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La Repubblica Rassegna Stampa
02.07.2015 'Lady Jihad' Maria Giulia Sergio: 'E' bello uccidere i miscredenti per amore di Allah'
Cronaca e analisi di Paolo Berizzi, Franco Vanni

Testata: La Repubblica
Data: 02 luglio 2015
Pagina: 16
Autore: Paolo Berizzi - Franco Vanni
Titolo: «Padre, madre e sorella: la famiglia di Lady Jihad pronta a unirsi all'Is - Il diario di Fatima: 'Uccido miscredenti per amore di Allah'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/07/2015, a pag. 16-17, con i titoli "Padre, madre e sorella: la famiglia di Lady Jihad pronta a unirsi all'Is" e "Il diario di Fatima: 'Uccido miscredenti per amore di Allah' ", cronaca e analisi di Paolo Berizzi, Franco Vanni.

A tutta la sua famiglia Sergio ("un tempo ferventi cattolici") IC vuole fare un regalo: un foglio di via obbligato per lo Stato islamico. Purché non rientrino, come sembra capitare a molti espulsi dal nostro Paese.

Ecco gli articoli:

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Paolo Berizzi       Franco Vanni

"Padre, madre e sorella: la famiglia di Lady Jihad pronta a unirsi all'Is"

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Maria Giulia Sergio, si presume. In mano, il Corano

Maria Giulia, rinata come Fatima Zahra dopo la conversione, voleva combatere per l’Is in Siria. Per partire, secondo la sharia, aveva bisogno di un marito. Per questo ha sposato l’albanese Aldo Kobuzi, 27 anni come lei, pronto all’addestramento come mujahed. Dal matrimonio celebrato il 17 settembre 2014 — “martese”, in lingua albanese — prende il nome l’inchiesta della procura di Milano che ha portato il gip Ambrogio Moccia a emettere dieci ordinanze di custodia in carcere. Oltre ai due giovani, il provvedimento colpisce i loro familiari, «attivi nell’organizzazione della partenza» di Aldo e Fatima. E che a loro volta erano pronti «al martirio in guerra», come si legge nelle 42 pagine dell’ordinanza. «Qui stiamo ammazzando i miscredenti per allargare lo Stato islamico», scriveva Fatima a Marianna, per convincerla a partire. Cinque arresti sono stati eseguiti ieri fra Lombardia, Toscana e Albania.

Cinque indagati, fra cui Fatima e Aldo sono latitanti, in guerra contro gli infedeli. Sono accusati di associazione con finalità di terrorismo e organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo. Cinque italiani, quattro albanesi e una canadese di origini libanesi, nata a Bologna. È lei, la 30enne Haik Bushra, la figura cardine, La reclutatrice 2.0 che indottrinava le sorelle Sergio via Skype in un gruppo chiamato “Aqidah e Tafsir”, in cui incitava alla jihad citando un dossier di 60 pagine sullo Stato islamico attribuito a Haili El Mahdi, indagato nel 2013 a Brescia. E predicava «la pena del contrappasso » che consente «anche di bruciare una persona ».

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L’inchiesta ha ricostruito come nel settembre 2014 Fatima sia stata affidata a una rete di reclutamento con base in Turchia, coordinata dalla struttura centrale dell’Is. Nelle carte compaiono i nomi di Ahmed Abu Aiharith, organizzatore dei foreign fighters, del libico Bassiouni Abdallah, coordinatore dei combattenti in arrivo dalla Libia, e di Abu Sawarin, responsabile dei “francesi” dell’Is. Tutto secondo l’insegnamento di al Bagdadi, per cui chi non può partire per la Siria deve «uccidere i miscredenti nel suo paese». Al termine dell’addestramento, Fatima si dice «in grado di usare kalashnikov e pistola». Si vanta del marito, che ha partecipato «alla lapidazione di un adultero». E racconta eccitata di due kosovari decapitati. Secondo il gip, lei stessa sarebbe «disponibile al martirio». Era un meccanismo efficiente ai limiti della paranoia, quello del reclutamento, che gli investigatori hanno scardinato. Una rete di telefoni cellulari (vecchi modelli, mai smartphone) in uso a più persone, in Tur- chia come in Siria, a cui si rispondeva in italiano, francese, inglese, spagnolo. Ed è intercettando alcune chat online che gli investigatori sono arrivati a eseguire le ordinanze, nello stesso giorno in cui il Ros ha smantellato una cellula qaedista, dopo un’indagine della Procura di Roma.

Sergio Sergio, mamma Assunta Buonfiglio e la sorella Marianna sono stati arrestati a Inzago, in provincia di Milano, dove vivevano. La 41enne Arta Kacabuni a Scansano, nel Grossetano, e Baki Coku, di 37 anni, a Lushnje, 70 chilometri a sud di Tirana. Oltre ad Aldo, Fatima e Haik, sono latitanti la 44enne Donika Coku e la 19enne Serjola Kobuzi. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, hanno ricostruito il percorso verso il martirio di Fatima e Aldo. Cinque giorni dopo il matrimonio, il 21 settembre, si imbarcano a Fiumicino per Istanbul. Una coppia in viaggio di nozze. Il 22 prendono un volo interno per Gaziantep, da dove il 2 ottobre raggiungono via terra la Siria. A novembre Kobuzi inizia l’addestramento in Iraq: dopo sei settimane è mujahed e combatte. A febbraio anche Fatima si addestra con le armi. A marzo la famiglia Sergio decide di raggiungerla: in aprile il padre si licenzia, la partenza è fissata per settembre. Ma arriva prima la digos. «Oggi è una giornata importante » , esulta il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Romanelli precisa che «non sono emersi elementi che fanno pensare ad attentati in Italia».

"Il diario di Fatima: 'Uccido miscredenti per amore di Allah' "

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La trasformazione di Maria Giulia e del marito Aldo Kobuzi...

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... e il resto della famiglia: padre, madre e sorella

È un martello Maria Giulia Sergio, alias Fatima. Pretende, e non ammette scuse, che i suoi familiari — la sorella Marianna, la madre Assunta, il padre Sergio — la raggiungano in Siria, in quello Stato islamico per il quale «non vedo l’ora di morire martire». Jihadista lei che ha imparato a sparare col kalashnikov, jihadisti tutti. «Noi qui stiamo ammazzando i miscredenti per poter allargare lo Stato islamico, ok? Non vogliamo essere amici dei miscredenti. A noi non serve niente di quello che fanno loro, è questo che dovete capire come ragionamento », dice alla sorella via Skype il 16 marzo. L’opera di convincimento è un impasto di ragionamenti “di fede” e inviti pressanti, minacciosi. «È finito il tempo che il musulmano sta nella terra della miscredenza, quello era il tempo dell’ignoranza, adesso c’è il kahlifa, lode ad Allah. Non sono solo parole scritte per aria, sono obblighi personali nei confronti di Allah ».

Il primo obbligo, secondo Maria Giulia, è la jihad, «uccidere i miscredenti». «Al Bagdadi ha fatto un nuovo annuncio — catechizza on line la famiglia riunita nella casa di Inzago — . Ha detto: “Giuro su dio chi non può venire qua nella jihad allora deve fare la jihad nei paesi in cui si trova”». Ma lei i suoi li vuole in Siria, lì dove si è trasferita con il marito albanese Aldo “Said” Kobuzi il 22 settembre scorso, cinque giorni dopo il matrimonio combinato nella moschea di Treviglio. A Marianna, il 24 gennaio. «Allora quando siete pronti io vi organizzo il viaggio da qua con i mujaheddin, capito? Non c’è problema, qua non vedono l’ora. Già un mese fa un fratello ha chiesto a Said: allora, la famiglia di tua moglie viene o no? Perché qua ci amiamo tanto nell’Islam, siamo fratelli, non c’è egoismo». È, l’Is, lo Stato perfetto, e Fatima, collegata al computer con l’Italia, lo magnifica come il «paradiso »: «cibo in abbondanza», «assistenza sanitaria», «regole rigide anche nel vestirsi». «Se voi vedete qui i mujaheddin cosa fanno per amore di Allah, lasciano casa, soldi, mogli, figli, lasciano tutto e vengono qui, vanno a combattere... Mujaheddin che hanno 15-16 anni che ammazzano 50 miscredenti...».

Il mantra: «Questo è quello che dobbiamo fare per allargare lo Stato islamico». Il Califfo ha insomma bisogno anche dei Sergio di Inzago, un tempo ferventi cattolici, che ormai, incalzati da Fatima, iniziano a cedere. La prima è la sorella Marianna, fresca di divorzio. «Un dono di Allah»», fa Maria Giulia per incitarla alla partenza. «Io voglio essere come loro, voglio essere con te, con mamma con papà e con i messaggeri, con gli uomini forti, i mujaheddin, e tutti quelli che hanno lottato e che il loro sangue è caduto per terra per Allah». C’è qualche problemino: il padre Sergio è combattuto perché deve lasciare il lavoro, la madre Assunta deve «badare alla nonna». L’approccio di Fatima è frontale. «Sono loro che devono essere nostri schiavi, i miscredenti, non noi...», ammonisce il papà cassintegrato. «Prendi i 25 mila euro e lascia il lavoro! Che senso ha? Non stai bene di salute, vai a lavorare per questi maledetti che uccidono i nostri fratelli». Poi l’aut aut. «È obbligo religioso (unirsi alla jihad, ndr )... è obbligatorio nel giorno del giudizio. Chi non ha aderito al patto con Al Baghdadi si aspetta l’ira di Allah».

Tranciante anche il suggerimento alla mamma: «La nonna, non convertita, è una miscredente, non devi preoccuparti di lei...Quando vieni qui ti compro tutto quello che vuoi (ridono)». Ci siamo quasi. Il 16 marzo Fatima va giù piatta con Marianna e con la madre: «Prendete questi 25 mila euro, vendete tutto quello che volete. Non voglio sapere niente di quello che state pensando ok? Non ci interessa niente, voi dovete venire qui per salvare la vostra anima dall’inferno e basta!». È fatta. Il 19 marzo Marianna Sergio mette in vendita su internet accessori della casa e mobili. Fissa la partenza per il 10 maggio. Pure mamma Assunta, quando viene a sapere che l’Is le darà «anche la lavatrice», si convince.

«Allora facciamo i bagagli e andiamocene». Già, la famiglia jihad è pronta per il viaggio in Siria. C’è un intoppo improvviso. «Alla fine papà è andato in fabbrica e ha firmato per rimanere al lavoro, hai capito? », comunica Marianna a Fatima. «Io sono delusa perché questa è un’ipocrisia evidente» (ma alla fine si licenzierà). A questo punto Fatima minaccia i genitori. È il 30 marzo e gli investigatori della Digos registrano un fitto scambio di messaggi skype. Lapidaria Maria Giulia: «Non potrò mai più volervi bene perché voi avete scelto di non venire... Siete nelle mani di Satana». Il crescendo dei racconti, le mani tagliate ai ladri, gli adulteri decapitati, i mujaheddin che tutto possono, il Califfo al quale non si può non obbedire. «Io non vedo l’ora, non vedo l’ora di morire martire, che dio accetti ciò». Così parlò lady Jihad.

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