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Due della Brigata “..Se riuscirò a mantenere e a tramandare la sua memoria, la sua storia non si perderà… la sua vita così breve avrà un senso, lascerà un segno”. Così scrive Miriam Rebhun riferendosi al padre Heinz nel suo primo libro “Ho inciampato e non mi sono fatta male”, pubblicato nel 2011 da "L’Ancora del mediterraneo” nel quale, ripercorrendo l’esperienza di vita dei due rami della famiglia, ricostruisce le biografie e il tragico passato dei parenti, fra cui i nonni paterni, di cui si sono perse le tracce nell’abisso della Shoah. Una ricerca personale quella dell’autrice, testimone di seconda generazione, che diventa un racconto emozionante attraverso il novecento da Haifa a Napoli, da Berlino ad Auschwitz. A questo primo lavoro si aggiunge ora un nuovo prezioso tassello che completa e arricchisce la storia della famiglia Rebhun: ascoltando i racconti familiari, le conversazioni con gli amici di un tempo, leggendo lettere, analizzando documenti militari e diari inediti Miriam Rebhun ripercorre le tappe della vita del padre e del gemello Gughy, due giovani nati in una famiglia della borghesia ebraica di Berlino nel 1918 e costretti a fuggire dalla Germania nazista. Due della brigata è un vero gioiello letterario che restituisce al lettore un mondo scomparso facendo luce su eventi storici, politici e militari ancora oggi controversi e nel contempo racconta la storia commovente di due giovani che con forza, determinazione, amore e passione guardano al futuro nella terra che è la Patria degli ebrei. Heinz e Gughy “soli, senza più famiglia, ma insieme”, l’uno riflessivo e serio l’altro temerario e dongiovanni approdano nel 1936 in una Palestina sotto Mandato britannico pervasa dalle inquietudini crescenti fra arabi ed ebrei. Dopo un breve periodo trascorso nel kibbutz Na’an i gemelli, consapevoli che la vita comunitaria e la stretta convivenza non si addicono al loro temperamento, si trasferiscono l’uno a Safed l’altro a Ashdot Ya’akov, lontani geograficamente ma sempre in contatto telepatico. (“…nella babele dove sono capitati ognuno sente di poter fidare solo sull’altro”). Dopo accese discussioni in cui condividono pensieri e ideali Heinz e Gughy si arruolano come volontari nel Palestine Regiment e nel 1940 entrano a far parte della Royal Army. “Col passare dei mesi la disciplina militare diventa per Heinz una routine” , conosce nuovi amici, ama leggere, scrivere lettere e dedicarsi alla fotografia. Gughy invece, di carattere più vivace e idealista, conserva la sua inclinazione di dongiovanni. Dopo un accurato addestramento in Egitto - in cui oltre alle Piramidi e alla Sfinge che Heinz non manca di fotografare, la brigata trova caldo, sporcizia e l’ostilità della popolazione locale che sperava nell’arrivo delle truppe tedesche – la compagnia di Gughy viene dislocata in Francia e quella di Heinz in Italia. “…A bordo di navi stracariche di uomini, armi, attrezzature, due giovani uomini, perfettamente uguali nell’aspetto, ma diversi per carattere e per esperienze accumulate, solcano in due differenti direzioni quella polveriera liquida che è diventato il Mar Mediterraneo….Le peggiori aspettative si sono verificate, l’Europa è in fiamme, la Palestina è una bomba a orologeria. Nessuno riesce ad avere notizie dei parenti, si diffondono voci terribili sulla loro sorte..” E’ nel novembre del 1943 che il padre dell’autrice sbarca a Taranto, in un quadro politico molto complesso: Mussolini è stato arrestato, il nuovo governo Badoglio dopo aver sciolto il partito fascista firma l’8 settembre l’armistizio, poi con un nuovo colpo di scena Mussolini, liberato dalle SS, fonda al Nord la Repubblica sociale italiana e ne assume il comando. La guerra continua ma l’esercito italiano è disorientato e allo sbando; terribili sono le rappresaglie dei tedeschi “con retate e deportazioni della popolazione civile”, già stremata da anni di fame e bombardamenti. L’autrice descrive con accuratezza storica e partecipazione emotiva lo scenario che incontrano i soldati giunti dalla Palestina “ i quali con tutte le loro masserizie sbarcano in un grande porto e con i camion cominciano la loro lenta risalita”. La città in cui arrivano, Napoli, è un “colabrodo”, invasa da macerie, con strade dissestate, intasate di passanti e di carretti che trasportano da un luogo all’altro le poche suppellettili rimaste. Eppure quando dinanzi ai loro occhi si staglia il Vesuvio con le colline che degradano verso il mare rimangono incantati da tanta bellezza. L’incontro con la comunità ebraica è reso difficile, sia dalle strade ingombre di calcinacci sia dalla difficoltà di capirsi, ma in poco tempo si organizza la missione per il recupero degli sfollati e il loro ritorno in città. Fra questi Heinz incontra Luciana Gallichi, una giovane donna dal sorriso disarmante e dagli occhi dolci, che conquista il suo cuore e lo induce nel volgere di pochi mesi a chiederla ufficialmente in moglie a papà Raoul. La famiglia Gallichi che ha accolto il giovane Rebhun con affetto e simpatia è comunque preoccupata per l’imminente partenza dei giovani per la Palestina. “Come e dove vivranno in quei luoghi così inospitali?” pensa mamma Gina senza lasciar trapelare l’ansia che l’attanaglia. La guerra e le complicazioni burocratiche allungano i tempi: Heinz parte subito per la Palestina dove comincia a progettare il futuro in attesa del congedo dall’esercito, mentre Luciana riesce a raggiungerlo solo dopo la nascita della piccola Miriam. Nell’ultima parte del libro l’autrice con uno stile narrativo coinvolgente ripercorre le tappe della piccola famigliola che muove i primi passi in Eretz Israel e trova una sistemazione in un sobborgo di Haifa, Kiryat Chaim, “in una casetta vicino al mare”. Heinz che sente forte la responsabilità di marito e padre, dopo il congedo dall’esercito nel settembre 1946, prende accordi per lavorare come esperto di impianti elettrici a Haifa. La situazione politica in Palestina evolve nel giro di pochi mesi in modo drammatico: la Risoluzione dell’Assemblea dell’Onu del 29 novembre 1947 che propone per la Palestina un piano di partizione e la fondazione di due stati, uno per gli ebrei e uno per gli arabi, è il preludio a eventi drammatici che colpiscono dolorosamente la famigliola appena riunita e cambiano per sempre il corso della Storia. I gemelli Heinz e Gughy che insieme hanno lasciato la Germania nazista, insieme sono approdati in Palestina e hanno combattuto per la libertà e la difesa della loro terra muoiono a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, l’uno colpito da un cecchino arabo, l’altro nella battaglia di Latrun. “Due della Brigata” è un’opera accurata sotto il profilo storico nella rappresentazione della Palestina e dell’Italia di quell’epoca, ma anche coinvolgente sotto il profilo narrativo nel dispiegarsi di una trama che appassiona e commuove come un romanzo. La scelta di Miriam Rebhun di condividere la storia del padre è un dono speciale che però non finisce con il racconto ma si completa e si arricchisce attraverso i preziosi reperti fotografici raccolti alla fine del libro, immagini indimenticabili per chi scrive, che ritraggono il padre Heinz, la madre Luciana, lo zio Gughy e gli amici negli anni dal 1936 al 1947, cogliendoli sia nei momenti di svago o di lavoro nei kibbutz, sia negli anni del loro impegno come soldati in Italia o in Egitto. “…questa di Heinz e Gughy Rebhun è una storia tra tante, che loro, come tanti, non hanno fatto in tempo a raccontare…La Storia glielo ha impedito, ma chi poteva ha cercato di farlo e, dando voce a documenti, lettere, foto, ha imparato a conoscerli e ad amarli”. Grazie Miriam.
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