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L'equazione impossibile tra profughi di oggi e ebrei sotto il nazismo 24/06/2015

Cito dall'ultima cartolina di Ugo Volli: "o ci si pone il problema di evitare fisicamente gli sbarchi, cosa che una Marina capace può benissimo fare, prendendo il controllo dei barconi, riportandoli manu militari ai porti da cui sono venuti e distruggendo poi i barconi." Spettabile Ugo Volli, la segue da diverso tempo in quanto sono un lettore assiduo di informazione corretta e "amico" di Israele, dove sono stato gia' tre volte. Quando ho letto questo suo ultimo intervento pero' ho avuto un piccolo sussulto di disaccordo perche' non ho potuto fare a meno di pensare a come si e' comportata la Svizzera nei confronti degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Si tratta di una delle pagine piu' tristi della storia di quel paese, dove l'egoismo ha avuto il sopravvento e i respingimenti oltre confine hanno significato per quelle persone la deportazione e la morte. Accogliere le persone che fuggono dai propri luoghi di origine perche' la loro stessa esistenza e' minacciata mi sembra un obbligo morale. Poi certamente va saputo gestire, come uno stato moderno e ricco come l'Italia dovrebbe essere in grado di fare. Purtroppo siamo in mano di politici corrotti e/o pasticcioni. Pero' rispedire al mittente persone che poi saranno uccise non mi sembra una politica di cui vantarsi. Un caro saluto,

Roberto Baglioni

Risponde Ugo Volli:

Gentile signor Baglioni, mi spiace, non sono affatto d'accordo con quello che lei scrive. E' un argomento diffuso, di questi tempi, paragonare il problema dell'immigrazione clandestina alla Shoà, ma si tratta di un paragone assolutamente improprio. L'emigrazione degli ebrei negli anni fra il '33 e il '48 era il tentativo di sottrarsi a una caccia all'uomo motivata solo dalla loro identità etnica; niente di tutto questo è in corso oggi (se si trascurano, naturalmente, i progetti genocidi dell'Iran e degli islamisti nei confronti di Israele). Gli ebrei che fuggivano in quegli anni cercavano di sottrarsi alla certezza della morte che avrebbero subito cadendo nelle mani dei nazifascisti e dei loro complici in mezz'Europa. Chi arriva oggi in Europa non corre affatto questi rischi. Per lo più si tratta di abitanti di paesi in difficile situazione economica (l'Africa subsahariana, il Marocco, la Tunisia, l'Algeria, la Somalia, l'Eritrea persino il Pakistan) che cercano una sistemazione economica migliore. Sono relativamente pochi quelli che fuggono in Europa da paesi in guerra (nessun yemenita, pochissimi libici e sudanesi, un certo numero di siriani). In questi ultimi casi però esiste un forte sospetto di infiltrazioni terroristiche. Gli immigrati economici fanno certamente pena (ma bisogna sempre chiedersi come hanno trovato i 5000 dollari circa che devono pagare per il viaggio: una cifra che a casa loro è decisamente notevole e con cui potrebbero utilmente iniziare un'attività economica). Bisogna ricordare però che accogliendoli non si svuota affatto il serbatoio della miseria, che conta centinaia di milioni di poveri. Non sarebbe affatto una soluzione neppure accogliere un numero di persone pari - poniamo - al 10% della popolazione europea all'anno, circa 50 milioni; perché tanto è l'aumento demografico annuo. In cambio annulleremmo rapidamente la nostra identità storico-culturale che qualcosa pur varrà, e ridurremmo rapidamente l'economia europea alla rovina. E rovineremmo anche i paesi d'origine, come si è recentemente lamentato il governo del Senegal: perché queste partenze costano molto in termini demografici ed economici ai paesi d'origine. E' lì che bisogna cercare una soluzione, aiutando questi paesi a crescere. Se i milioni di euro che impieghiamo per sussidiare i clandestini fossero destinati a investimenti economici in Africa, sarebbero certamente più fruttuosi: investimenti invece di elemosine. Bisogna aggiungere anche il fatto che gli ebrei fuggitivi non miravano affatto a modificare il paesaggio socioculturale circostante, erano integrati nella società europea e del tutto tolleranti dei costumi altrui. Magari si chiamavano Freud, Einstein, Fermi, Rubinstein, Chagall. Un problema con l'immigrazione attuale è la loro volontà di conquista, l'aggressività islamica che ne caratterizza una parte consistente. I delitti anitisemiti in Francia, gli attentati contro la libertà di espressione a Parigi e Copenhagen, le bombe di Madrid e della metropolitana di Londra vengono di lì. Ed è un rischio che aumenta con la proporzione degli immigrati e che, l'esperienza insegna, non diminuisce per generazioni. Insomma non si tratta affatto di soccorrere delle persone inoffensive o non solo loro; spesso si tratta di affrontare dei rischi veri e a lungo termine. Anche per questa ragione, la sola politica accettabile per l'immigrazione, dal mio punto di vista, è eliminare radicalmente l'immigrazione clandestina e aprirsi nei limiti della necessità a quella legale, sulla base delle competenze necessarie nella nostra economia, verificando la sicurezza dei possibili immigranti e selezionando i paesi di partenza anche sulla base della capacità di integrazione culturale ed economica. Cordialmente,

Ugo Volli

PS: Non capisco perché ce l'abbia con la Svizzera, che certamente respinse alcuni ebrei, ma ne accolse parecchi altri, fra cui parecchi miei parenti prossimi. Così fecero quasi tutti gli stati del mondo, fra cui dal '38 l'Italia, che espulse con le leggi razziste tutti gli ebrei stranieri. Chi respinse in maniera feroce gli ebrei durante gli anni più critici dal '37 al '47 fu la Gran Bretagna, che aveva la responsabilità del mandato di Palestina, istituito dalla Società delle Nazioni alla scopo di favorire l'insediamento ebraico e lo tradì clamorosamente per accontentare l'odio antiebraico degli arabi.


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