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La Stampa Rassegna Stampa
03.07.2015 Alleanza Hamas-Stato islamico per portare il terrore in Israele e in Egitto
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 03 luglio 2015
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «L'Isis insedia le sue basi anche nel deserto del Sinai»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/07/2015, a pag. 17, con il titolo "L'Isis insedia le sue basi anche nel deserto del Sinai", l'analisi di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

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Hamas e Stato islamico: trova le differenze

Lo Stato Islamico si è insediato nel Nord Sinai, gli F-16 egiziani lo bersagliano dall’alto e lo scontro minaccia di estendersi a Gaza. Vista da Kerem Shalom, l’ultimo lembo di deserto israeliano stretto fra Gaza e l’Egitto, la guerra di Abdel Fattah Al Sisi contro i jihadisti del Califfo è in pieno svolgimento. All’indomani della cruenta battaglia di terra a Sheikh Zuwaid, i protagonisti sono gli F-16 egiziani: il boato delle bombe che sganciano attorno a Rafah arriva fino al kibbutz di Nirim, a 20 km dalla frontiera. Sono tuoni costanti, ravvicinati, che danno la sensazione della guerra e fanno rintanare i bambini nelle case.

Armi avanzate
Il comando egiziano parla di almeno 23 jihadisti uccisi nei raid delle ultima giornata ma ciò che conta, spiega l’analista israeliano Uri Rosset esperto di jihadisti, è che «devono usare i jet perché le sacche controllate da Isis nel Nord Sinai sono molte e non possono colpirle con gli elicotteri Apache». È una delle scoperte che gli egiziani hanno fatto mercoledì: il «Welayat Sinai» (Provincia di Sinai) di Isis dispone non solo dei missili anti-tank «Kornet» ma di vettori anti-aerei, lanciati a spalla, che minacciano gli elicotteri.

L’analisi israeliana
A spiegare cosa sta avvenendo oltre frontiera è Nir Peled, vice capo della pianificazione di «Tzahal» in questo teatro di operazioni: «Isis combatte qui come in Siria, Iraq e Libia, si insedia in aree minori, le consolida e poi lancia all’improvviso offensive multiple usando attacchi suicidi e ondate di jihadisti, alcuni dei quali in divise governative». È un’analisi coincidente con quanto affermano gli ex generali egiziani Hisham El-Halaby e Talaat Moussa (già capo dell’intelligence militare) secondo cui l’intento finale di Isis «è allargare il territorio che controlla dando vita a proprie enclave». L’analisi convergente rivela la stretta cooperazione nella sicurezza fra i due Paesi.

Ma rispetto alle altre cellule dello Stato Islamico il «Welayat Sinai» vanta «il più alto rapporto fra propri militanti e vittime nemiche» osserva l’esperto militare Amos Harel su «Haaretz» riferendosi ai quasi 650 soldati e poliziotti egiziani uccisi in meno di 24 mesi da «poche centinaia di jihadisti».

L’aiuto di Hamas
A spiegare tale efficacia negli attacchi è Yoav Mordechai, generale israeliano che coordina le attività nei Territori palestinesi, secondo cui «i leader militari di Hamas a Gaza aiutano Isis nel Sinai ed hanno collaborato agli ultimi attacchi» a Rafah, Al-Arish e Sheikh Zuwaid. «Durante la battaglia alcuni feriti di Isis sono stati evacuati a Gaza» afferma in particolare Mordechai. E il maggior sospetto riguarda i razzi anti-aerei usati contro gli Apache egiziani: sono simili a quelli lanciati da Hamas contro gli elicotteri israeliani durante il conflitto della scorsa estate.

Da qui l’ipotesi di raid egiziani a Gaza per colpire retrovie e arsenali di Isis. Hamas percepisce il pericolo e schiera unità scelte a ridosso di Rafah. «Hamas è spaccata - osserva Rosset, che risiede nel kibbutz di Magen - perché i leader militari a cominciare da Mohammed Deif sono sensibili ai jihadisti mentre quelli politici, tipo Ismail Haniyeh, se ne sentono minacciati». Il video con cui Isis ha detto di voler rovesciare i «tiranni di Hamas» è per Rosset «una sfida ai leader politici che negoziano in segreto la tregua con Israele e sono l’espressione palestinese dei Fratelli Musulmani, considerati da Isis degli apostati perché tendono a operare legalmente negli Stati arabi, non a distruggerli».

I due fronti
Nel Nord Sinai, Isis dunque ha due fronti aperti: contro Egitto e Israele da un lato, contro i leader politici di Hamas dall’altro. È il fronte occidentale della guerra del Califfo al-Baghdadi, dove gli odiati sciiti non ci sono. I tank israeliani schierati a Kerem Shalom, con i cannoni non verso Gaza ma il Sinai, svelano il timore per uno scenario divenuto verosimile: attacchi suicidi alla frontiera.

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