Ieri, 13/06/2015, a Roma, ha sfilato mezzo milione di persone in una festa chiamata Gay Pride. Ma, attenzione, non erano solamente persone Lgbt che sfilavano per chiedere eguali diritti e la fine delle discrimanzioni, no, in mezzo a quel mezzo milione hanno sfilato- anche se non si sa quanti - comuni cittadini che volevano dimostrare con la loro presenza come quelle richieste non appartenevano soltanto ai richiedenti. Erano lì per dire 'condividiamo la vostra protesta', il sindaco di Roma in prima fila.
Questo ci fa venire in mente la discussione, ancora aperta, se a lottare contro l'anti-semitismo e l'odio per Israele debbano essere solamente gli ebrei oppure tutti coloro che, non essendolo, condividono questa battaglia. Dovrebbero essere soprattutto questi ultimi a dover sentire l'impegno a combattere menzogne, pregiudizi, odio, molto più che non gli stessi ebrei, ai quali non è giusto affidare l'auto-difesa, lasciandoli, come spesso accade, soli.
Ecco allora perchè la richiesta di eguali diritti-doveri che si leva da milioni di persone Lgbt nel nostro paese, non solo va accolta in pieno, ma va condivisa, perchè riguarda la difesa della nostra civiltà occidentale, minacciata oggi dalla barbarie islamica, la cui shari'a ha molte similitudini con lo Stato etico che una parte del nostro paese vorrebbe imporci.
Marco Pasqua
Riprendiamo la cronaca di Marco Pasqua dal MESSAGGERO a pag.23, con il titolo "Gay Pride, festa per mezzo milione", seria e approfondita, come sempre i suoi pezzi dalla capitale.
Il sindaco di Roma al corteo
Ventuno anni fa, zero diritti, vite solo nell'ombra e uno stigma legato ad un diverso orientamento sessuale. Il primo Gay Pride, nel 1994, per le strade della capitale, era quello di chi gridava «ci siamo, esistiamo», senza godere di alcun appoggio istituzionale (anche se a quella parata partecipò Francesco Rutelli, allora sindaco). Ventuno anni dopo, la comunità gay si ritrova a sfilare, come ogni anno, ma stavolta dopo aver portato a casa l'istituzione del registro delle Unioni civili, approvato a gennaio. E lo fa, con il sindaco, Ignazio Marino, arrivato con una fetta consistente della sua giunta (gli assessori assenti sarebbero tutti “giustificati”, come Mobilità, Urbanistica e Cultura), molti presidenti di municipi, alcuni consiglieri.
Erano in diecimila, nel 1994, “mezzo milione”, secondo gli organizzatori, ieri pomeriggio. «A Roma l'amore conta», ribadisce il sindaco, che tiene lo striscione con la scritta “Roma Capitale”, protetto dai City Angels, che faticano non poco a tenere a bada i fotografi. Accanto a lui ci sono Imma Battaglia, la consigliera che lo ha spronato a far approvare il registro, la presidente del consiglio comunale, Valeria Baglio, la consigliera Pd, Giulia Tempesta, Andrea Maccarrone, del Mario Mieli, e Vladimir Luxuria. «Credo di aver superato i cento Pride – dice Luxuria – e ogni volta che sfilo ho la sensazione di stare dalla parte giusta della storia. Qualcuno vorrebbe fermare il progresso con le dita, ma non ci riuscirà».
Federica Sciarelli, madrina del corteo, tiene in mano, emozionata, la costituzione italiana. Legge ad alta voce l'articolo 29, con Maccarrone: «Bisogna lottare ancora per avere pari diritti. Sono contenta di essere qui, non mi aspettavo questo invito».
I carri sparano una colonna sonora che intercetta i grandi successi internazionali più amati dai gay. Immancabili le evergreen Lady Gaga (con quella Edge of Glory con la quale ha incantato, nel 2011, l'arena del Circo Massimo strapiena per l'EuroPride) e Madonna. Quelli del Gayvillage e Muccassassina, eventi “cult” delle notti trasgressive, si sfidano a suon di go-go boys dai muscoli scoppiettanti e vocalist che ammiccano e sorridono. Lungo i Fori, gruppi di boy scout, arrivati per il raduno con il Papa, salutano e applaudono.
Andrea è qui, per la prima volta, con la mamma e il papà: «Me lo hanno chiesto loro di esserci, e io sono davvero felice». Alessia Fabiani emozionata come se fosse al primo giorno di scuola dei suoi gemelli, mentre Eva Grimaldi scherza con i fan.
“Liberiamoci” lo slogan del corteo che campeggia sul bus inglese a due piani del coordinamento Pride. Giuseppina La Delfa, leader della Famiglie Arcobaleno (madre di due figlie) guida la delegazione di mamme e papà, una quarantina di figli in tutti, dagli uno ai 12 anni. Cappellini e litri di acqua, tanti sparati anche dai cannoni con i quali Acea ha “rinfrescato” la folla.
Marco, del gruppo Magen David Keshet, rappresenta i gay romani e sventola una bandiera rainbow con la stella di David. Aurelio Mancuso, del Pd e presidente di Equality, ce l'ha con la collega di partito, Daniela Tiburzi, presidente della commissione delle elette in Campidoglio, che ha criticato l'evento: «Dovrebbe leggersi il trattato di Lisbona, sulla parità di genere, altrimenti farebbe bene a dimettersi oggi stesso».
Marino non vuole fare polemica con la democrat: «Nessun commento», dice. Del resto, per il Pd c'è il presidente, Matteo Orfini, che sfila con la figlia, seduta sulle spalle: «E' bello vedere che la gente ha risposto con grande partecipazione». E' una giornata di festa, per lui e il mezzo milione di persone che sfidano il caldo torrido.
Colorate, rumorose, alcune innamorate, sfilano mano nella mano, baciandosi davanti ai romani affacciati alle finestre, incuriositi da quel serpentone rainbow che ha portato in piazza la lotta per i diritti. E’ una folla che ha voglia di stare insieme, se, una volta arrivata a piazza Venezia, nei volti dei giovanissimi si legge quell'espressione da «è già tutto finito?».
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