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La Stampa-Libero-Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.06.2015 ISLAM: Commenti 1- Maurizio Molinari, Carlo Panella, Pierluigi Battista
Per capire quanto sta avvenendo

Testata:La Stampa-Libero-Corriere della Sera
Autore: Maurizio Molinari-Carlo Panella- Pierluigi Battista
Titolo: «Possiamo vivere con la paura ?-Regole, divieti e punizioni, così si vive nel Califfato-»

Islam, ecco i commenti per avere una visione lucida e informata su quanto sta avvenendo:

La Stampa-Maurizio Molinari: " Possiamo vivere con la paura ? "


Maurizio Molinari

 CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME
Se i gruppi jihadisti adoperano il terrore con l’intento di paralizzare le popolazioni «infedeli» la risposta dei singoli cittadini è nel continuare a condurre le proprie vite, ma con i debiti accorgimenti. Per comprendere come è possibile riuscirci bisogna guardare alla reazione avuta da tre grandi città aggredite dal terrorismo dall’inizio di questo secolo: New York nel 2001, Gerusalemme nel 2002 e Londra nel 2005.  Nervi saldi e flessibilità Subito dopo gli attacchi di Al Qaeda dell’11 settembre l’allora presidente George W. Bush chiese agli americani di «continuare a fare shopping» e con Gerusalemme bersagliata dai kamikaze palestinesi l’allora premier Ariel Sharon spinse gli israeliani a continuare ad usare i mezzi pubblici. In entrambi i casi l’intenzione fu di puntare sulla forza della vita quotidiana per impedire il collasso interno. Se questa ricetta ha dato risultati è perché milioni di singole persone hanno dimostrato nervi saldi e flessibilità nelle situazioni più diverse: dall’accettazione di maggiori controlli nei teatri alle guardie nei ristoranti, fino alla sorveglianza elettronica. Negli Stati Uniti dopo il crollo delle Torri, come in Israele durante la Seconda Intifada, molti sindaci chiesero ai cittadini di «far partecipi le famiglie» dei nuovi accorgimenti per generare dall’interno la consapevolezza sui rischi da evitare, come i pacchi abbandonati. I lupi solitari Questo è oggi tanto più vero per il pericolo dei «lupi solitari», i jihadisti che colpiscono a caso obiettivi non simbolici come il manager decapitato a Lione. Per limitare l’esposizione a tali situazioni serve una maggiore presenza di forze di sicurezza, anche in luoghi non sensibili, e soprattutto forte volontà a collaborare da parte dei singoli. Ad esempio, per evitare di essere sorpresi da accelerazioni di auto-killer molti israeliani, mentre aspettano il bus o attraversano, hanno imparato a evitare i grandi gruppi e fare attenzione a chi è in arrivo. Se il killer di Isis a Sousse è riuscito, da solo, a uccidere 37 turisti è perché i resort tunisini non avevano abbastanza sicurezza, forse nel timore che avrebbe diminuito gli arrivi. Ma è vero l’opposto: nell’era del terrorismo i turisti devono sentirsi garantiti dalla presenza di guardie come quelle degli hotel di Tel Aviv e Atlantic City. Le nuove contromisure Queste misure hanno consentito di far maturare, dal basso, un nuovo patto sociale fra forze di sicurezza e cittadinanza che ha permesso alla polizia di New York di condurre operazioni molto aggressive prevenendo pericoli: dalla creazione di un’unità segreta per il monitoraggio elettronico degli studenti musulmani negli atenei del New England alle norme su «fermare e perquisire» i sospetti senza mandato. L’arresto preventivo degli individui «a rischio» e il «profiling» sulla base delle caratteristiche dei terroristi distingue anche la prevenzione in Israele. E l’Australia con la «Community Protection» ha intrapreso una strada simile, prevedendo arresti senza mandato fino a 14 giorni. È una ridefinizione dell’equilibrio fra sicurezza collettiva e diritti individuali. A sottolinearne la necessità è stato il giurista liberal americano Alan Dershowitz nel libro «Rights from Wrongs» in cui spiega come «le nuove versioni dei diritti nascono dalla reazione ai grandi crimini contro l’umanità». Il ruolo dei media Nella capacità di una società di essere «resilience» - resistere alla paura rientra la gestione dei grandi media. L’esempio viene dalla scelta fatta delle maggiori tv britanniche il 7 luglio 2005: con Londra bersagliata dalle esplosioni su metro e bus, nessuna interruppe le trasmissioni, limitandosi a far scorrere sulla parte bassa dello schermo le informazioni essenziali. Così l’effetto-terrore venne smorzato e le famiglie continuarono a portare i bambini a Hyde Park, evitando la paralisi della metropoli. Il successo della prevenzione britannica nella gestione di quell’emergenza è stato tale da spingere Usa, Israele, Australia a testare sistemi di comunicazioni elettroniche immediate con i cittadini - via tv o cellulari - per affrontare situazioni simili.

La Stampa-Maurizio Molinari: " Regole, divieti e punizioni, così si vive nel Califfato "

 CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME
Cavi elettrici riparati, affitti calmierati, marciapiedi verniciati, norme per proteggere la pesca, partorire negli ospedali ma anche sul bando di prodotti Apple, le punizioni feroci, la vendita di protesi, e il diktat ai cristiani: ad un anno dalla proclamazione il Califfato si distingue non solo per l'efferato terrore imposto ai circa 12 milioni di sudditi ma anche per l'impegno logistico ed amministrativo teso a migliorare le strutture pubbliche, cercando di cementare il consenso per il potere assoluto. Regolando in maniera capillare ogni aspetto della vita quotidiana Ecco alcuni esempi, frutto di testimonianze e documenti raccolti dal ricercatore britannico Aymenn Jawad Al-Tamimi, che descrivono come il Califfo gestisce il proprio territorio.
Il costo per partorire negli ospedali
L'amministrazione medica del Wilayat (Provincia) al-Kheir, l'ex siriana Deir az-Zor, ha stabilito i costi da sostenere per far nascere i bambini in ospedale: 80 dollari per il parto cesareo e 55 per quello naturale con la possibilità di tenere, in entrambi i casi, i bebè ricoverati nelle 12 ore seguenti alla nascita.
Pesca senza fare uso di esplosivi
L'intento nel Wilayat dell'Eufrate è «garantire l'abbondanza di pesci» e dunque vengono vietati lungo i fiumi «l'uso della corrente elettrica, di materiali esplosivi e di tossine chimiche» perché «uccidono troppi pesci e rischiano di avvelenare ciò che altri mangeranno». E inoltre vietato «pescare durante la riproduzione dei pesci» perché «distruggere le uova significa nuocere alla futura abbondanza di pesce».
Marciapiedi verniciati e fognature
Nel Nord della Siria il Califfato assicura ai residenti del Wilayat di Raqqa il ripristino dell'elettricità, la realizzazione di impianti fognari «nel sottosuolo» e la verniciatura dei marciapiedi «per migliorare la vita dei residenti».
Limiti ai profitti dei farmacisti
Tutte le farmacie del Califfato devono far avere alle amministrazioni locali i titoli di studio dei farmacisti e non possono imporre alla clientela «aumenti di prezzo superiori al 20 per cento dell'etichetta».
Le scuole dell'obbligo di Raqqa
Nella maggiore città del Califfato in Siria le scuole dell'obbligo durano 9 anni, divise in 5 di elementari e 4 di superiori. Dopo avviene la «selezione per college e atenei». Gli insegnanti devono aver seguito «un corso preparatorio di 10 mesi» che include «60 giorni di lezioni sulla Sharia» e la firma di un documento finale di «pentimento» per quanto fatto in passato contravvenendo alle norme dell'Islam.
Memorizzazione delle sure del Corano 1
Il comitato per l'«Insegnamento del Nobile Corano» prevede che ogni insegnante frequenti un corso a due livelli, memorizzando prima «5 parti» e poi «3 parti» dimostrando una «corretta recitazione del testo». Per frequentare bisogna avere fra 18 e 40 anni, senza assentarsi «se non quando la Sharia prevede».
Offerte di lavoro «qualificato»
Nella provincia di Raqqa gli uffici di collocamento offrono lavoro a chi è «qualificato» in «Scienze della Sha-ria», contabilità, computer, amministrazione d'affari, educazione scientifica ed umanistica, preparazione di insegnanti. Inoltre, il «Centro Hisbah» della polizia islamica cerca veterinari, guardie, ispettori sanitari, macellai, boia «per tagliare le gole» e «addetti alle pulizie».
Limiti ai movimenti delle donne
Le donne sotto i 50 anni non possono uscire dai confini di Raqqa senza permessi e documenti di transito emessi dalla polizia islamica, gli è «proibito» recarsi «nelle terre degli infedeli eccetto assolute urgenze mediche». Le donne anziane non sono obbligate ad indossare l'hijab. Le donne possono salire e scendere dagli autobus solo nei garage delle apposite fermate.
Le donne mostrino solo un occhio
La fatwa numero 40 del Califfato prevede che «mogli, figlie e donne dei credenti devono indossare all'esterno abiti che non le facciano riconoscere o violentare». Per questo «le donne devono coprire i loro volti sin da sopra la testa, mostrando solo l'occhio sinistro».
I reclami dei cittadini per i risarcimenti
II Wilayat della provincia di Aleppo prevede che «chi ha subito torti e danni, personali o nelle proprietà, da soldati o dirigenti dello Stato Islamico» pub sottomettere dei «reclami» per ottenere «risarcimenti». Di conseguenza a «soldati e dirigenti» viene chiesto di «fare attenzione ad evitare oppressione e aggressione nei confronti dei cittadini» perché «vi saranno conseguenze anche nella vita futura».
L'ultimatum per i cristiani di Mosul
Emesso a Mosul dal Wilayat di Ninawa, offre ai «fedeli del Nazareno» tre scelte: «Convertirsi all'Islam, accettare il patto di sottomissione pagando la tassa annuale "jizya" o "se rifiutano andranno incontro alla spada».
Il divieto dei prodotti Apple
Si tratta di una disposizione del Califfo «a tutte le province, le sotto province ed i comitati locali» perché «nell'interesse pubblico di proteggere le anime dei credenti» e «combattere i crociati» viene decretato il «bando di ogni dispositivo elettronico con il gps» a cominciare da «telefoni, tablet e computer di Apple» capaci di «creare gravi rischi a tutti».
A morte gli omosessuali
Per chi viola le norme della Shiaria le punizioni sono le più feroci. La blasfemia è punita con la morte e se l'insulto è nei confronti del Profeta «neanche il pentimento pub salvare». L'adulterio è punito con la lapidazione, l'omosessualità con la morte «sia dell'attivo sia del passivo», il furto con l'amputazione della mano, bere il vino con 80 frustate, uccidere e rubare con la morte per crocifissione e «diffondere paura» con l'«espulsione dal territorio».
Niente autostop sui camion
Nella provincia di Ninawa, in Iraq, camion e furgoncini hanno il divieto di dare passaggi a soldati o esponenti del Califfato. E una misura tesa ad evitare che diventino obiettivi dei droni.
Affitti calmierati
Nel Wilayat dell'Anbar in Iraq, il Califfato stabilisce un tetto massimo di 84 dollari al mese per gli affitti di case, circa un terzo del valore precedente perché «tocca ad Allah occuparsi delle cose materiali» mentre i mujaheddin devono combattere. Marchi contraffatti
Vendere prodotti con etichette falsificate è «proibito dal legislatore Maometto» perché si tratta di «un inganno»: «chi vende deve spiegare con cura di dettagli produzione e provenienza».

Libero-Carlo Panella:" La violenza medievale con mezzi moderni. E agli islamici piace "


Carlo Panella

Per mettere a fuoco quello che è successo nell'ultimo anno, da quando il Califfato fu proclamato il 29 giugno 2014, è indispensabile andare al 2011, quando in Siria scoppiò non una «primavera» ma una vera e propria rivoluzione popolare. Circa diecimila militari siriani allora disertarono e si schierarono a difesa delle proteste di centinaia di migliaia di siriani poveri, ma nessuno li sostenne dall'esterLibia ANSAR AL-SHARIA IN LIBIA Siria e Iraq Stato Islamico *7_ Nigeria • BOKO HARAM no. Obama rifiutò i consigli di Hillary Clinton di fornire munizioni e autoblindo ai soldati disertori (tutti laici), che nell'arco di due anni furono via via sostituiti dagli jihadist nella difesa della popolazione siriana povera ribelle. SCONFITTA INIZIALE Erano questi militanti di al Qaeda, comandati da Abu Baia al Baghdadi, che erano stati costretti a fuggire dall'Iraq perché sconfitti dal surge EOM ANSAR BAYT AL-MAQDIS PICA del generale Usa Petraeus che, col voto contrario di Obama, aveva portato le tribù sunnite irachene a combatterli. Nel processo rivoluzionario si-nano si formò un nuovo tipo di jihadista e si definì una grande differenza tra i milizia-ni di al Qaeda e quelli dell'Isis. I qaidisti sono militanti di una organizzazione clandestina, i miliziani dell'Isis invece si sono formati in una leva di massa, sono dei «partigiani», che hanno difeso le loro famiglie, i loro quartieri, dagli scherani *** di Assad, che hanno garantito anni alla mano il pane e l'acqua ai sobborghi in rivolta di Aleppo, Horns, Hama e Damasco. Sanno maneggiare il consenso popolare, insomma. Temibile, la loro ideologia barbara, ma legata alla tradizione wahabita, con l'applicazione della stessa sharia medioevale applicata da secoli dai sunniti in Mesopotamia e in Arabia Saudita. Conquistata il 6 marzo 2013 Raqqa, città siriana di un milione di abitanti, Abu Bakr al Baghdadi, leader indiscusso dell'Isis, rompe definitivamente con al Qaeda, nega la leadership di Ayman al Zawahiri, il successore di Osa-ma bin Laden, e intesse strettissimi rapporti con le tribù irachene sunnite, certe, non a torto, che la politica di Bagdad punta a «eliminare la presenza araba dall'Iraq a favore di un dominio iraniano e sciita». Nella primavera del 2014 l'Isis, che continua a espandersi in Siria, conduce così una travolgente offensiva in Iraq e conquista Mosul, in Iraq, città di due milioni di abitanti, sgominando un esercito iracheno inetto, che gli consegna immensi arsenali di armi. Su questa base, che è politica, di consenso popolare, e militare, al Baghdadi il 29 giugno 2014 si proclama Califfo. Lo sterminio degli sciiti, dei cristiani e degli yazidi, la schiavitù delle loro donne e bambine è il barbaro segno del suo messaggio. La sua straordinaria e atroce abilità è saper riproporre nella modernità, fare accettare a una parte della umma musulmana, il modello della città terrena fondata da Maometto alla Medina dal 622 al 632 Dc. Compresa quella ferocia che allora era di tutti, degli islamici e dei cristiani, degli asiatici e degli europei. E il suo Califfato nero piace, fa proseliti. Cosi come piacciono in parte della umma, le orribili scene degli sgozzamenti degli «infedeli». Dal Pakistan dei Talebani, alla Nigeria dei Boko Haram, decine di gruppi jihadisti proclamano la loro fedeltà al nuovo Califfo FANTOZZIANI Contro di lui, Obama ha costruito nel settembre 2014 una Coalizione Internazionale, di cui fa parte anche l'Italia. Che ha fallito: il Califfato ha aumentato negli ultimi 12 mesi del 30% il suo territorio, ha conquistato in Siria Idlib e Palmiraein Iraq Ramadi.Sièradicato in Libia, a Sirte, nel Sinai e persino a Gaza. E quando il Califfo ordina di «punire gli infedeli durante il Ramadan», viene ubbidito da Lione, a Sousse, a Kuwait city e in Somalia. La ragione del fallimento della Coalizione di Obama è presto detta: si basa su presupposti sbagliati. La sua guerra aerea è fantozziana: il 75% dei suoi aerei toma alla base senza aver scaricato le bombe: nessuno da terra sa indicare ai piloti gli obiettivi. La guerra sul terreno secondo Obama, dovrebbe essere condotta dai curdi, che però possono solo difendersi, e poco più e dall'esercito iracheno. Ma i militari di Baghdad non combattono, non si presentano neanche le reclute previste dal comando Usa, perché i suoi vertici sono corrotti, incapaci. Perché i soldati sunniti rifiutano di combattere contro le loro tribù che appoggiano al Baghdadi. Cosi, contro il Califfato, in Iraq combattono solo le milizie sciite e i Pasdaran iraniani. Che sono feroci contro la popolazione civile sunnita come i miliziani dell'Isis. Cosi la controffensiva della Coalizione di Obama in Iraq è impantanata, mentre in Siria il regime di Assad è sull'orlo del crollo, sotto i colpi congiunti del Califfato e di al Qaida. E questa aurea di invincibilità, sommata ai fallimenti della Coalizione di Obama, si sparge nella umma ovunque, anche in Europa, facendo nuovi proseliti, che si esprimono come chiede al Baghdadi. Con le stragi.

Corriere della Sera-Pierluigi Battista: " Perchè non vogliamo vedere il messaggio degi assassini e rimandiamo ogni strategia "

 
Pierluigi Battista

Le gesta sanguinose della guerra santa scatenata dai fondamentalisti jihaA disti sconvolgono i governi e lasciano sgomenta e frastomata l'opinione pubblica. Non è solo la paura che ammutolisce. È l'ostinata volontà di non riconoscere la guerra per quello che è: una guerra, appunto. Che richiede strategie di contenimento e di controffensive, impegni militari, chiarezza politica, alleanze, mobilitazione culturale, studio, investimenti onerosi. Siamo lì invece a chiederci come ha detto il primo ministro francese Valls quando avverrà il prossimo attacco. Ci chiediamo se abbiamo qualche colpa per gli attentati che insanguinano con regolarità l'Europa e le democrazie come quella tunisina. Se i vignettisti massacrati di Charlie Hebdo se la siano cercata, se sia sufficiente togliere dalla Tate Gallery i quadri con Maometto raffigurato per placare la rabbia dei fanatici, se un po' di auto-censura possa attutire i colpi, se si debba arretrare un po' sulla libertà di espressione per evitare «offese» e non urtare la suscettibilità di chi depone una testa mozzata davanti a una fabbrica per trasmettere il suo messaggio di terrore. Non vogliamo leggerlo, questo messaggio. Facciamo finta di non capire cosa ci vogliano dire gli assassini con i vessilli neri quando trucidano turisti nei musei o sulle spiagge della Tunisia, fedeli sciiti in una moschea del Kuwait, ragazze e bambini in Nigeria, ebrei in un supermercato di Parigi, nelle sale danesi dove si tengono convegni sulla libertà di satira. Cerchiamo di mantenere le distanze. Speriamo con tutte le nostre forze che le immagini delle vittime decapitate, annegate in una gabbia, fatte a pezzi con l'esplosivo attaccato al collo non siano messaggi rivolti a noi. Cerchiamo di tenerle lontane. Speriamo che siano solo un incubo. Ma non vogliamo risvegliarci. Non vogliamo capire. Facciamo scorrere qualche lacrima di indignazione. Ma rimandiamo all'infinito il momento della decisione. Per questo siamo così paralizzati e impotenti. Per questo i fondamentalisti sono così sfrontati. A Kobane si combatte una battaglia di civiltà: se la perdiamo è una trincea decisiva che salta. Ma i governi e l'opinione pubblica non vogliono capire che Kobane è Lione e Tunisi, Parigi, Roma, Londra. Lasciamo i curdi praticamente soli. Riduciamo al minimo il sostegno dovuto.  Come se la difesa fosse un lavoro sporco, o addirittura un residuo di arroganza imperialista. Ma così non resta che attendere il prossimo bagno di sangue. Per indignarci. E rannicchiarci nella paura.

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