Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 16/06/2015, a pag. 25, con il titolo "Da Tripoli a Tobruk, l'Europa sbaglia interlocutori", il commento di Alberto Negri.
Alberto Negri, ancora una volta, aderisce esclusivamente alla vecchia logica "business is business". Una logica che non guarda in faccia l'interlocutore - terrorista o meno, poco importa.
Fedele a questo principio, Negri sostiene che l'Occidente dovrebbe revocare il suo supporto al regime di Tobruk, non certo impeccabile, ma comunque eletto in una cornice di adesione ai valori occidentali. E' inaccettabile che solo per motivi economici l'Occidente abbandoni l'unico alleato nel caos libico.
Ecco l'articolo:
Alberto Negri
Terroristi dello Stato islamico
In Libia stiamo facendo la cosa giusta? Con l’inizio del Ramadan tra un paio di giorni scade il termine per formare un esecutivo di unità nazionale tra i governi di Tobruk e Tripoli: più passa il tempo e l’inviato dell’Onu Bernardino Leòn si accorge di aver parlato con le persone sbagliate per sistemare il Paese, fermare il flusso dei migranti e bloccare l’avanzata dell’Isis. E quando negozia non ha neppure gli strumenti per convincerle, come bloccare le riserve della Banca centrale libica, basata a Malta, che tengono in piedi due governi concorrenti e servono a pagare le milizie. In Libia più che le pallottole sono efficaci i denari: è così che Gheddafi controllava il Paese, utilizzando i flussi migratori come mezzo di ricatto nei confronti dell’Italia, servendosi dell’oro nero e degli investimenti all’estero per guadagnarsi un riconoscimento internazionale che Londra e Parigi, prima di decidere di farlo fuori, non gli hanno lesinato. Perché “pecunia non olet” e i soldi di Gheddafi facevano comodo a tutti, a Blair come a Sarkozy, non solo agli italiani che, da scomodi concorrenti, francesi e inglesi, insieme ai loro insidiosi clienti e alleati arabi, avrebbero voluto volentieri emarginare dopo la caduta del dittatore.
Se oggi in Libia ci sono troppi islamisti, manovrati a suo tempo anche per combattere Bashar Assad in Siria, la responsabilità è anche loro, come delle monarchie del Golfo. Proprio per questo ben noto quadro geopolitico è inaccettabile che alcuni partner europei non si vogliano prendere le loro quote di migranti per una guerra cui abbiamo partecipato senza opporci, stracciando gli impegni assunti con Tripoli. Come del resto avremmo dovuto dire chiaramente ai nostri alleati che la politica occidentale in Medio Oriente e in Nordafrica accelerava, non frenava, la disgregazione di interi stati. La credibilità dell’Onu e dell’Europa presso i libici, soprattutto milizie, cabile, tribù, è arrivata a un livello assai basso: gli unici che fanno davvero quello che vogliono sono gli americani, bombardando i bersagli di loro interesse come hanno fatto con uno dei capi di al-Qaeda nel Maghreb, Mokhtar Belmokhtar.
Agli Stati Uniti, che insieme a Francia e Gran Bretagna diedero il via nel 2011 alla caduta di Gheddafi, si potrebbe chiedere di fare qualche cosa per aiutarci a sorvegliare il Mediterraneo, visto che abbiamo pure accettato di restare con le truppe in Afghanistan oltre il tempo stabilito. Ma i nostri governi danno l'impressione di essere deboli negoziatori, pronti ad accettare persino le finte soluzioni dell’Egitto, che per estendere la sua influenza in Cirenaica sostiene il generale Khalifa Haftar e un governo di Tobruk inesistente, il quale reclama forniture di armi più per combattere Alba libica a Tripoli che il Califfato. Non solo. È totalmente inefficace per affrontare il nostro problema: fermare le ondate migratorie e stabilire una certa sicurezza dei confini marittimi. La questione si risolve a Ovest non a Est, in Tripolitania non in Cirenaica. Il governo di Tobruk, riconosciuto grazie a elezioni nel 2014 prive di un peso reale (ha votato il 25% della popolazione), si è dimostrato del tutto incapace persino di vendere un solo barile di petrolio e ha suscitato anche una certa ironia il suo tentativo di insediare una Banca centrale, con conto a Dubai, in cui le major petrolifere avrebbero dovuto versare dei soldi per eventuali acquisti di oro nero. Nella sua agenda - rileva il New York Times - l’inviato dell’Onu non ha un appuntamento con le milizie, le tribù, i clan, i rappresentati di città importanti. Sono questi interlocutori che possono servire a trovare degli accordi e anche a fermare il flusso dei migranti a Ovest, magari proponendo alternative economiche al traffico degli esseri umani. Non c’è più il dittatore e dobbiamo in parte sostituirci a Gheddafi almeno come ufficiali pagatori e regolatori dei flussi finanziari: forse costa meno di illusorie missioni militari.
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