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Ugo Volli
Cartoline
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Un'eredità da non disperdere 14/06/2015

Un'eredità da non disperdere
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

La Redazione di IC sottoscrive in toto la Cartolina di Ugo Volli

Cari amici,

Informazione Corretta segue la regola di non intervenire nelle questioni elettorali grandi e piccole. In particolare, essendo un organo di comunicazione laico e non confessionale, si è sempre impegnata a non interferire nella vita interna delle comunità ebraiche, anche se la politica ebraica è ovviamente molto vicina al suo primo oggetto di interesse, cioè Israele.
L'ha fatto nelle numerose elezioni che si sono succedute nelle comunità in quest'ultimo anno, inclusa quella della città dove è insediata la sua redazione. Io però che non sono un dipendente di IC né un redattore, ma un libero collaboratore volontario, mi sento oggi di interpretare un po' liberamente questa regola e di scrivervi quel che penso e sento intorno alle elezioni della comunità ebraica di Roma che si svolgono oggi e di cui del resto hanno largamente parlato i giornali locali.

Il fatto è che oggi si svolgono le elezioni per il consiglio della comunità ebraica di Roma, ed è un momento molto significativo, perché in queste elezioni non si presenta più il presidente uscente Riccardo Pacifici, che quindi non potrà più occupare quel ruolo fondamentale che egli ha svolto, come consigliere, portavoce, vicepresidente e poi presidente, da una trentina d'anni. La ragione è che lo statuto approvato qualche anno fa pone un limite al numero di mandati consecutivi che si possono ottenere anche da semplice consigliere, e Pacifici naturalmente è arrivato a questo limite.
Bisogna riconoscergli il fatto di essere stato uno dei sostenitori di questo limite e di non essersene mai lamentato. Il provvedimento è di per sé saggio, imponendo un rinnovamento fisiologico delle responsabilità che rischiano di restare troppo a lungo nelle mani delle persone disponibili, soprattutto nelle piccole comunità.
Ma in questo caso è motivo di preoccupazione.

Riccardo Pacifici infatti non è stato un presidente qualunque. Ha guidato quella che è di gran lunga la più importante comunità ebraica italiana in tempi difficili e pieni di contrasti. Le ha dato un'importanza e una presenza politica e culturale molto superiore al suo peso demografico. Ha fatto molto per il funzionamento delle istituzioni comunitarie. E' stato capace di portarsi dietro le istituzioni su alcune scelte molto impegnative sui processi ai criminali nazisti, sul reato di negazionismo, sul museo della Shoà, sull'appoggio a Israele, sulla partecipazione della Brigata Ebraica alle manifestazioni per la Resistenza.
E' stato protagonista della storica conversione di larghi settori della destra romana, che aveva origini fasciste e antisemite, al rispetto e al sostegno per gli ebrei e Israele.

E' stato però capace di non schierare la comunità che presiedeva da una parte politica, mantenendo ottimi rapporti anche con le amministrazioni di sinistra. Ha resistito a campagne d'odio e di violenza dei neonazisti romani come a quelle di delegittimazione e di diffamazione di una certa sinistra radical-chic.
Ha guidato gli ebrei italiani alla solidarietà contro i crimini dei palestinisti, dal rapimento Shalit al sequesto e all'omicidio dei tre studenti in Giudea l'estate scorsa, ai bombardamenti di Hamas.
Ha saputo trasformare questa solidarietà in azione concreta, non solo politica ma anche umana: legami stretti e operativi fra gli ebrei italiani, le istituzioni del nostro paese e le popolazioni colpite. Si deve a lui se il ritratto di Shalit è stato a lungo appeso sul Campidoglio come memento di un crimine atroce, come per l'ospitalità offerta ai bambini di Sderot, minacciati dalle bombe islamiste.

Non voglio fare l'elenco dei suoi meriti, anche perché Pacifici ha certamente un futuro davanti anche dopo aver smesso di fare il presidente degli ebrei romani, resta leader il più popolare dell'ebraismo italiano. E' una persona schietta, un autentico popolano romano, un vero figlio di quella “Piazza” che è da secoli e secoli il centro della più antica comunità ebraica della diaspora occidentale. Pacifici è un leader naturale, non un politico, in fondo, ma una persona che si interessa davvero del bene individuale e collettivo del suo prossimo, che conosce i problemi di tutti i membri della sua comunità.
Uomo aperto, profondamente buono, a tratti ruvido e severo, ma sempre generosissimo, coraggioso, infaticabile, umile, senza paura di niente, pieno di fede e di amore per il suo popolo, attaccato alla tradizione e ai rapporti personali, fiero della sua identità.
Certamente Pacifici continuerà a servire l'ebraismo e la sua comunità, ad aiutare Israele. Senza dubbio sarà ancora a lungo l'uomo chiave dell'ebraismo italiano, l'espressione integra e sincera dei suoi migliori sentimenti.

Bisogna però sperare anche che la sua eredità più specifica non venga tradita. Al di là di tutte le questioni personali, nelle elezioni di Roma vi sono due liste che si pongono in continuità con la sua scelta politica più caratterizzante, quella della solidarietà vera, attiva, convinta, senza riserve con Israele.
Sono quelle guidate da Ruth Dureghello e da Fiamma Nirenstein: persone molto diverse ma comunque legate agli stessi ideali. Vi sono poi due liste, quelle guidate da Claudia Fellus e da Maurizio Tagliacozzo, che intendono cambiare in maniera più o meno dichiarata, l'impostazione fondamentale di Pacifici, ridimensionarla a una gestione più amministrativa e meno esposta sui temi di Israele dell'opposizione ai rigurgiti antisemiti di destra e di sinistra, insomma schierarsi più vicino a quella gestione nazionale dell'ebraismo che tiene un profilo più basso e segue politiche più sfumate sui tempi fondamentali.

Inutile che vi dica da che parte sto io, che a queste elezioni non voterò, essendo iscritto a un'altra comunità. Spero solo di poter dire lunedì quando si scrutineranno i voti, che l'eredità di Riccardo Pacifici è in buone mani.

Ugo Volli


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