rinata retorica no-global di Tispras, e neppure nella guerra un po' per finta che l'aviazione americana fa allo Stato Islamico, che oggi si gioca la più importante partita di politica internazionale. E per tutto il mondo, non solo per Israele. Un Iran legittimato nel suo sforzo nucleare, arricchito di 300 miliardi di euro tenuti da parte dalle sanzioni, libero di commerciare, non bloccato nel suo espansionismo attuale che porta i suoi soldati dal Libano allo Yemen, dalla Siria all'Iraq, capace di nuovo di vendere liberamente il suo petrolio e di acquistare tecnologia militare, appoggiato dagli Usa, farebbe partire inevitabilmente un'offensiva egemonica su tutto il Medio Oriente e ben al di là di quello. Ne nascerebbe una guerra generale o un impero ostile all'Occidente e ben determinato a distruggere Israele. Questo è ciò che, non so quanto consapevolmente, sta cercando di provocare Obama. Per fortuna le pretese iraniane sono senza fine e senza pudore, invendibili all'opinione pubblica e al Congresso americano, se non a quella europea, che invece non ha dubbi a vendere la corda per la propria impiccagione a che vorrebbe fare il boia. Non c'è da sperare che, penultimatum dopo penultimatum, la trattativa resti incagliata fino a che si concluda il ciclo dannosissimo di questa amministrazione americana.
Ugo Volli