Riprendiamo da LIBERO doi oggi, 08/07/2015, a pag. 1-13, con il titolo "A un passo dalla firma che darà all'Iran la bomba atomica", l'analisi di Carlo Panella.
Carlo Panella
I principali siti nucleari iraniani
Fiato sospeso a Vienna, fino all'ultimo, ma è probabile - non certo: probabile - che giovedì Usa e Iran firmeranno uno «storico accordo» sul nucleare. E sarà un pessimo accordo. Le ragioni di questa firma sono chiarissime: Barack Obama, sin dal momento della sua elezione ha puntato tutte le sue fiches solo e unicamente su questa opzione.
Tutta la sua disastrosa «non politica» in Medio Oriente, inclusa la mancata risposta al Califfato Nero, ha infatti questa spiegazione: ritirando completamente gli Stati Uniti dal Medio Oriente, Obama si è ritagliato il ruolo di un player distante e non coinvolto in nessun conflitto, teso solo a chiudere la pagina nera, l'inizio della decadenza imperiale degli Stati Uniti, iniziata con la rivoluzione iraniana guidata dall'ayatollah Khomeini e poi proseguita con l'umiliante presa degli ostaggi nell'ambasciata Usa di Teheran. Per ottenere questo risultato, Obama ha seguito pervicacemente l'unica strada possibile con interlocutori come gli iraniani: ha calato le braghe, per usare un termine poco accademico, ma aderente ai fatti.
L'accordo che si delinea infatti non impedirà affatto all'Iran di dotarsi di una bomba atomica, non permetterà agli ispettori dell'Aiea di verificare se nei siti militari (quelli in cui si raffina l'uranio per l'atomica, nel progetto «111»), guidati dal grande scienziato e ufficiale dei pasdaran Mohsen Fakhrizadeh si avanza verso la bomba atomica; non bloccherà la costruzione di missili intercontinentali iraniani, che hanno senso solo se armati di bomba atomica. In cambio, però, l'accordo toglierà il ricatto delle sanzioni economiche, permetterà all'Iran di esportare più petrolio e - forse - persino di poter acquistare armi dall'estero (Italia inclusa).
Dunque, quell'accordo - se sarà firmato - sarà effettivamente «storico», ma in un senso drammaticamente opposto a quello che ipotizza l'irresponsabile Obama. Il senso evidente di quella firma sarà solo che «il delitto paga». L'Iran infatti non verrà penalizzato - anzi, verrà premiato - per avere destabilizzato il Medio Oriente: per aver garantito con migliaia di Pasdaran la sopravvivenza di Beshar al Assad; per aver spinto il governo di Baghdad a fare una politica settaria, violentemente anti sunnita, spingendo così le tribù arabe - e sunnite - dell'Iraq a buttarsi nelle braccia del Califfo nero; per aver innescato la rivolta degli Houti sciiti dello Yemen innescando una guerra civile; per aver regalato a Hamas i missili e l'addestramento militare per colpire Israele e infine per aver destabilizzato a morte il Libano tramite Hezbollah. D'ora in poi, potrà farlo con ancora più determinazione, con l'aura del primo paese musulmano che ha piegato «Il Grande Satana» americano a firmare un accordo burla.
E che tale sia il pezzo di carta che si firmerà a Vienna l'ha ammesso lo stesso capo della Cia John Brennan che un mese fa è volato da Bibi Netanyhau per spiegargli che deve fidarsi della Cia che sarà in grado di spiare i progressi illeciti dell'Iran verso l'atomica, che sicuramente sfuggiranno alle ispezioni dell'Aiea previste dall'accordo di Vienna. Netanyhau, naturalmente ha mandato Brennan a quel paese e si appresta all'unica risposta possibile a fronte di tale follia americana: fare asse con l'Arabia Saudita, con l'Egitto e con la Giordania per costruire una «trincea» che intervenga militarmente sull'Iran non appena sarà evidente che la costruzione dell'atomica è imminente. Da parte sua, l'Arabia Saudita, ha accelerato una decisione già annunziata: compra centrali atomiche dalla Russia e cerca di farsi dare al più presto bombe atomiche dal Pakistan (che ha costruito le sue bombe, appunto, grazie a generosi finanziamenti di Ryad). Dunque, l'accordo di Vienna, destabilizzerà in modo parossistico il Medio Oriente. Ma c'è da scommettere che anche in Italia si brinderà per i contratti miliardari che l'Iran firmerà con le nostre grandi aziende e anche per il probabile ribasso del petrolio. La quiete prima della tempesta.
Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante