Poche parole, troppo poche, per ricordare l'aspetto civile e politico di un grande della musica italiana. Grande anche fuori dai nostri confini, in Israele, per esempio, dove di recò nel 1936 (1936 !) per l'inaugurazione della Filarmonica, destinata poi a diventare una delle orchestre più famose del mondo.
A Bologna furono i fascisti a schiaffeggiarlo, naturalmente nessuno di loro, tutti ben conosciuti, pagò mai per quella aggressione, anzi.
Per la gioia nostra e di chi legge IC, riprendiamo, dopo la breve della Stampa, un magnifico articolo di Fiamma Nirenstein, scritto nel gennaio 1997, che racconta la storia della Filarmonica di Israele.
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/06/2015, a pag.30, con il titolo " Lapide per lo 'schiaffo a Toscanini' " una breve sull'inaugurazione a Bologna di una lapide dedicata a Toscanini.
Inaugurata a Bologna Lapide per lo «Schiaffo a Toscanini»
Una lapide per ricordare lo «schiaffo fascista» a Arturo Toscanini è stata inaugurata in Largo Respighi, ingresso degli artisti, al Comunale di Bologna. Era il 14 Maggio 1931: Toscanini doveva celebrare il compositore Giuseppe Martucci. II cerimoniale imponeva Inno Reale e Giovinezza. Toscanini rifiutò. Una folla di fascisti lo aggredi e lo presea schiaffi. Giorni dopo si recò in Svizzera e poi negli Usa. Tornò solo nel 1946.
La locandina del 1936
Immagine recente della Filarmonica d' Israele
Fiamma Nirenstein- "L'orchesta filarmonica nasceva a Tel Aviv diretta da Arturo Toscanini ", (pubblicato nel gennaio 1997)
Fiamma Nirenstein
L'orchestra nasceva nel 1936 a Tel Aviv. C'era una volta un celebre violinista ebreo polacco di nome Bronislav Hubermann, piccolo, religioso ma senza barba, rotondo e infantile nei tratti. Un giorno, dopo molto pensare, mise il suo violino nella custodia, lo lasciò a Varsavia e cominciò un lungo viaggio dall'uno all'altro dei musicisti più prestigiosi dell'epoca. I violinisti e i pianisti erano quasi tutti ebrei e Hubermann disse loro: sto per imbarcarmi per la Palestina poiché ho la sensazione che qualcosa di grande, di davvero terribile stia per travolgere gli ebrei d'Europa. Chi se la sente venga con me a creare l'Orchestra Ebraica di Palestina (c'era ancora il mandato britannico, che sarebbe durato quasi dodici anni da quel momento) e salverà così , insieme alla sua musica, se stesso.
Chi non gli credette rimase in Europa, morì nei campi di concentramento.
Chi invece lo seguì si trovò a suonare, questi giorni di sessant'anni fa, l'Ouverture dell'Oberon di Weber, della Scala di seta di Rossini, e la Seconda Sinfonia di Brahms dirette da Arturo Toscanini in un hangar del porto vecchio di Tel Aviv. Così , come una favola chassidica, nasce l'intersezione fra la storia d'Israele e la storia della sua Filarmonica, che in questi giorni viene festeggiata dall'intero Paese. Il sole illumina e scalda forte Tel Aviv sdraiata sul mare, e qui si compie ancora il matrimonio degli ebrei con la musica, rinnovando i suoi singhiozzi, la magia dei suoi sul tetto, la gioia dell'espressione viva anche nel dolore e nel pericolo, l'intreccio fra la storia di questa terra e il fuoco di musica che l'orchestra scaglia verso il cielo come un missile di spiritualità . E come se in Israele la musica accettasse di transustanziarsi nella storia.
Quale orchestra, ancora un po' zoppa, senza sede e senza fama, è stata diretta al suo esordio da Arturo Toscanini? Quale, al suo sessantesimo compleanno, ha avuto tre direttori come Zubin Mehta, Lorin Maazel e Daniel Barenboim (che ha poi suonato il pianoforte)? E dieci solisti tra cui Isaac Perlman, Pinchas Zuckerman, Isaac Stern, Shlomo Mintz, Ida Haendel, Murray Peraja?
soddisfatto il maggiore fra i critici musicali israeliani, Hanoch Ron, la cui gioia della musica si comunica all'interlocutore con un continuo incredulo sorriso da dietro una bella barba bianca e rossa - deve essere pronto a ogni miracolo. Ed eccone quindi qualcuno: Toscanini venne in Israele molto prima del previsto, racconta Ron, anche se aveva già deciso di seguire l'invito di Hubermann.
Perché prima? Perché quando era a Bayreuth dove doveva dirigere Wagner, Hitler annunciò che sarebbe venuto ad omaggiarlo. Sentire la notizia e cancellare il concerto pazzo di ira, fu per il Maestro tutt'uno. E allora, mentre in macchina si dirigeva alla volta di Salisburgo per il Festival Mozartiano, lungo la strada vide i grandi festoni rossi con la svastica che campeggiava. Toscanini, dunque, disse all'autista di dirigere immediatamente l'automobile verso una nave che mi porti in Palestina. Toscanini prese alloggio all'Albergo Dan, sulla riva del mare. Gli edifici erano pochi, poveri. Ogni mattina per portarlo alle prove un taxi veniva a prelevarlo alle 10 precise, sempre lo stesso. Un giorno il povero autista ritardò di tre minuti e Toscanini si avviò a piedi verso la sua orchestra brandendo l'ombrello e col cappello calcato, furioso. Al tassista supplice che lo pregava di salire andandogli dietro a cinque chilometri all'ora, il Maestro seguitò a rispondere dei grandi No] , fermandosi ogni minuto per gridargli di vergognarsi, e agitando la sua arma, il parapioggia. Fra i vecchi musicisti che suonarono allora con lui si narra ancora la paura, il bastone scagliato verso chi osava stonare, la rabbia terribile contro l'oboe che si era portato dall'Italia e che poi cacciò via urlando: vergogno di essere italiano come lei... Ma anche l'incredibile, divina quiete che dominava la sua conduzione una volta intrapresa. Fu Toscanini a salvare l'inaugurazione da uno scontro letale fra Mandato Britannico e Yishuv (il primo insediamento ebraico), ambedue pretendendo fosse suonato il proprio inno all'apertura, col rifiuto di suonare qualunque inno, dato che il suo, quello italiano, apparteneva a un Paese ormai fascista. Così un pubblico denso e teso e straripante (per tre quarti gli spettatori rimasero in piedi con i loro sandali da kibbutznik) potè dentro e dietro e fuori quel capannone, nell'aria immobile, seguire un concerto di musica pura. Fra loro Ben Gurion e Chaim Weitzman e tutti i grandi sionisti: -, Hubermann pianse silenziosamente durante tutto il concerto. Toscanini gridò a un fotografo che aveva fatto scattare il flash durante l'applauso: . E non si presentò più al proscenio per raccogliere gli applausi. Gli regalarono un frutteto d'aranci a Ramot Ha Shavim, vicino a Kfar Saba, e ogni anno, per molto tempo, il Maestro venne a dirigere la Filarmonica e a raccogliere personalmente le sue arance. Fra il '39 e il '45 l'Orchestra, mentre gli italiani nel '41 bombardavano Tel Aviv, lavorò in sordina. Di nuovo un grande direttore italiano venne a salvarla e a restituirla al proscenio internazionale: era il celebre Bernardino Molinari. Nel '48 sparì all'improvviso, e qualcuno ancora favoleggia che sia entrato d'improvviso in preda a una crisi mistica in un convento perso nel deserto. Altri, più melanconicamente, parlano di una casa di cura psichiatrica. L'Orchestra cambiò casa nel '48, alla fondazione dello Stato trasferendosi in un piccolo, brutto cinema con una pessima acustica: Ohel Shem, in via Balfour, nel centro di Tel Aviv. Ogni sera, ogni volta, sempre per undici repliche consecutive dello stesso programma, il pubblico riempiva inesausto la sala. Da qui nacque lo scherzo per cui a un ragazzino di tredici anni che fa il suo bar mitzva la famiglia deve regalare i biglietti per la Filarmonica, non per lui ma per i suoi figli, tanto tutto quanto è già stato prenotato.
Cominciò nel dopoguerra la meravigliosa, ininterrotta processione dei grandi; Leonard Bernstein, che poi fu direttore titolare, aveva 28 anni quando venne la prima volta. E poi vennero Ormandi, Mitropulos, Barbirolli, Kussevitzkij, Paul Parey, Paul Kleitzkij; e fra i grandi artisti, i violinisti Yasha Hefez, Yehudi Menuhin, Isaac Stern, David Oistrach; e fra i pianisti Arthur Rubinstein, Rudolf Serkin, Glenn Gould e così via e via e via, in questa continua cerimonia di matrimonio fra la musica e l'ebraismo. L'amore del pubblico era così intenso, così terribile, che ogni musicista ne ha lasciato testimonianze attonite. Era come se tutta la rivincita sull'Olocausto, sui millenni di miseria, si celebrasse alla Filarmonica. Nel 1959 fu inaugurato l'Auditorium Mann, con tremila posti e una grande acustica. Sul palcoscenico dirigeva Bernstein, al pianoforte Rubinstein. Ben Gurion salì fino al podio e disse a Bernstein: siamo così grati.... Bernstein si piegò in due dalle risate, Rubinstein ballava sul suo sgabello al pianoforte, e il pubblico rosso di vergogna si piegava sotto le sedie. Durante la guerra d'indipendenza nel '48, Bernstein decise di andare a dirigere l'Orchestra a Beersheba appena liberata. A diechi chilometri dalla città , in mezzo al deserto, fra i sassi roventi e i serpenti, in frac e papillon, gli artisti scesero da un camion e Bernstein salì su una pietra. Intorno c'erano soltanto soldati dai 16 ai 18 anni, bambini e bambine stupefatti, col fucile a tracolla e la musica di Ravel e di Mozart nelle orecchie. Un cavallo impazzito irruppe in mezzo all'Orchestra, e Bernstein definì l'episodio un magnifico imprevisto galop.
Nel 1959 di nuovo un altro maestro italiano fece un miracolo per la Filarmonica d'Israele. Era Carlo Maria Giulini, che contro tutte le opinioni e contro ogni verosimiglianza riuscì a mettere in scena un'opera. Era il Falstaff. A dirigere la messa in scena un giovane ragazzo proveniente dal gruppo di Visconti: Franco Zeffirelli.
Il genio italiano si è molto mescolato a quello ebraico: Ceccato, Abbado, Sinopoli, anche loro fanno parte dell'empireo dei direttori che hanno condotto la Filarmonica; e fra gli artisti Salvatore Accardo, Maurizio Pollini, Benedetti Michelangeli... vero love affair, commenta Ron.
Nel '67 durante la guerra dei Sei Giorni una terribile defezione e una magnifica adesione: Eric Leisdorf, senza dir niente a nessuno, mentre la radio riporta lo slogan egiziano invece di andare al teatro per le prove prende un taxi per l'aeroporto e torna a casa. I suoi pantaloni sono ancora appesi nell'armadio della Guest House della Filarmonica. Invece in America, un giovane direttore d'orchestra indiano, Zubin Mehta, s'infila su un aereo carico di munizioni e di armi e vola seduto su una cassa di proiettili su un aereo completamente svuotato dai sedili verso Tel Aviv. È l'unico modo, in quei giorni di guerra, per raggiungere Israele.
Perché ? Alla domanda Mehta risponde che per gli ebrei la musica è il cibo principale, il vero nutrimento, e che quindi per lui quel rapporto è fondamentale. Mehta cominciò così una lunghissima relazione con la Filarmonica, una storia che fece di lui più tardi il titolare dell'Orchestra. Bisogna mettere da parte tante guerre e tanti bellissimi episodi per arrivare all'immagine che è rimasta negli occhi di ciascuno di noi: siamo nell'inverno del '91, Saddam Hussein lancia i suoi missili contro Tel Aviv. All'Auditorium Mann neppure una sedia tuttavia è vuota. Tutti gli assembramenti sono proibiti, ma quello per il concerto è permesso dal governo stesso. Risuonano le note di Bach, e su di esse tutto a un tratto la sirena. Zubin Mehta indossa la maschera antigas; Isaac Stern indossa la maschera. Tutto il pubblico indossa la maschera. E con la maschera, i missili cadevano, il pubblico ascoltava, la musica vinceva. contento sorride Ron -, è il simbolo della nostra sopravvivenza, della nostra capacità di piangere e poi subito gioire, di morire e di resuscitare. Questa è la musica per noi.
Fiamma Nirenstein
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante