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Roma e l'antisemitismo: una storia bimillenaria 25/06/2015

Pubblichiamo con piacere l'intervento di Teresa D'Andria sull'antisemitismo a Roma oggi, una piaga che non accenna a terminare, ma anzi trova nuovi spunti dall'antisionismo, una sorta di antisemitismo mascherato.

Culla della civiltà o della inciviltà?
“Culla della civiltà” è la definizione che maggiormente preferisco tra le numerose attribuite alla città di Roma - non “Città eterna”, non “Caput Mundi”, non “Urbes Urbis” i quali suoni appaiono assai più maestosi e imponenti – e il motivo di tale preferenza è dovuto al concetto di umanità che risiede nella fusione dei termini culla e civiltà, un accostamento che suggerisce delle immagini fortemente suggestive: origini, protezione, calore e natura umana, intelletto, evoluzione. Non è elogiare le glorie d’un tempo la mia intenzione né rifarmi all’ancestrale pianto dei poeti italiani che nei secoli hanno lodato gli antichi fasti della civiltà romana, ma focalizzarmi unicamente sull’imbarbarimento della natura umana che può troppo spesso rintracciarsi in questa città. Sono trascorsi quasi settantadue anni dal rastrellamento del ghetto ebraico romano operato dalle SS tedesche, quasi settantadue anni da una delle pagine più buie della storia europea, italiana, romana, eppure non è difficile imbattersi in comportamenti e accadimenti che appaiono ancora incatenati alle nefandezze perpetrate in quel periodo nei confronti degli ebrei. E’ sufficiente passeggiare per le strade di questa bellissima città per notare che spesso sui muri di diversi edifici sono presenti scritte antisemite che principalmente si rivolgono a gruppi di tifosi di calcio che vengono appellati con la parola “giudei” come se questa fosse un insulto o che fanno cenno al conflitto israelo-palestinese per invocare la scomparsa di tutti gli ebrei del mondo oppure che idolatrano Hitler e Mussolini in merito, appunto, alla “questione ebraica”. Recenti sono, ad esempio, le molteplici scritte antisemite apparse nel mese di Aprile a seguito della morte dell’ex rabbino capo della città, Elio Toaff. Ciò che inquieta è che questi accadimenti - che rappresentano solo la punta dell’iceberg, la parte palpabile del fenomeno antisemita romano – siano paradossalmente in grado di celare la gravità di quel profondo e intricato mix di odio e pregiudizio che li caratterizza, perché in molti sminuiscono quegli atti intimidatori reputandoli meri atti vandalici, lo sfogo di giovani esaltati ma innocui. Sono stata adolescente e tuttora sono a contatto con adolescenti e osservare atteggiamenti negativi rispetto gli ebrei è stato ed è molto frequente tra essi, i futuri adulti, e non è un fatto insolito che questi comportamenti si trasformino in vere e proprie violenze psicologiche verso chi viene identificato come "giudeo". Solo qualche giorno fa una ragazza di appena sedici anni mi ha raccontato di una sua amica le cui origini ebraiche creano disturbo ad un gruppo di compagni di scuola: questi ragazzi sono aggressivi verbalmente verso entrambe, utilizzano un frasario tipicamente antisemita e talvolta compiono atti di bullismo in presenza di coetanei che restano in disparte oppure sghignazzano, di rado qualcuno interviene in difesa delle due. Possono accadimenti come questi essere sottovalutati, reputati innocui? Possono trovarsi ogni giorno, alla luce del sole, in una città come Roma, scritte che colpiscono gli ebrei in quanto tali ed essere giustificate e bollate come goliardico vandalismo? Non dare il giusto peso a tale mancanza di rispetto, a tale esplosione di viltà unita ad una profonda ignoranza storica, non è irrispettoso unicamente nei confronti degli ebrei romani e del mondo: è un insulto all'intera città, città-culla, città madre della civiltà e delle civiltà, è un insulto alla sua umanità e a quella di tutti noi suoi figli.

Teresa D'Andria


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