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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
26.06.2015 'Il mercante di Venezia' in scena nel ghetto sulla Laguna
Un progetto ambizioso: lo presenta Antonella Barina

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 26 giugno 2015
Pagina: 104
Autore: Antonella Barina
Titolo: «Shylock, l'ebreo che racconta i pregiudizi che non passano»

Riprendiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 26/06/2015, a pag. 104-105, con il titolo "Shylock, l'ebreo che racconta i pregiudizi che non passano", l'analisi di Antonella Barina.

Sul personaggio di Shakespeare c'è un dibattito infinito, che l'articolo ignora. Chi l'ha seguito con attenzione non potrà non aver notato che il Bardo, in tempi dove l'antisemitismo era la regola, avesse scritto una auto-difesa ebraica talmente nobile ed efficace da essere ancora citata oggi. Andiamoci piano con Shakespeare, per favore.


Jeremy Irons nel film "Il mercante di Venezia"

«Il Mercante di Venezia? Più attuale che mai: basta aprire i giornali per ritrovare ogni giorno analoghe forme di intolleranza. Perché Shakespeare mette in scena la diffidenza verso chi non è come noi, l'ostilità preconcetta nei confronti del "diverso", che sia l'ebreo Shylock o chiunque altro, di diversa religione, nazionalità, cultura, sessualità. Ho studiato quest'opera per trent'anni, affronta i pregiudizi a cui si aggrappa chi è insicuro della propria identità, quando si sente minacciato da un estraneo». Parole di James Shapiro, uno dei più prestigiosi studiosi di Shakespeare, che insegna Inglese alla Columbia University ed è nel direttivo della Royal Shakespeare Company.

Il 31 luglio lui sarà ospite del Progetto Shylock, organizzato in questi giorni a Venezia dalla Fondazione Cini e dall'Università Ca' Foscari: quattro settimane di studi con i massimi esperti internazionali per esplorare testo e contesto del Mercante di Venezia, tra conferenze, workshop, spettacoli... (info: cini.it). Con un obiettivo per il 2016, quando ricorreranno i 400 anni dalla morte di Shakespeare e i 500 dalla fondazione del ghetto ebraico veneziano: rappresentare per la prima volta la commedia proprio nelle strade di quel ghetto in cui il grande drammaturgo l'ha ambientata.


William Shakespeare

Regia di Karin Coonrod, che dirige la Compagnia de Colombari, quella che nel 2004 debuttò a Orvieto, riproponendo le sacre rappresentazioni medioevali per le vie della città. «Metteremo in scena II Mercante nel Campo del Ghetto Nuovo, spettatori al centro e attori tutt'intorno, sullo sfondo di quei palazzi che mille storie possono raccontare», annuncia Coonrod. «Interpreti di varie nazionalità reciteranno in quattro idiomi: inglese, italiano, veneziano, yiddish».

Nei panni di Antonio: Reg E. Cathey, attore di colore noto al grande pubblico come Freddy di House of Cards (il proprietario del locale in cui il protagonista si rifugia a divorare costolette). Nei panni di Shylock... non si sa: «Le audizioni sono in corso», spiega Coonrod. «E ogni decisione è aperta: su temi, personaggi, costumi, musiche. Tutto nascerà dal dialogo con gli studiosi e con la Comunità ebraica di Venezia, che ci ospita».

Ma questa sera, alle 21, all'interno della Fondazione Cini, la Compagnia presenterà le prime azioni teatrali: passi sperimentali verso la nuova produzione. E già inizierà a emergere uno dei temi clou, il rapporto tra vincenti e discriminati: l'ebreo, sì, ma agli occhi della regista anche la donna, il nero, il gay...

Il gay? «Penso che Antonio sia segretamente innamorato di Bassano». La trama ci viene in aiuto: Antonio, mercante nella Venezia del Cinquecento, accetta di prestare denaro all'amico Bassano (perché possa corteggiare la ricca e amata Porzia), anche se ciò vuol dire chiedere a sua volta tremila ducati in prestito all'ebreo Shylock, che disprezza. E anche se Shylock, insultato in pubblico, impone ad Antonio condizioni esose: in caso di mancato pagamento, dovrà garantirgli una libbra della propria carne. Bassano conquista Porzia, però il debito non viene saldato. E Shylock, ancora più inasprito dalla fuga di sua figlia con un cristiano, non demorde dalla propria pretesa. Sarà Porzia, travestita da dottore in legge, a salvare la situazione: il patto consente all'ebreo di tagliare dal corpo di Antonio una libbra di carne, ma non di versare sangue, neanche una goccia. Shylock è condannato: deve convertirsi e cedere i propri beni.

«Ho visto molte messinscene del Mercante: a volte Shylock è il perfido usuraio a volte la vittima. Dipende da dove, quando - e da chi - la commedia viene allestita», spiega Shapiro, che è anche autore del saggio Shakespeare and the Jews (Shakespeare e gli ebrei). «Perché lo scrittore non prende posizioni esplicite, ma crea personaggi sfaccettati e trame complesse, che ciascuno interpreta a modo suo. Né è di per sé ostile agli ebrei, altrimenti non avrebbe mai creato il grandioso monologo di Shylock: "Non ha forse occhi un giudeo? Non ha mani, organi, sensi, affetti, passioni, non s'alimenta dello stesso cibo, non si ferisce con le stesse armi, non è soggetto agli stessi malanni?"

Shakespeare si limita a portare in scena gli stereotipi antisemiti del suo tempo: quelli di una cultura xenofoba verso gli ebrei, certo, ma anche i mori, gli irlandesi, i papisti... Si è spesso detto che non c'erano ebrei nell'Inghilterra elisabettiana, fuggiti dalle persecuzioni del Duecento e rientrati quattro secoli dopo. Non è vero: una piccola comunità è sempre sopravvissuta tra Londra e Bristol. Alimentando i pregiudizi: che vivesse di usura, ad esempio, di cui non ci sono prove documentarie. O che addirittura eseguisse sacrifici rituali di giovani cristiani, da cui l'invenzione scenica della pretesa di una libbra di carne».

«Si stigmatizza l'altro quando non si è sicuri della propria identità», continua Shapiro. «Lo si faceva nell'Inghilterra del Cinquecento, dove la frenesia di convertire gli stranieri placava l'ansia religiosa di un Paese diventato protestante con Enrico VIII, tornato cattolico con Maria I e di nuovo protestante con Elisabetta la Grande; e dove sentirsi diversi da ebrei, mori o spagnoli aiutava a capire il significato di essere inglesi, in un periodo in cui si affermava il moderno concetto di nazione. Ma lo si fa tutt'oggi, in un mondo di contrasti religiosi e di nazionalità che sfumano nella globalizzazione, dove diffidenza e paura del diverso montano sempre più».

Portare il Mercante nel ghetto di Venezia renderà la commedia ancora più potente e attuale, assicura Shapiro: «Genererà forse nervosismi, perché l'antisemitismo è in ripresa e il tema dell'immigrazione scottante: Shylock, lo si dimentica spesso, è condannato non in quanto ebreo, ma per via di una legge che punisce gli stranieri che attentano alla vita dei veneziani. Qualunque sia l'interpretazione, però, Il Mercante di Venezia non va mai censurato. Perché rispecchia e svela ciò che è nell'aria. Nel '94 vidi in Israele una regia sconvolgente: Shylock si trasformava in un colono dei territori, esaltato e intransigente. Pochi mesi dopo uno di loro assassinò Rabin: quella messinscena aveva colto un clima di cui non ci si era resi conto del tutto».

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