Riprendiamo dal SOLE24ORE di oggi, 17/06/2015, a pag. 23 e 24 una cronaca e un commento - entrambi redazionali - sulla condanna a morte in Egitto dell'ex presidente Morsi.
L'ex presidente Morsi dietro le sbarre
La notizia è assente su quasi tutti i giornali di oggi, non a caso. Era attesa, ma la sentenza sarà appellata da Morsi e, come previsto da molti analisti, non verrà eseguita. Il capo d'imputazione più grave era l'aver fatto fuggire dal carcere tutti i detenuti della Fratellanza Musulmana, condannati per crimini gravissimi, quando Morsi divenne il leader della Fratellanza.
Il SOLE24ORE definisce nel primo articolo la guerra contro i Fratelli Musulmani una "grave repressione", ignorando la natura terrorista del movimento.
In linea con l'Obama-pensiero, il quotidiano della Confindustria continua la difesa della Fratellanza, schierandosi contro il governo di Al Sisi, che non sarà un esempio di democrazia, ma è di certo filo-occidentale.
Il quotidiano della Confindustria ha però un merito: chi vuole capire la confusione nella quale si trova il nostro paese, non deve far altro che leggerlo, soprattuto per quanto riguarda il Medio Oriente. Ne ricaverà un quadro paradossale dell'Italia, dove il giornale degli industriali è il migliore difensore dei regimi dittatoriali arabo-musulmani.
Nel secondo pezzo, continua la litania del Morsi eletto presidente per via democratica, come se questo bastasse. Anche Hitler vinse le elezioni nel 1933 in Germania, difendiamo anche lui ?
In quanto alla pena di morte, incompatibile con qualsiasi legislazione moderna,è la norma in quasi tutti i paesi arabo-musulmani, e pure gli Usa non scherzano, ma arrivare a scrivere che l'Egitto con questa sentenza perde la propria credibilità, via ! a noi pare che la perda piuttosto il giornale della Confindustria.
Ecco i pezzi:
Confermata una condanna a morte per Morsi
Una pena di morte confermata, un’altra trasformata in ergastolo. Un tribunale del Cairo ha confermato ieri la condanna alla pena capitale per l’ex presidente egiziano Mohamed Morsi nel processo intentato contro di lui per l’evasione dal carcere nel gennaio del 2011 e la «pianificazione di attacchi contro lo Stato» durante la rivolta popolare dello stesso anno, in collaborazione con i palestinesi di Hamas e i libanesi di Hezbollah, che portò alla caduta del regime di Hosni Mubarak. La corte ha confermato la condanna emessa il 16 maggio scorso contro Morsi e altri 105 imputati, tra cui la guida spirituale dei Fratelli musulmani,Mohamed Badie, e il religioso Yusuf Qaradawi, che vive in Qatar,processato in contumacia. Il tribunale si è pronunciato dopo aver sottoposto le carte del processo alla più alta istituzione religiosa del Paese, il Grand Mufti. La stessa corte ha condannato ieri Morsi all’ergastolo, che in Egitto equivale a 25 anni di carcere, nell’ambito di un secondo processo, intentato contro di lui per spionaggio a favore di Hamas, Hezbollah e Iran. L’ex presidente e altre 34 persone sono stati accusati di aver fornito documenti segreti all’Iran «con l’obiettivo di mettere a segno attacchi terroristici per seminare il caos e rovesciare lo Stato». In tutti i processi si tratta di verdetti di primo grado, contro cui è possibile presentare appello. Da quando Morsi è stato destituito, nell’estate 2013, dalle forze armate guidate dall’attuale presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, i suoi sostenitori hanno subito una pesante repressione, con almeno 1.400 manifestanti uccisi.
Una condanna che pesa sulla credibilità egiziana
Ignorando che si tratta pur sempre di un ex presidente eletto a suffragio popolare, per quanto una buona parte di quel popolo avesse sostenuto il colpo di stato militare che lo ha esautorato, i giudici egiziani hanno ribadito la condanna a morte per Mohamed Morsi. Mostrando un’insensibilità ancora più grave, trattandosi di un uomo di religione, anche il Gran Mufti aveva ribadito la regolarità della prima condanna, dando tutte le giustificazioni alla seconda. Morsi è stato senza dubbio un presidente mediocre, ma è stato anche il primo politico della storia egiziana ad essere eletto in una consultazione democratica certificata. La condanna a morte in seconda istanza di ieri – contro la quale Morsi avrà il diritto di appellarsi – è solo l’ultima di una serie di sentenze e di procedimenti ancora in corso che lo riguardano: è già stato condannato a 20 anni di carcere e per altri processi che ancora si devono aprire, i reati che lo riguardano prevedono altre possibili pene capitali. La credibilità di un Paese non si giudica solo dalla fenomenale capacità di raddoppiare in pochi mesi il canale di Suez, previsto per agosto. Servono anche leggi credibili e diritti acquisiti per gli sconfitti e gli oppositori.
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